Il testamento spirituale di Benedetto XVI. Contro il sola fide evangelico

 
 

 “Quasi un testamento spirituale”. È questo il sottotitolo del libro pubblicato da Joseph Ratzinger – Benedetto XVI (1927-2022), uno dei grandi teologi cattolici romani del Novecento e poi Papa della Chiesa romana, dopo la sua morte. Il libro (Che cos'è il cristianesimo. Quasi un testamento spirituale, 2023) è una raccolta di quindici brevi saggi e lettere scritti dopo le sue dimissioni dal papato nel 2013. Quattro di essi sono inediti mentre gli altri erano già stati pubblicati altrove. Il defunto papa tedesco ha voluto che questi saggi fossero raccolti e resi pubblici dopo la sua morte e ha affidato il progetto a Elio Guerriero, autore di una sua biografia

Il primo e l'ultimo libro
Che cos'è il cristianesimo (il titolo del libro) ricorda quello dato al libro più famoso della sua prestigiosa carriera: Introduzione al cristianesimo (1968). Questo volume ha avuto più ristampe e diverse edizioni in altre lingue. Con esso Ratzinger è diventato una “stella” del mondo teologico al di fuori dei circoli accademici ristretti delle università tedesche. È curioso che il primo libro e l'ultimo libro della sua vita sembrino essere collegati dai loro titoli. Con l'Introduzione Ratzinger ha voluto dare una presentazione robusta della teologia cattolica romana che era uscita dal Concilio Vaticano II (1965-1965). Desiderava dissipare possibili malintesi sul fatto che il Vaticano II fosse stato una "rottura" dal cattolicesimo romano tradizionale e riaffermare la sua continuità all'interno della teologia cattolica romana tradizionale di tutte le epoche. Alla fine della sua vita, in Che cos'è il cristianesimo, il defunto Ratzinger vuole assicurarsi che il cristianesimo cattolico romano sia messo in guardia dal diventare "protestante" né "secolarizzato". Al contrario, vuole che la sua chiesa mantenga la sua identità cattolica romana, soprattutto per quanto riguarda i rapporti con le altre religioni (ad esempio l'islam, l'ebraismo), la sua teologia del sacerdozio e la natura sacramentale dell'Eucaristia.

I due libri sono di natura "apologetica": entrambi vogliono associare fortemente il cristianesimo al cattolicesimo romano, sostenendo che i due sono davvero la stessa cosa. Secondo Ratzinger il cristianesimo è il cattolicesimo romano e viceversa. Questa è stata la sua convinzione dall'inizio alla fine della sua vita. Oltre alla loro somiglianza, ci sono evidenti differenze tra i due libri. Il primo è un’opera organica ed accademica; il secondo è una raccolta occasionale di scritti diversi, descrivibili principalmente come meditazioni spirituali. Il peso teologico di quest'ultimo è più leggero del primo, anche se la preoccupazione di preservare l'integrità del cristianesimo cattolico romano è la stessa.

Due minacce percepite
Il pericolo della secolarizzazione è particolarmente evidente nel capitolo sulla Chiesa e lo scandalo degli abusi sessuali (pp. 143-160). Lì Ratzinger racconta come la rivoluzione sessuale degli anni Sessanta sia entrata nei seminari e come la progressiva erosione della teologia morale cattolica romana abbia concorso all'abbassamento degli standard etici dei preti cattolici soprattutto in Occidente. Niente di veramente nuovo qui.

Ciò che colpisce di più è l'altro pericolo percepito dal defunto Benedetto XVI, ovvero la “protestantizzazione” della Chiesa cattolica romana (p. 127). Ratzinger vede la china scivolosa della Chiesa romana verso l’influenza della Riforma in tre aree che vengono brevemente accennate nel libro: la teologia del sacerdozio, la giustificazione per sola fede e il significato della Comunione. Non a caso i due capitoli più lunghi e corposi del libro sono dedicati al sacerdozio (pp. 96-122) e al significato dell'Eucaristia (pp. 123-140). Nell'affrontare questi temi, Ratzinger sembra avere presente la situazione odierna della Chiesa cattolica romana in Germania. Teologicamente, però, è il sola fide (e dietro di esso Martin Lutero) a essere considerato il principale ispiratore negativo di queste derive.

Un attacco al sola fide
Ratzinger è preoccupato che l'interpretazione di Lutero del ministero cristiano come principalmente caratterizzato dalla predicazione, dalla preghiera e dalla cura pastorale si stia diffondendo anche negli ambienti cattolici (pp. 97-98). In questa concezione protestante il ministro non è un sacerdote che offre un sacrificio in rappresentanza del popolo, ma un leader che guida la chiesa attraverso la Parola. Ciò che manca, secondo Ratzinger, è la natura sacrificale dell'Eucaristia e il ruolo mediatore del sacerdote che rappresenta la chiesa gerarchica che si pone tra Dio e l'umanità.

Secondo lui, il problema ultimo di questa visione è il sola fide di Lutero (sola fede). È vero che Ratzinger contesta anche il sola Scriptura (p. 38), schierandosi con il teologo liberale tedesco Adolf Von Harnack che aveva criticato il “principio formale” della Riforma come privo di senso. Benedetto condivide il rifiuto del principio “Sola Scrittura”, ma non approfondisce la sua critica. Il suo obiettivo principale è il sola fide (il "principio materiale" della Riforma). Il sola fide è il principio biblico riscoperto da Lutero e dalla Riforma protestante per cui Gesù Cristo con il suo sacrificio sulla croce ha compiuto il significato del sistema sacrificale e ha adempiuto al ruolo sacerdotale di mediatore. La salvezza non è quindi attraverso le opere della legge né attraverso l'agenzia del tempio/chiesa con la sua gerarchia, ma per sola fede in Cristo solo.

Lutero figlio di Marcione?
Benedetto XVI sostiene che “il sola fide, nel senso di Lutero, non è mai stato insegnato nella Chiesa antica” (p. 99) ma è stato promosso da Marcione, l'eretico del II secolo che contrappose il Dio dell'Antico Testamento (caratterizzato da santità egoista e ira) e il Dio del Nuovo Testamento (caratterizzato da amore e perdono). Ratzinger vede Lutero come un figlio di Marcione (anche a p. 133-134) perché il riformatore tedesco non ha reiterato il sistema sacrificale dell'Antico Testamento, ma lo ha ritenuto realizzato e superato dal sacrificio di Cristo i cui benefici si possono ricevere per fede soltanto (p. 107). Dal punto di vista cattolico romano, pur dicendo di credere nel sacrificio di Cristo sulla croce "una volta per sempre", la Messa è ancora vista come un "sacrificio" offerto e mediato dal sacerdote che fa parte di un sistema gerarchico. Ratzinger vuole fondare il punto di vista cattolico sulla Lettera agli Ebrei, sul Salmo 16,5 e su Deuteronomio 10,8 (pp. 110-122), ma la sua interpretazione di questi passaggi è sbilenca e prova solo ciò che è già assunto in partenza. Mentre la Lettera agli Ebrei dice chiaramente che la nuova alleanza abolisce il sistema sacrificale, Benedetto XVI dice che, invece, lo ribadisce. Il Salmo 16,5 non è certo una prova della teologia cattolica romana del sacerdozio e Deuteronomio 10,8 parla dei sacerdoti leviti. Nel complesso, la sua interpretazione di Ebrei contraddice il significato piano del testo, e gli altri due passaggi sono inconcludenti per l'argomento.

L'origine marcionista del sola fide è vista anche da Benedetto nella concezione protestante della salvezza. Secondo Ratzinger Lutero non ha visto che la redenzione è “un sempre più profondo divenire una cosa sola con l'amore di Gesù Cristo” (p. 100); inoltre, la dottrina di Lutero del simul iustus et peccator (contemporaneamente giustificato e peccatore) non cambia l'uomo ma aggiunge solo uno strato esterno (p. 133). Evidentemente, il defunto Papa non apprezza il fatto che la dottrina della giustificazione afferma che siamo dichiarati giusti sulla base della giustizia di Cristo, ma lascia spazio alla dottrina biblica dell'unione con Cristo, della rigenerazione e della santificazione per mezzo della quale siamo uniti a Cristo e cambiati a Sua immagine. Non solo Lutero è associato a Marcione e reso eretico, ma la posizione protestante è qui caricaturizzata e resa un bersaglio ad hoc.

L'Eucaristia (cattolica) è “completamente diversa” dalla Cena (protestante)
C'è dell'altro. Il sola fide è anche responsabile di un altro errore della Riforma protestante, cioè la sua teologia della Cena del Signore in contrasto con la visione cattolica romana della Messa. Ecco come Ratzinger spiega la differenza: “Nelle interpretazioni dei riformati l'Eucaristia è unicamente pasto ... mentre per la fede cattolica nell'Eucaristia sempre è presente l'intero processo del dono di Gesù nella morte e risurrezione” (p. 131). Tra le due narrazioni c'è una “profonda differenza” (p. 128, p. 133). In realtà, c'è un “fondamentale contrasto” (p. 132). Secondo Ratzinger, l'assenza di trasformazione del pane e del vino nel corpo e nel sangue di Gesù riflette la “differenza più profonda tra l'interpretazione protestante dell’essere cristiano e la tradizione della fede cattolica” (p. 133)

Nella visione di Benedetto per il protestantesimo "divenire cristiano non cambia l'uomo, ma gli aggiunge solo qualcos'altro" (p. 133). Come non cambia il giustificato, così non cambia il pane e il vino. Per il cattolicesimo romano, al contrario, essere salvati significa diventare giusti e l'Eucaristia è la trasformazione della sostanza del pane e del vino in qualcos'altro. Ancora Ratzinger: “È del tutto evidente che Cena e Messa sono due forme di culto completamente diverse, che per loro natura si escludono a vicenda” (p. 98).

Questa visione abrasiva della fede protestante può sorprendere alcuni lettori, ma non è una novità. È sempre stato un segno della teologia di Ratzinger. La sua robusta ortodossia cattolica romana ha sempre trovato irricevibili i principi sola Scriptura e sola fide della Riforma. Certamente è stato critico nei confronti del protestantesimo liberale, ma è stato altresì sprezzante nei confronti della Riforma protestante del XVI secolo e degli evangelicali.

Dopo la sua morte, dipingendo un quadro piuttosto unilaterale di Benedetto come campione dell'ortodossia cristiana, alcuni hanno sostenuto che "Benedetto può e dovrebbe diventare un insegnante per molti protestanti" (Tim Perry, "Pope Benedict: A Brief Protestant Requiem”, Ad Fontes, 2 gennaio 2023). Beh, sì e no. Sì, perché dovremmo essere aperti ad imparare da chiunque, anche dagli oppositori della fede evangelica. No, perché nonostante la sua teologia conservatrice, come mostra chiaramente il suo testamento spirituale, il suo pensiero è plasmato attorno a convinzioni antiprotestanti e, in ultima analisi, attorno a principi non biblici.