Il coraggio di essere protestanti

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Ci vuole coraggio a essere protestanti? Ma poi, cosa significa essere protestanti oggi? Per trovare risposta a queste domande, un punto di partenza può essere un libro significativo di David Wells, The Courage to be Protestant. Truth-lovers, Marketers and Emergents in the Postmodern World, Nottingham, IVP 2008, pp. 253. 

Negli Anni Ottanta, David Wells è stato tra i teologi evangelicali americani a contribuire maggiormente alla discussione intorno ai contorni dottrinali dell’identità evangelica nel mondo contemporaneo. Per Wells, essere evangelici significava essere persone con delle convinzioni precise riassunte intorno al principio formale (l’autorità della Scrittura) e materiale (la giustificazione per fede e, più in generale, la teologia della croce) della Riforma protestante. Sulle questioni secondarie vi poteva essere una certa elasticità, ma su questi capisaldi l’evangelicalismo occidentale (da Billy Graham a Lloyd-Jones, da Stott a Carl Henry, da Christianity Today alla National Association of Evangelicals) parlava all’unisono. 

Negli Anni Novanta, Wells ha registrato l’erosione progressiva di questi contorni identitari in una quadrilogia sull’evangelicalismo nordamericano (No Place for Truth, 1993; God in the Wasteland, 1994; Losing our Virtue, 1998; Above all Earthly Powers, 2005). Questo volume è una sorta di bilancio della quadrilogia in cui le tesi di Wells vengono riprese. In sostanza, per l’A. si è verificato un allontanamento dalla passione per la “verità” verso forme della fede maggiormente legate ai modelli del marketing religioso e alle dimensioni “emergenti” della spiritualità. L’identità evangelicale è così diventata un ibrido, sempre più teologicamente invertebrato, sempre più “leggero” sul piano dottrinale, sempre più definito da altri tratti rispetto a quelli tradizionali: il “potere”, la “comodità”, la “soddisfazione” individuale. Alla sola Scrittura ha preferito la sola cultura. (nel caso degli USA da lui studiato, l’“American dream”). Al cristianesimo ecclesiale ha preferito quello paraecclesiale. All’attaccamento alla dottrina è seguito una forma di minimalismo delle convinzioni molto attenta agli appetiti di consumatori distratti.

Il richiamo di Wells è di tornare a scoprire le radici protestanti dell’evangelicalismo che sono incastonate nel sola Scrittura e nel solo Cristo. Oggi ci vuole coraggio ad essere protestanti, nel senso di confessare e praticare i principi della Riforma protestante. Ecco allora che l’A. recupera il termine “protestante” nel senso storico e teologico del termine. L’evangelicalismo ha futuro solo se ri-diventa protestante. E’ una tesi forte ma necessaria se gli evangelicali non vogliono scivolare verso la mellifluità delle credenze e delle appartenenze. In fondo, è la stessa tesi che Wells aveva articolato negli Anni Ottanta e che oggi aggiorna e ripropone.  

Cosa vuol dire essere protestanti in un Paese in cui il cristianesimo è stato saturato di ingredienti cattolici romani e mai svuotato e la cui cultura è post-moderna senza essere stata mai veramente moderna?

Cosa può voler dire essere coraggiosamente protestanti in un contesto, come quello italiano, che la “protesta” dell’evangelo non l’ha conosciuta o solo in minima parte? Cosa vuol dire essere protestanti in un Paese in cui il cristianesimo è stato saturato di ingredienti cattolici romani e mai svuotato e la cui cultura è post-moderna senza essere stata mai veramente moderna? Da sempre, la tendenza del cattolicesimo romano è di aggiungere, inglobare, assimilare tutto, senza purificarsi secondo l’evangelo. Tutte le parole della fede cristiana (grazia, peccato, salvezza, ravvedimento, ecc.) sono intrise di cattolicesimo e devono essere ridefinite dalla Sola Scrittura e alla luce del Solo Cristo. Tutte le istituzioni del cristianesimo (chiesa, congregazione, autorità, ecc.) sono intrise di imperialismo politico e hanno la necessità di essere spurgate dagli elementi spuri. Il cattolicesimo romano ha prodotto una variante di “cristianità”, ma non di vero cristianesimo.  Quando la cultura secolare, agnostica, scettica di oggi rigetta il cristianesimo, siamo sicuri che non rigetti la “cristianità” e non necessariamente la fede cristiana? Occorre avere il coraggio di essere protestanti in questa cultura satura di cristianità e povera di cristianesimo per presentare la Buona notizia che Gesù Cristo soltanto salva per fede soltanto alla sola gloria del Dio Uno e Trino. Ci vuole coraggio per dire e vivere questa “protesta”!