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Hagia Sophia, un simbolo del cristianesimo?

Sta facendo discutere la trasformazione della basilica di Santa Sofia di Istanbul da museo a moschea. Nel corso della sua più che millenaria storia, la basilica nacque nel VI secolo d.C. come edificio di culto cristiano (della tradizione ortodossa orientale), poi fu usata come moschea dal XV secolo, per poi essere usata dal 1935 come museo nell’ambito delle riforme di Atakürk volte a dare un volto più secolarizzato alla Turchia. Nelle ultime settimane, in seguito all’iniziativa dell’attuale presidente turco Erdogan, la basilica è stata di nuovo islamizzata e sarà usata come moschea.  

Non mancano le polemiche e le critiche. A livello politico, c’è chi vede un chiaro collegamento dell’islamizzazione di Hagia Sophia al progetto neo-ottomano di Erdogan volto a far crescere l’influenza della Turchia come potenza regionale. Nel soggiogare l’uso del monumento all’islam il presidente turco avrebbe parlato al “cuore” musulmano della regione, mostrando il suo zelo identitario per la religione che la accomuna e anche il congedo definitivo dal processo d’integrazione europea. A livello religioso, soprattutto in ambito ortodosso greco, sono esplose le critiche verso un provvedimento che ha cambiato i connotati al più importante e conosciuto monumento ecclesiastico della storia bizantina e pan-ortodossa. E’ stato recepito come uno schiaffo alla memoria ortodossa, specialmente al Patriarcato di Costantinopoli, il cui quartier generale (Fanar) è su suolo turco. Sul piano simbolico, c’è chi ha visto una sfida di un capo musulmano lanciata al cristianesimo occidentale in crisi di identità, le cui chiese storiche si svuotano e languono e il cui messaggio è così intriso di secolarizzazione da aver perso quasi ogni nerbo vitale. Mentre l’occidente “cristiano” si liquefa, l’islam batte un colpo virilmente simbolico che “parla” più di tanti discorsi. Una ex-chiesa (e che chiesa!) diventa moschea, a testimonianza della vitalità dell’islam e della salute comatosa del cristianesimo. Nella partita a scacchi tra religioni mondiali, l’islam ha messo a segno un punto importante.

Tutte queste letture contengono elementi di verità e segnalano problemi evidenti. Vista la forza della preoccupazione religiosa (anche in ambienti evangelici), è opportuno riflettere sulla “paura” che suscita la trasformazione di un edificio simbolo in moschea. E’ proprio sul carattere simbolico degli edifici cristiani che vale la pena soffermarsi. In che senso Hagia Sophia “rappresenta” la fede cristiana ed è un “simbolo” di essa?

Hagia Sophia è nata come luogo di culto bizantino ed per molti secoli è stata associata all’ortodossia orientale. E’ stata simbolo della cristianità bizantina nei secoli, frutto di un intreccio di dottrine e pratiche di una versione della “cristianità” istituzionale, in cui l’identità politica dell’impero bizantino è stata mischiata ad una forma di cristianesimo infarcita di tradizioni discutibili. Sicuramente Hagia Sophia è un simbolo del cristianesimo bizantino, ma lo è del cristianesimo biblico? Solo in modo molto rarefatto. Certamente, agli occhi di Erdogan e dell’opinione pubblica musulmana, la distinzione tra cristianesimo bizantino e cristianesimo biblico sfugge. Per loro esiste un cristianesimo solo di cui Santa Sofia era il principale simbolo. Ma questo appiattimento può bastare agli evangelici? Davvero la fede biblica è associabile a Hagia Sophia o questo tempio non è una costruzione che rappresenta una “deviazione” dal cristianesimo biblico, semmai bisognoso di riforma secondo l’evangelo?

Una considerazione simile può essere fatta a proposito della cattedrale di Notre Dame di Parigi, andata in fiamme nel 2019 in circostanze ancora non chiarite. Allora c’è chi disse: “va in fumo un simbolo del cristianesimo europeo, è una metafora del cristianesimo morente”. Certamente, il fatto fu increscioso ed inquietante, ma siamo sicuri che Notre Dame rappresenti il cristianesimo tout court o non piuttosto un luogo dove un cristianesimo problematico e spurio si è affermato sino a diventarne un simbolo? Davvero la sorte del cristianesimo europeo è associata alle sorti della cattedrale dedicata alla Madonna? Ciò non vuol dire sminuire il valore artistico e l’importanza della storia, ma significa non sovraccaricarli di valenza spirituale eccessiva. Il regno di Dio in Europa non è Notre Dame e nemmeno Hagia Sophia.

La fede evangelica deve aggrapparsi ad Hagia Sophia o a Notre Dame per avere un futuro? Può identificarsi con il bizantinismo e il cattolicesimo? Deve partecipare al coro di chi evoca in senso nostalgico le “radici” cristiane dell’Europa scolpite in questi monumenti? Deve dare valore spirituale ai monumenti della cristianità? O non deve piuttosto insistere sulla necessità di salvaguardare e promuovere la libertà religiosa nel mondo in modo da permettere il fiorire della testimonianza dell’evangelo e preoccuparsi semmai di incoraggiare la chiesa che è un edificio spirituale fatto di “pietre viventi” (1 Pietro 2,5), cioè di credenti in carne e ossa in Cristo Gesù? 

Ciò che spaventa di più della mossa di Erdogan sono le possibili conseguenze per la libertà religiosa in Turchia e nel mondo musulmano. Saranno garantiti i diritti legati alla libera professione della fede? Senza ignorare la mossa “simbolica” intrecciata al cambio di destinazione d’uso di Hagia Sophia, è quella della libertà religiosa e della vocazione missionaria della chiesa evangelica ad essere la partita decisiva, in Turchia e in tutto il mondo.


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