Loci Communes

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Le (discutibili) proposte pastorali cattoliche per il dialogo inter-religioso

In un libro recentemente discusso su Loci Communes (22 luglio 2021), il teologo cattolico Francesco Celestino offre alcuni consigli e spunti su come la chiesa (cattolica romana) possa e debba incontrare l'umanità, volendo stare vicino alla gente ed accompagnarla. L’intenzione è encomiabile, ma il risultato mostra molto bene come il cattolicesimo romano contemporaneo consideri l'evangelizzazione e la missione. 

Se dovessi conoscere una persona di un'altra fede (presumendo che tu sia un credente in Gesù Cristo) e iniziaste a parlare delle vostre fedi, cosa gli diresti? Come andrebbe il vostro discorso? Quale sarebbe il tuo obiettivo? Quali sarebbero le fondamenta del discorso? Nel suo libro Celestino offre al cattolico romano alcuni consigli pastorali per situazioni simili. Giustamente sottolinea l'importanza di testimoniare con carità e verità la propria appartenenza religiosa. Poi, però, aggiunge il commento seguente: "In altre parole, si tratta di una pastorale della comunione e della fraternità che ha come fondamento la collaborazione, la solidarietà, l'apertura alla convivenza delle differenze, ponendo l'accento su ciò che unisce e non su ciò che divide" (F. Celestino, Una chiesa che vuole incontrare l'uomo: Per una vita pastorale alla luce dell'Evangelii gaudium, Città del Vaticano, LEV 2021, p. 216). 

È sia interessante sia importante notare le fondamenta proposte da Celestino su cui la pastorale interreligiosa deve essere basata. Esse sono la collaborazione, l'apertura alla convivenza delle differenze e la solidarietà. Inoltre, Celestino è molto chiaro sul fatto che il credente non deve parlare delle cose che tendono a dividere persone di fedi diverse (cioè gli aspetti distintivi dell'evangelo), ma deve invece evidenziare gli aspetti delle fedi che promuovono l'unità. Tale approccio favorisce l'esito voluto: la collaborazione, la solidarietà, l'apertura. 

C'è un'altra citazione che merita la nostra attenzione. Subito dopo il suo consiglio sulle fondamenta del discorso interreligioso, Celestino cita un documento del Pontificio consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, intitolato Erga migrantes caritas Christi (La carità di Cristo verso i migranti). La citazione viene dal paragrafo 69, che dice: "Il dialogo tra le religioni non deve... essere inteso soltanto come ricerca di punti comuni per insieme costruire la pace, ma soprattutto come occasione per recuperare le dimensioni comuni all'interno delle rispettive comunità. Ci riferiamo alla preghiera, al digiuno, alla vocazione fondamentale dell'uomo, all'apertura al Trascendente, all'adorazione di Dio, alla solidarietà tra le Nazioni". Il documento poi prosegue: "Tuttavia, deve restare per noi irrinunciabile l'annuncio, esplicito o implicito, secondo le circostanze, della salvezza in Cristo, unico mediatore fra Dio e gli uomini, al quale tende tutta l'opera della Chiesa, in modo tale che né il dialogo fraterno né lo scambio e la condivisione di valori "umani" possano sminuire l'impegno ecclesiale di evangelizzazione". 

Sembrerebbe che le contraddizioni dei consigli pastorali di Celestino e del documento pontificio sul dialogo interreligioso siano ovvie, ma apparentemente non è così. In ogni caso, fanno sorgere preoccupazioni e domande importanti. Per esempio, com'è possibile insistere sulla proclamazione della salvezza in Cristo Gesù, l'unico mediatore fra Dio e gli uomini, e insistere anche sugli aspetti che uniscono le diverse religioni, minimizzando gli aspetti che dividono? Com'è possibile evidenziare le convinzioni condivise tre la fedi, e sottolineare anche la dedizione della chiesa all'evangelizzazione? Queste giustapposizioni, quando esaminate e capite alla luce della parola di Dio, non sono veramente compatibili e rappresentano problemi seri per la chiesa cattolica. Non sono utili consigli pastorali. Inoltre, questo modo di pensare è stato recentemente affermato da papa Francesco nella sua lettera enciclica Fratelli tutti. In altre parole, rappresentano molto accuratamente gli insegnamenti attuali della chiesa cattolica sul dialogo interreligioso, sull'evangelizzazione e sulla missione della chiesa. 

Che dire? Senza pretese di esustività, anzitutto è importante notare che per natura e per disegno, l'evangelo di Gesù Cristo non unisce, ma semmai divide. Cristo stesso rende questo molto chiaro nel vangelo di Matteo 10,34-39. L'evangelo di Cristo mette in crisi la vita di colui/colei che si imbatte nella croce e presenta un punto di non ritorno. Ecco perché Paolo può parlare della fede in Cristo come una nuova creazione, la vecchia vita essendo stata trasformata e rinnovata dall'evangelo (2 Corinzi 5,17). 

C’è di più. La pace, la solidarietà, la collaborazione e la coabitazione sono tutte cose perseguibili anche quando le caratteristiche distintive dell'evangelo di Gesù Cristo vengono mantenute con fedeltà e con franchezza. È falso e fuorviante suggerire che queste cose non siano più possibili quando la testimonianza cristiana sfida una persona a lasciare la propria fede e a fidarsi di Gesù Cristo. Ecco perché Paolo sottolinea la necessità dell'amore nel parlare e nella condivisione della fede. Se manca l'amore, la persona che parla e condivide è come un rame risonante o uno squillante cembalo (1 Corinzi 13). Il suggerimento che la coabitazione pacifica in una società pluralistica sia possibile solo se i tratti distintivi dell'evangelo vengono sminuiti a favore delle caratteristiche comuni non è biblico. La Bibbia parla di un cristiano pienamente dedito sia alla proclamazione dell'evangelo con tutti i suoi punti distintivi, sia alla coabitazione pacifica con i vicini di altre religioni (1 Pietro 2,11-12). 

Nelle suddette citazioni di Celestino e del Pontificio consiglio è difficile capire cosa intendono quando parlano di evangelizzazione. Questo è dovuto alla natura contraddittoria dei consigli pastorali suggeriti per il dialogo interreligioso. Quando i tratti distintivi dell'evangelo sono custoditi e proclamati fedelmente, il significato dell'evangelizzazione è molto più chiara. È l'annuncio di Cristo crocifisso, un messaggio che chiama al ravvedimento e all'abbandono della vecchia vita e che celebra la nuova vita e la nuova creazione in Cristo Gesù. "Allora Gesù disse ai suoi discepoli: Se uno vuol venire dietro di me, rinunzi a sé stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la sua vita, la perderà; ma chi avrà perduto la sua vita per amor mio, la troverà. Che gioverà a un uomo se, dopo aver guadagnato tutti il mondo, perde poi l'anima sua? O che darà l'uomo in cambio dell'anima sua?" (Matteo 16,24-26). 

Mentre cerca il bene del prossimo e di vivere in pace con tutti, il compito del cristiano è di proclamare l'evangelo con franchezza, con coraggio e con amore. Rimanendo fedele all’evangelo troverà anche gli strumenti pastorali utili per condividerlo senza rinunciare a proclamarlo nella sua interezza.


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