“Se la vita non ha più nulla da offrire”. Alain Delon e Giobbe
Bello, amato e desiderato, il da poco scomparso Alain Delon è stato un’icona e una leggenda internazionale. Tra gli attori francesi più conosciuti, famosi e celebri, la sua carriera è stata tanto lunga e ammirevole quanto la sua vita è stata irrequieta, fragile e travagliata, soprattutto negli ultimi anni quando malattie, dispute e contese familiari hanno avuto il sopravvento travolgendolo.
In questi giorni è stata ripresa sui giornali una frase che pronunciò nel 2018 riguardo alla sua dipartita per cui egli era già da tempo pronto. Delon affermò che la vita non aveva più nulla da offrirgli, di aver visto e sperimentato tutto; aggiungendo anche di odiare e rigettare l’epoca attuale in cui “tutto è falso, tutto distorto, non c’è rispetto, niente più parole d'onore. Conta solo il denaro. [...] So che lascerò questo mondo senza rimpianti”.
Da un lato sembra la voce di una persona che non ha niente da scoprire (ha raggiunto quasi 90 anni di età), che ha avuto notevoli soddisfazioni dalla vita (celebrità, prestigio, ricchezza); ma allo stesso tempo questa voce esprime un senso di disgusto, delusione e malinconia (avendo sperimentato sofferenza, malattia e controversie) tale da non rammaricarsi di lasciare questo mondo. Sembra la voce di un uomo sazio di giorni, che ha avuto la sua porzione della vita (sia nel bene sia nel male).
Anche nella Scrittura si parla di un altro uomo circondato di fama, prestigio e ricchezza, che sperimentò fasi di travaglio, malattia e cordoglio legate alla sua salute, alle sue ricchezze e alla sua famiglia. Anche di lui – Giobbe – si legge che morì sazio di giorni (Giobbe 42,17). Eppure, raffrontando questi due uomini, queste due esperienze di vita e queste due descrizioni finali appaiono evidenti le similitudini, ma soprattutto alcune differenze.
Nelle parole di Delon vengono evidenziati dei tratti accurati e disarmanti della condizione umana in generale: non c’è autenticità, non c’è riconoscimento diffuso della dignità umana (e non umana), non c’è lealtà alla parola data, tutto si riduce a un dato, quello economico, che viene elevato a cifra per valutare, soppesare e discernere le relazioni, le situazioni e le aspettative. Tutto ciò è biblicamente sostenibile. Infatti, contrariamente a una visione diffusa e ottimistica della condizione, delle possibilità e potenzialità umane, la Scrittura presenta un quadro ben diverso: non solo le grandi questioni irrisolte (da millenni) del genere umano e ad esso connesso – la sopraffazione, le contese, lo sfruttamento – sono causate proprio dall’uomo, ma l’umanità è del tutto incapace di risolverle da sola. La Scrittura conferma questo stato disilluso dell’uomo che Delon ha sapientemente descritto in poche lapidarie battute.
Tuttavia, c’è una parola autorevole, sicura, incoraggiante, che pare mancare nell’affermazione di Delon e che Giobbe invece aveva imparato ad ascoltare personalmente (Giobbe 42,5). Si tratta della parola di Dio: una parola che descrive sì lo stato desolante della realtà umana, ma che al contempo annuncia la speranza biblica dell’evangelo di Cristo, con la sua verità acclarata, con la sua autenticità provata, con la dignità che esso dona, con la parola pattizia di Dio stesso che la accompagna, per il quale ciò che conta non è il proprio prestigio, la fama, la gloria e le ricchezze, ma è ciò che Dio ha fatto per avvicinare a sé persone del tutto indegne quali siamo (e come Delon ha ben descritto) per essere in e con Cristo.
A differenza di Giobbe, che tutto questo sperimentò e credette prima della sua realizzazione, le parole di Delon rivelano una verità: senza l’evangelo di Cristo non si riesce ad affrontare con serenità e trepidante aspettativa né le distorsioni evidenti della vita con la viva attesa della restaurazione di ogni cosa, né le ingiustizie inevitabili della vita senza la viva attesa della restaurazione della giustizia totale, né i drammi quotidiani della vita senza la viva attesa dei nuovi cieli e nuova terra senza più sofferenza e pianto. L’evangelo di Cristo consiste di parole di vita eterna (come riconobbero i suoi discepoli), di una vita abbondante, perché abbondante di Dio stesso.
L’evangelo di Cristo cambia tutto: senza l’evangelo di Cristo, come emerge dalle parole di Delon, si ha la percezione cinica e priva di speranza di non perdersi un granché con la propria dipartita anzi! Invece, con l’evangelo di Cristo, come nel caso di Giobbe, si riceve la vita eterna in cui Dio stesso è offerto e si affronta anche la propria (temporanea) morte con una viva e vibrante attesa che ciò che verrà sarà ancora meglio!
Anche se non siamo belli e ricchi come Alain Delon, possiamo, in Cristo, essere speranzosi e fiduciosi come Giobbe.