La cena del Signore: i dibattiti nel Medioevo
Nel dialogare coi cattolici impegnati, si sente spesso dire che la concezione cattolica dell’eucaristia è quella più antica e che tutti l’hanno sostenuta nel corso dei secoli. La realtà è ben diversa. Nel corso della storia della chiesa, l’eucarestia o cena del Signore non è stata mai discussa come agli inizi del medioevo e non è dunque vero che essa sia sempre stata creduta e praticata nel modo in cui il cattolicesimo la intende. Questi dibattiti antichi sono stati al centro di una tappa del modulo di teologia storica “Una così grande schiera di testimoni” a cura dalle chiese evangeliche Breccia di Roma, Breccia di Roma S. Paolo e Breccia di Roma Prati. Il modulo era iniziato con una sessione introduttiva sul medioevo teologico in cui erano stati messi in evidenza le linee evangeliche e quelle devianti che si riscontrano in questo periodo della storia della chiesa. Il testo di riferimento è stato il fascicolo “Letture medievali (VI-XI secolo)”, Studi di teologia (2022) N. 67.
La discussione sulla Cena riprende vigore all’inizio nel IX secolo quando a Corbie il monaco Pascasio Radberto (785-865) sostiene “la realtà fisica” della Cena del Signore, vale a dire che il pane e il vino, dopo la consacrazione diventano corpo e sangue di Cristo, uguale al corpo fisicamente nato da Maria. A Radberto si oppone Ratramno di Corbie che, al contrario, sostiene una concezione dell’eucarestia marcatamente simbolica. L’identità tra il corpo di Cristo storico e quello sacramentale è negata. Ratramno ritiene che il pane eucaristico è figura (simbolo) del corpo di Cristo, non la sua veritas (realtà). Nel pane e nel vino non avviene alcun cambiamento sostanziale, in quanto il corpo ed il sangue di Cristo sono raffigurati in essi in modo spirituale. Ratramno nel sostenere la sua tesi fa un’analogia col battesimo. L’acqua battesimale lava materialmente il corpo, essa simbolicamente parla della purificazione operata dallo Spirito Santo al cuore. Così, il pane ed il vino della Cena cibano il corpo, ma simbolicamente cibano lo spirito di chi li prende.
Nell’XI secolo lo scenario di un altro acceso confronto è quello tra Lanfranco di Canterbury (1005-1089) e Berengario di Tours (998- 1088). Il tema oggetto di discussione rimane lo stesso: il senso della Cena è dato dalla presenza reale e materiale di Cristo nel cui corpo il pane ed il vino sono stati trasformati o la presenza di Cristo è spirituale e raffigurata dalle specie del pane del vino? In questo secondo dibattito interviene l’autorità ecclesiastica: nel 1050 a Vercelli viene celebrato un concilio, sotto Leone IX, nel quale le dottrine di Berengario vengono condannate. Al Sinodo di Roma (1059) viene imposta una confessione di fede a Berengario contraria alle sue convinzioni poi ribadita da un altro sinodo a Roma (1073) a seguito del fatto che Berengario l’aveva ripudiata e aveva ripreso a diffondere le sue idee precedenti. La vittoria della tesi eucaristica di Radberto e Lanfranco porterà ad un ulteriore sviluppo segnato dal Concilio Lateranense IV (1215) quando la dottrina della transustanziazione, l’idea secondo cui avviene la trasformazione del pane e del vino in corpo e sangue di Cristo diventa dogma del cattolicesimo romano.
Delle copie sopravvissute del De Corpore di Berengario hanno influenzato la teologia della Riforma protestante nella risignificazione della Cena del Signore in chiave più vicine alle categorie bibliche. Mentre Lutero affermava la reale presenza di Cristo negli elementi del pane e del vino, pur con l’intenzione distanziarsi dalla dottrina medievale della transustanziazione, Zwingli sostiene invece che il pane e il vino hanno più un valore simbolico del corpo e del sangue di Cristo, perciò, la Santa Cena diventa commemorazione della croce. Calvino e Vermigli, diversamente, sostengono il solo ricevimento spirituale del corpo e del sangue del Signore Gesù.
Come si evince, la Riforma protestante non “innova” la dottrina eucaristica, ma si colloca sulla scia delle voci medievali di Ratramno e Berengario.