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Il libretto d'oro della vita cristiana (II). La rinuncia a sé stessi

Il libro d'oro della vera vita cristiana (De Vita Christiana, 1550) fu scritto da Giovanni Calvino (1509-1564) come riflessione su come il Vangelo di Dio modella la vita di un credente. In seguito, fu incluso nei capitoli 6-10 del libro terzo della sua Istituzione della religione cristiana. Come descritto nell'articolo precedente, Calvino descrive la vita cristiana come modellata a immagine di Cristo, il Salvatore umile e obbediente. Le Scritture contengono le regole per questa nuova vita, attraverso le quali lo Spirito Santo opera per trasformare la vita. Questa trasformazione a immagine della Parola di Dio non è solo un cambiamento interiore che dà nuova vita a cuori induriti e ribelli, ma anche una trasformazione visibilmente esteriore che si manifesta nel modo in cui il cristiano vive o, meglio ancora, per chi vive.

Nel capitolo successivo, Calvino descrive come la vita cristiana offra la vera felicità e libertà ai credenti. La soluzione di Calvino per una vita felice non è quella che la maggior parte delle persone vuole sentire però. Questo perché viviamo in una cultura iper-individualistica che dà priorità alla felicità e alla libertà personale rispetto a tutto il resto. Calvino non nega la felicità e la libertà. Anzi, afferma che solo Cristo può darci la vera felicità e libertà, ma ciò avviene attraverso quella che considera la somma della vita cristiana: la rinuncia a sé stessi.

Non siamo nostri, siamo del Signore
Calvino ci ricorda che il compito del cristiano è quello di offrire il proprio corpo come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio. Questo è il nostro culto quotidiano e appropriato verso un Dio che ci salva e ci rinnova con grazia (Romani 12,1). Il rinnovamento del cristiano afferma la sua consacrazione e dedizione a Dio (1 Pietro 2,9). Pertanto, essendo "messo a parte" per Dio, un cristiano non può più pensare, né parlare, né agire per qualcosa di diverso dalla gloria di Dio. Non apparteniamo più a noi stessi e rendersene conto è il primo passo verso la rinuncia a sé stessi. 

Calvino scrive che, poiché non apparteniamo a noi stessi, né la nostra ragione né la nostra volontà devono guidarci. Non dobbiamo cercare ciò che la nostra carne desidera. E dobbiamo dimenticare il più possibile noi stessi e i nostri interessi. Inoltre, poiché apparteniamo a Dio, dobbiamo vivere e morire a Dio. Dobbiamo lasciare che la sua saggezza domini tutte le nostre azioni. E dobbiamo fare in modo che ogni parte della nostra esistenza sia rivolta a Lui come unico obiettivo legittimo.

Pertanto, il primo passo per la rinuncia a sé stessi è riconoscere a chi apparteniamo, in modo che attraverso la Parola di Dio e lo Spirito Santo la nostra volontà e i nostri desideri possano essere allineati con la volontà di Dio, che doma i nostri cuori. Viviamo per la gloria di Dio, non per la nostra. Questa può essere una pillola difficile da ingoiare, ma è la medicina che Dio ci dà e che produce la vera guarigione e la felicità. Con questo giusto orientamento, Calvino utilizza il resto del capitolo per spiegare come si presenta in pratica la rinuncia a sé stessi. Ecco un breve riassunto.

Cercare la gloria di Dio significa rinunciare a sé stessi
Calvino dice che il nostro interesse primario dovrebbe essere la ricerca della gloria di Dio (Matteo 16,24). Pertanto, il cristiano è chiamato a trascurare tutte le ambizioni personali ed egoistiche. Questo non significa solo il desiderio di ricchezza, potere e accettazione, ma anche il nostro desiderio umano di gloria. Al di fuori di Cristo siamo naturalmente portati a perseguire la nostra gloria. Perseguiamo persino il bene per motivi egoistici. Calvino ci ricorda che esiste un mondo di peccato che nasce dall'anima dell'uomo. La rinuncia a sé stessi è il rimedio alla nostra mortale ricerca della gloria. Ci permette di perseguire la sobrietà, la rettitudine, la pietà, la vita generosa per grazia di Dio (Tito 2,11-14), sottomettendoci alla sua volontà. Questo richiede umiltà,

Poiché nulla è più difficile che far abdicare la nostra ragione, domare i nostri desideri, anzi rinunciarvi del tutto per dedicarci a Dio ed ai nostri fratelli e per meditare in questo fango terreno una vita angelica.

La vera umiltà significa rispetto per gli altri, tutti gli altri!
Non c'è modo migliore di praticare l'umiltà di quando rinunciamo a noi stessi per il bene degli altri. Non è forse questo il modello che Cristo ci ha dato nel suo ministero terreno? Calvino sottolinea l'importanza e le benedizioni che ci vengono offerte quando consideriamo gli altri più importanti di noi. Il rinnegamento di sé avviene quando il cristiano cerca il bene degli altri credenti, e non solo! Calvino ci ricorda che siamo chiamati a cercare il bene di tutti, anche dei nostri nemici (Romani 5,8). La rinuncia a sé stessi nell'umile rispetto degli altri significa che offriamo il nostro aiuto a chi ha bisogno, anche quando non c'è alcun beneficio per noi. Aiutiamo e condividiamo facilmente con gli amici. Forse facciamo lo stesso con un estraneo. Ma che dire di una persona spregevole? Che dire di qualcuno che nutre odio nei nostri confronti? Calvino dice questo,

La Scrittura ci previene, ammonendoci che non dobbiamo considerare quel che gli uomini meritano di per sé, ma piuttosto che dobbiamo prendere in considerazione l’immagine di Dio in tutti e ad essa dobbiamo ogni onore e amore… Se lo consideriamo estraneo, il Signore gli ha impresso un segno che ci dev’essere familiare [come portatore dell’immagine di Dio].

Quando ci immaginiamo al posto di coloro che sono nel bisogno, solidali con loro nella sofferenza o nel giudizio che li attende, dovremmo essere spinti a mostrare loro una vera misericordia e a dare un vero aiuto anche se ci costa qualcosa. Dopo tutto, siamo un popolo i cui debiti sono stati pagati grazie alla vita e alla morte di Cristo. La sua potenza di resurrezione ci dà proprio quello di cui abbiamo bisogno per deporre le nostre ambizioni per il bene degli altri e la gloria di Cristo. Tutto ciò che il cristiano ha ricevuto è un dono di Dio da usare e condividere con gli altri per la gloria di Dio. Come destinatari della grazia e della cura di Dio, imitiamo Cristo rinnegando ciò che potremmo essere tentati di tenere per noi e usandolo invece per il bene degli altri.

Non dobbiamo essere ansiosi di ottenere ricchezza e onore
Infine, la rinuncia di sé significa che non dobbiamo essere ansiosi per il nostro futuro, perseguire ricchezze terrene o cercare onori personali. Se lo facciamo, il più delle volte cadiamo nell'invidia verso gli altri che sono stati benedetti con ciò che desideriamo per noi stessi. Possiamo amareggiarci con gli altri o, peggio ancora, con Dio, quando le cose non vanno come desideriamo. Il risultato finale è che diventiamo egocentrici Quando l'uomo persegue le proprie ricchezze e la propria gloria, Calvino scrive:

Vediamo l’inquietudine di spirito in cui si dibattono tutti coloro che orientano la loro vita secondo il loro desiderio, quanti mezzi tentano, in quanti modi si tormentano per giungere là dove la loro ambizione e avarizia li trasporta e per evitare la povertà o una bassa condizione.

Il cristiano è chiamato a confidare nella provvidenza di Dio. Poiché è il nostro Padre buono, possiamo confidare che tutte le benedizioni che ci sono state date provengano da Lui e che tutto ciò che ci è stato tolto sia secondo la sua volontà. Nessuno è in grado di praticare la rinuncia di sé fino a quando non si fida e si arrende completamente a Dio. Se ci fidiamo di Lui e del suo piano sovrano per la nostra vita, in qualunque cosa ci accada troveremo felicità e pace, senza mai incolparlo per la nostra situazione.

Ecco come stanno le cose. La rinuncia di sé è la cifra della vita cristiana e la chiave della vera felicità. Ai giorni nostri, quando la cultura secolare (e purtroppo anche quella evangelica) dice "credi in te stesso", "segui il tuo cuore" e "fai ciò che ti rende felice", Calvino ci ricorda che la parola di Dio dice: "metti in discussione le tue motivazioni", "il tuo cuore è pieno di idoli" e "rinnega te stesso".

(continua)

Della stessa serie:
“Il libretto d'oro della vita cristiana (I). Obbedienza umile, la vera imitazione di Cristo” (27/2/2024)


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