In che stato è la missione evangelica? Un contributo ad una tavola rotonda

 
 

N.B. In occasione dell’assemblea annuale dell’Alleanza Evangelica Italiana si è tenuta anche una tavola rotonda su “Lo stato della missione evangelica in Europa” con la partecipazione di  Jim Memory (co-responsabile europeo del Movimento di Losanna) e Connie Duarte (co-segretario dell’Alleanza Evangelica Europea). Questo articolo riproduce l’intervento di Lucia Stelluti, vice-presidente dell’AEI.

Come AEI ci prepariamo a celebrare 50 anni della bontà di Dio con lo scopo di rilanciare il nostro impegno in avanti. L’Alleanza Evangelica Italiana fu costituita a Firenze nel 1974 proprio come risposta alle tesi del Congresso europeo sull’evangelizzazione (Amsterdam 1971) e del Congresso mondiale di Losanna (1974). Perciò la missione di portare l’Evangelo, la preghiera per questa grande opera, e il servizio che l’Evangelo produce, sono tre elementi che stanno al cuore dell’identità dell’AEI e che dovrebbero accomunare tutti gli uomini e le donne dell’Alleanza. Annunziare in modo unito e integrale l’evangelo di Gesù Cristo nel nostro tempo e nella nostra società.

Questa serata ci stimola ad uscire dai nostri provincialismi per apprezzare l’ampiezza della missione a cui Dio ci chiama in Europa: l’Europa è il nostro campo di missione. Già quando uscì il report di Memory, l’AEI ebbe occasione di apprezzare e presentare il lavoro alle chiese italiane. “Europa 2021” sfida a mantenere un giusto equilibrio tra le situazioni locali e l’orizzonte europeo della missione. È una mappa dell’Europa diversa da quelle che si trovano in commercio. È una mappa che non troviamo sul nostro navigatore o su google maps ma che è estremamente necessaria: uno strumento di lettura della complessità della sfida della missione in Europa. 

Il lavoro è degno di nota e le ultime due sezioni del documento (“Tendenze nella Missione” e “Implicazioni per la missione in Europa”, cioè le tendenze e le implicazioni nella e per la missione in Europa) offrono moltissimi spunti di valutazione e rilancio per le chiese, le agenzie missionarie e le organizzazioni coinvolte in ministeri di vario tipo al fianco le une delle altre. Ad esempio, sulla scia del Patto di Losanna (1974) e dell’Impegno di Città del Capo (2010) la missione è vista non più come un’attività di pochi professionisti e addetti ai lavori, ma come la missione di Dio mediante tutto il suo popolo. Inoltre, benché il ruolo dei “missionari” sia ancora utile, si sottolinea come le chiese locali in rete tra loro siano le vere protagoniste della missione.

L'interazione con lavori come questo, però, offrono alla chiesa evangelica italiana anche l’occasione per dare il proprio specifico contributo, che vogliamo offrire qui con tutti i nostri limiti.

Nella sezione riguardante il contesto spirituale europeo non è stata trattata la questione del “nominalismo cristiano” al quale pure Losanna diede rilevanza in una delle sue Consultazioni - proprio qui a Roma nel 2017. Mi chiedo, ad esempio, se l’effetto Covid vissuto da molte chiese evangeliche non andrebbe letto e affrontato anche alla luce di questa categoria.

Nel documento poi si parla spesso di “chiesa” o di “cristiani” in Europa, soprattutto in riferimento al fenomeno della desecolarizzazione, ma non si affronta con chiarezza il tema della presenza di cristianesimi diversi - liberale, cattolico e ortodosso, oltre a quello evangelico - presenza mista in varia misura ma comune a tutto il nostro continente. In tutto il documento, peraltro ben documentato, non si fa mai cenno al fatto che l’Europa sia, ad esempio, la sede del Vaticano, dei vari patriarcati ortodossi e che è stata anche la culla della teologia liberale. Mi chiedo la presenza dei cristianesimi liberale, cattolico e ortodosso non ha rilevanza missiologica? Non è questa una delle grandi questioni con le quali tutte le culture europee stanno lottando? Le categorie di “chiesa” e di “cristiani” non andrebbero forse chiarite a seconda della comprensione che questi cristianesimi ne danno per poter affrontare il nostro compito missionario con cognizione di causa? Se l’Europa è definita non solo dalla “secolarizzazione” ma anche dalla “de-secolarizzazione”, quali sono le influenze del cattolicesimo, dell’ortodossia e del liberalismo, che permangono e che vanno affrontate in modo missionale? 

A chiusura del terzo Congresso di Losanna a Città del Capo nel 2010, Lindsay Brown nel suo discorso disse “Non possiamo impegnarci nella missione se non siamo chiari in quello che crediamo. Senza un basilare impegno per la verità, abbiamo poco da offrire”, e riportava una conversazione avuta con John Stott il quale si vergognava del fatto che i leader della sua comunione si rifiutassero di discutere questioni dottrinali per paura di dividersi. Se non chiariamo tra noi cos’è chiesa e cos’è essere cristiani, siamo sicuri di capire il vero volto spirituale dell’Europa e quale Evangelo avremo da annunciare?  

In quella stessa circostanza ricordando la grande conferenza missionaria di Edimburgo del 1910 (di 100 anni prima) Brown non ebbe timore a dire che essa aveva avuto un “big flaw”, cioè un grande difetto, ossia proprio la mancanza di chiarezza dottrinale. 

È come vedere una gran folla di gente assetata e dirsi l’un l’altro, “Diamo loro da bere!”, ma avendo dimenticato di portare l’acqua o se non siamo concordi nel tipo di liquidi da dare. Come disse John Stott (riportato da Brown nel suo intervento): “Non si può parlare del Vangelo di Cristo e della missione della Chiesa senza riflettere sulla verità biblica”. “Farlo è follia” ha detto Lindsay Brown alla presenza di 4200 leaders evangelici provenienti da 198 paesi del mondo.

Credo che oggi noi corriamo il medesimo rischio. Mentre riflettiamo sullo stato della missione in Europa (e nel mondo visto che ci stiamo avvicinando al quarto Congresso di Losanna a Seul), corriamo il rischio di dimenticare ciò che è essenziale, rendendo la nostra analisi parziale e la nostra azione evangelistica ininfluente.

Vorrei fare due esempi, se ne potrebbero fare molti altri, ma ne scelgo due che possono aiutarci a osservare più da vicino queste sfide. 

Recentemente a Milano si è concluso SOUL il festival della spiritualità: 5 giorni di conferenze, incontri, visite guidate. È molto interessante osservare che nella città italiana più europea, sinonimo di razionalismo, materialismo e competizione sfrenata si è sentito il bisogno di interrogarsi nel 2024 sulla spiritualità. Questa è evidenza del dato riportato da Jim sulla desecolarizzazione e sintomo di irrequietezza e ricerca nei nostri concittadini.

Il dato preoccupante è questo: il festival è stato organizzato dall’Università Cattolica del Sacro Cuore (che ha quasi il 10% di studenti internazionali) e dall’Arcidiocesi Cattolica di Milano, ma nel suo programma non c’è stato alcuno spazio per l’annuncio del Vangelo. Soul è stato un “pantheon” come qualcuno lo ha definito, dove rappresentanti di diverse religioni, filosofi, scrittori e artisti sono stati invitati a parlare di spiritualità e a suggerire molteplici vie per provare a sperimentare il “divino” e dare senso alla vita nel loro proprio modo. 

Soul è stato un successo se guardiamo al numero di partecipanti. Ma è stato un vero successo per la missione dell’evangelo? La missione della chiesa Cattolica è stata di successo perché ha attirato migliaia di persone da tutta Italia, ha raggiunto i giovani, ha dialogato con la cultura in ogni settore ed ha annunciato un messaggio: ma questo messaggio non era l’Evangelo. Perciò non si tratta per nulla di un successo per l’Evangelo. Questo è un esempio del terreno di missione nel quale come singoli e chiese di Cristo siamo chiamati ad operare nel nostro tempo.

Altro esempio: nel 2025 la Chiesa Cattolica Romana si prepara ad aprire le Porte Sante delle quattro Basiliche papali di Roma per dare il via al Giubileo e offrire perdono per i peccati a tutti i pellegrini che le attraverseranno. Le statistiche ci dicono che Roma si appresta ad accogliere 35 milioni di persone che verranno da tutto il mondo appositamente per questo evento. Ma non è qualcosa che riguarda Roma soltanto, perché molte altre Porte della Misericordia saranno aperte in ogni paese d’Europa (e nel mondo), porte da attraversare per ricevere, per la mediazione della Santa Madre Chiesa, l’indulgenza plenaria dai propri peccati. Anche questo grande evento mondiale risponderà ad un bisogno sincero di spiritualità in Europa, ma lo farà ancora una volta non attraverso puntando alla grazia di Cristo e alle verità dell’Evangelo, ma lo farà attraverso l’idolatria.

Come ci stiamo preparando alla missione che ci aspetta? Quando parliamo di chiesa, di cristiani, di missione non credo che possiamo trascurare di comprendere e definire la sfida che le grandi tradizioni cristiane, siano esse quella cattolica ortodossa o quella liberale portano alla missione in Europa.

Perciò mentre celebriamo l’impegno dell’AEI nei suoi 50 anni di storia, non c’è spazio per trionfalismi. Da un lato facciamo bene a comprendere sempre meglio il nostro campo di missione in Europa, e dall’altro come ha detto Lindsay Brown in quelle parole conclusive a Cape Town nel 2010, ciò di cui abbiamo ancora più bisogno è di “avere chiarezza, soprattutto su quattro cose: 

  • le rivendicazioni esclusive di Cristo; 

  • il significato della morte di Cristo; 

  • la necessità della conversione;

  • lo stato di perdizione dell'umanità”.