Il mondo in una valigia. La "santa" stranezza di Ray Lentzsch (1925-2020)
Siamo tutti unici in qualche senso, ma Ray Lentzsch era davvero unico. Per chi non lo ha mai incontrato è difficile descriverlo a freddo: missionario evangelico, evangelista itinerante, visionario del regno. Sì, tutto vero, ma Ray era di più di tutto questo. Per chi ha avuto la grazia di conoscerlo era semplicemente “Ray Lentzsch”.
Nato in New Jersey ma cittadino del mondo, Ray è stato per più di 50 anni impegnato in Operazione Mobilitazione, sin dai primi anni della fondazione di questa missione figlia della “beat generation”: innovativa, sperimentatrice, radicale, comunitarista, critica del materialismo, globetrotter, impattata dal messaggio “semplice” dell’evangelo (stile Billy Graham) e desiderosa di movimentare le chiese per la missione. Con George Verwer, Dale Rhoton e altri, apparteneva a quella generazione “rivoluzionaria” che ha convogliato le energie di quelle inquietudini in una rivoluzione d’amore ispirata all’evangelo. Da quel gruppo è nata una missione che in pochi anni ha spinto centinaia e migliaia di persone a mettere in discussione stili di vita conformisti (l’“American dream”) e a sperimentare forme di missione in piccoli gruppi (dall’India all’Europa) dallo stile di vita “monacale” e poi tramite la navigazione di navi-librerie come la Logos e la Doulos. Erano idee “pazze”, fuori dagli schemi: si trattava di innovazioni significative nella missione evangelica. In questo fermento giovanile, a partire dagli Anni Sessanta, l’Italia veniva toccata con l’arrivo di gruppi di OM che, con il loro stile simil “hippy” ma autenticamente evangelico, hanno battuto in lungo e in largo la penisola (soprattutto le città del nord), stanziandosi in città come Cremona, Reggio Emilia, Mantova, Rovigo, evangelizzando, fondando chiese e iniettando una dose di fervore evangelico nelle piccole chiese evangeliche con cui collaboravano. Ray Lentzsch era parte di quel gruppo iniziale e almeno fino alle soglie del 2000 ha continuato a visitare regolarmente l’Italia.
Chi era Ray Lentzsch? Nel 1957, mentre insegnava giornalismo e dirigeva il News Bureau al Whittier College in California, gli fu dato un opuscolo dal titolo “Cosa devo fare per essere salvato?”. L’incontro col Signore Gesù cambiò la sua vita. Avviato alla carriera di giornalista, vide la sua vita fare un’inversione completa. L’impatto fu così forte da lasciare strascichi nella vita famigliare (di cui lui parlava senza reticenze). Quel messaggio “semplice” dell’evangelo è rimasto il cuore della vita che lo portò a viaggiare il mondo in lungo e in largo e non avere più una “casa”. La sua casa è diventata la sua valigia (una!) in cui c’era di tutto, soprattutto la sua macchina da scrivere su cui lo si sentiva ticchettare ad ogni ora del giorno (e della notte). La sua agendina era un mondo di contatti in ogni angolo del mondo. Con l’avvento delle navi Logos e Doulos, Ray visitava porti e città interne con la sua borsa indiana piena di vangeli e opuscoli, fermando persone, iniziando conversazioni, annunciando l’evangelo a piccoli gruppi, come il Signore guidava. Quando non era a bordo, visitava chiese, incoraggiandole nell’evangelizzazione ed evangelizzando lui per primo con loro. Aveva a cuore in modo particolare Malta e Israele (che visitava periodicamente), ma amava profondamente l’Italia.
Non era un predicatore, ma un evangelista itinerante. Non aveva strategie raffinate, ma andava incontro alle persone, una a una, gruppetto dopo gruppetto. Accompagnava sempre l’annuncio con il dono di una copia del vangelo. Pregava per le persone. Le evangelizzava. Con il suo italiano di 50 parole (conosceva 50 parole di molte lingue e riusciva a apparire poliglotta senza esserlo), attirava l’attenzione di chi ascoltava. Agli italiani sembrava un attore dei film americani in cui compare il capo-redattore di un giornale d’inchiesta: occhiali di osso, riga laterale nei capelli, look trasandato ma radical-chic (la borsa indiana!), parlata in cui inglese-spagnolo-portoghese-italiano si mescolavano in una lingua improbabile ma tutto sommato comprensibile, dal sapore spagnoleggiante (quante volte gli è stato detto che in italiano “nave” non si dice “barco”!). Tutto questo lo rendeva Ray Lentzsch. Un persona unica al mondo che appariva “strano” ma di quella “stranezza” dell’evangelo che attirava le persone intorno a lui perché lui le invitava a guardare a Cristo.
A volte la sua “stranezza” creava qualche imbarazzo, soprattutto per chi lo ospitava a casa. Non aveva orari convenzionali e non poteva essere confinato in pratiche consuete. Poteva voler uscire nel cuore della notte, stare chiuso in una stanza per pregare per ore e ore, chiedere all’improvviso di essere accompagnato ad evangelizzare (talvolta anche per tradurlo), farsi il bucato in un orario non opportuno, prepararsi un beverone dell’amato cioccolato (senza zucchero, era diabetico).
Avendo visitato moltissimi Paesi al mondo come evangelista itinerante, ad un certo punto della sua vita si convinse che Dio gli chiedesse di visitarli tutti e 214 prima di morire: non come turista, ma come evangelista. Ricordo di quando riuscì, finalmente, ad andare in Corea del Nord (forse uno degli ultimi Paesi rimasti) e ad evangelizzare la guida che lo scortava! Memorabile per me fu il suo racconto della visita all’isola di Socotra (tra lo Yemen e la Somalia). Del viaggio della sua vita ha scritto anche un libro: His Last Command, My First Desire (2009).
Per le chiese e le famiglie che lo ospitavano Ray Lentzsch portava il mondo con sé e una ventata di aria fresca: i suoi racconti (mai autocelebrativi) erano scarni ma allargavano la geografia spirituale delle persone e facevano sentir parte di una famiglia, quella evangelica, sparsa ovunque, soprattutto nel Sud del mondo, soprattutto in comunità piccole, con poche risorse, ma animate da una grande fede e pronte al sacrificio. Almeno tre generazioni di credenti evangelici italiani (e chissà quante migliaia di persone convertite all’evangelo in tutto il mondo!) sono state impattate da Ray Lentszch. Per chi lo ha conosciuto, lui è stato unico. Ora riposa alla presenza del Suo Signore per cui ha messo tutta la sua vita in una valigia per visitare le estremità della terra portando la Buona Notizia di Gesù Cristo.