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LifeComp e l’educazione europea del futuro (I): di cosa si tratta?

LifeComp[1] è un documento del 2020 dell’Unione Europea che vuole dare un indirizzo all’educazione e, in qualche modo, potremmo (o dovremmo) probabilmente sentirne gli effetti anche in Italia nel futuro. Il percorso di formazione per docenti orientatori e tutor dell’orientamento del Ministero dell’Istruzione e del Merito, per esempio, richiama spesso il LifeComp come documento di riferimento per i docenti. Se vi state interrogando su cosa sia il Ministero dell’Istruzione e del Merito, vuol dire che è passato qualche tempo da quando questo articolo è stato scritto. Non preoccupatevi, i Ministeri in Italia a volte cambiano nome[2].

Quello che si intende fare con questa serie di articoli è scorrere rapidamente i punti salienti del documento notandone i punti di forza e di debolezza da un punto di vista cristiano, mentre nel presente articolo ci si limiterà ad analizzare la parte introduttiva del documento (i primi due capitoli). Approcciandosi a documenti di questo tipo, non ci si può aspettare che il punto di vista sia quello cristiano, anche perché tra i circa 450 milioni di abitanti dell’Unione Europea la percentuale di cristiani evangelici non è certamente elevata. Tuttavia, per la grazia comune del Signore, questi documenti possono avere anche delle ricadute positive sulle nostre chiese, oltre che aspetti che possiamo condividere mantenendo una visione del mondo ortodossa e saldamente cristocentrica.

Collin Hansen, parlando nel 2008 da una prospettiva statunitense, ha affermato: “La catechesi dopotutto non è morta. È solo che molte chiese e famiglie hanno ceduto questa responsabilità alle scuole pubbliche. Come risultato, gli adolescenti possono esprimere una profonda comprensione della tolleranza, ma non della giustificazione. Conoscono i problemi della gravidanza precoce, ma non temono il Dio che ordina la santità”[3]. Nessuno può dirsi totalmente estraneo all’educazione (come verrà specificato meglio tra un attimo), quindi è necessario essere informati su come l’Unione Europea, nella quale viviamo, ha deciso di indirizzare l’educazione. Occorre una contro-catechesi[4] cristiana che dia gli strumenti per una corretta visione del mondo centrata sulla Parola di Dio e non sugli assunti della cultura contemporanea.

Cos’è il LifeComp
Il LifeComp è scritto per impattare l’educazione formale, informale e non-formale[5]. La scuola deve quindi lavorare nella cornice del LifeComp, ma non solo. Anche le chiese locali e i ministeri paraecclesiali contribuiscono alla formazione delle persone e devono quindi capire in quale contesto si inseriscono. Sarà utile capire la cornice del LifeComp per le agenzie educative evangeliche in modo da inquadrare quanto di buono in una cornice biblica ed essere sentinelle che segnalano il pericolo in arrivo quando necessario. Molto più semplicemente, le nostre chiese locali dovranno tenere conto di questa grande cornice delle competenze del LifeComp perché gli studenti italiani ed europei saranno formati in questa cornice e quindi le guide locali sapranno su cosa far leva e quali possano essere i punti deboli della prossima generazione cristiana.

Il LifeComp non nasce dal nulla. Nel 2018 l’Unione Europea aveva emanato la Raccomandazione del Consiglio del 22 maggio 2018 relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente insistendo sul fatto che la scuola non sia fatta solo di nozioni da imparare, ma di competenze da acquisire. “In un mondo in rapido cambiamento ed estremamente interconnesso ogni persona avrà la necessità di possedere un ampio spettro di abilità e competenze e dovrà svilupparle ininterrottamente nel corso della vita. [...] Le competenze sono definite come una combinazione di conoscenze, abilità e atteggiamenti”[6]. Ecco che il LifeComp, assieme ad altri documenti di questo tipo[7], si innesta sulla pista precedentemente tracciata affermando che “nelle nostre società in rapida trasformazione, i cittadini necessitano di sviluppare competenze che permettano loro di gestire con successo le sfide poste dalle molte transizioni che hanno luogo nel loro lavoro, nelle loro sfere personali e nella società”[8].

Da un punto di vista cristiano la descrizione offerta dal documento, ovviamente, non considera Dio che si serve delle transizioni e delle sfide per agire nelle nostre vite. Cristianamente, però, possiamo inquadrare questo obiettivo del LifeComp nel pensare a una prossima generazione di cristiani come responsabilità della famiglia, della chiesa (nelle sue articolazioni locali e paraecclesiali) e non di sola competenza della scuola statale. In questo senso l’obiettivo del LifeComp risulta essere pienamente inquadrabile nell’azione della famiglia, della chiesa locale e dei ministeri paraecclesiali che operano sul territorio europeo. Inoltre è interessante l’utilizzo del termine “sfere”[9] di kuyperiana memoria che, dal punto di vista cristiano, riconosce che nell’unitarietà della vita del soggetto vi sono ambiti che restano in qualche modo autonomi anche se collaboranti.

Il LifeComp si articola in 9 competenze raggruppate in 3 aree (personale, sociale e imparare a imparare). Ogni competenza è declinata in 3 descrittori: consapevolezza, comprensione, azione; i descrittori non sono una sequenza o gerarchia, ma dimensioni che ogni individuo può sviluppare a livelli differenti[10]

L’obiettivo del LifeComp
La competenza chiave che il documento si prefigge di dare nel complesso “include l’abilità di far fronte all’incertezza e alla complessità, di imparare a imparare, supportare il benessere fisico ed emotivo, preservare la salute fisica e mentale e di essere in grado di guidare una vita orientata al futuro consapevolmente sana, empatizzando e gestendo il conflitto in un contesto inclusivo e d’incoraggiamento”[11].

Notiamo almeno quattro aspetti, due negativi e due positivi in questa grande competenza chiave che riassume il LifeComp. (1) In senso negativo possiamo certamente notare come si parli di fisico/mente e fisico/emozioni, trascurando totalmente l’aspetto spirituale dell’essere umano che non può essere ridotto a mera componente fisica, mentale o emotiva (o combinazione di essi).

Positivamente possiamo però notare come (2) non si sia ridotto tutto al solo aspetto fisico-materiale e (3) come il materiale e l’immateriale vengano allacciati in modo stretto nel discorso, riconducendo il benessere all’unitarietà della persona. Nella prospettiva cristiana dobbiamo enfaticamente affermare che il benessere della persona deve necessariamente tenere conto anche del lato spirituale dell’essere umano, ma d’altra parte dovremmo probabilmente essere cauti nel non ricondurre sempre ogni malessere a cause spirituali, riconoscendo e incoraggiando ciascuna persona anche alla cura della salute del proprio corpo, della propria mente e delle proprie relazioni interpersonali (sia all’interno che all’esterno della famiglia di Dio).

Infine (4) occorre notare negativamente come il conflitto debba, nella visione del mondo del documento, essere sempre gestito in modo inclusivo e incoraggiante; non è questa la prospettiva biblica che, pur nel rispetto delle scelte di ciascuno, ci invita a essere sentinelle che richiamano l’empio alla conversione (Ezechiele 33,1-11), ossia non lo incoraggiano, ma anzi lo invitano a cambiare rotta. La Bibbia non invita i cristiani a cambiare gli altri in modo coercitivo, ma chiama ciascun essere umano al ravvedimento davanti al conflitto con Dio. Il nostro atteggiamento deve quindi essere dialogante e pronto ad articolare le motivazioni che ci guidano, ma non può ricondursi in tutte le singole occasioni a essere inclusivo. L’incoraggiamento di cui parla il documento non è chiaro in quale direzione vada, ma il cristiano è tenuto a incoraggiare alla lettura della Bibbia e alla conoscenza di Dio e a incoraggiare coloro che sono lontani da Lui a ravvedersi cambiando rotta nella loro vita.

I presupposti del LifeComp
Il LifeComp riconosce che le visioni del mondo sono plurali: “Sebbene ogni società abbia un dibattito permanente su quali valore adottare e promuovere, e gli Stati possano avere differenti approcci verso l’insegnamento dei valori comuni, l’Unione Europea ha sempre sottolineato la rilevanza dei suoi valori comuni fondativi come una guida per immaginare nuove vie di fare scuola, per imparare e per relazionarsi con gli altri e con l’ambiente”[12].

I valori comuni a cui il documento fa esplicito riferimento in una nota sono quelli riportati nell’articolo 2 del Trattato sull’Unione Europea: “L'Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini”.

Ovviamente è difficile capire come questi valori comuni possano restare in piedi al di fuori della cornice della rivelazione cristiana che offre loro un fondamento esterno e immutabile, un fondamento dettato da un Dio con il quale l’uomo non può contrattare a seconda del luogo e dell’epoca in cui vive. Certamente potremmo rilevare delle criticità analizzando da un punto di vista biblico con una persona che ragiona in una cornice di senso esclusivamente antropologica queste assunzioni del LifeComp. Potremmo trovarci in disaccordo sulla lettura da dare a espressioni come (1) “parità tra donne e uomini”; (2) interrogarci sul fatto che alcune minoranze, variabili nel tempo e nello spazio, paiono avere più diritto di parola di altre in quanto più allineate al pensiero contemporaneo (per esempio, attualmente, i gruppi LGBT+ rispetto alla voce evangelica)[13] e (3) quando inizi la vita umana per poterne difendere i diritti. Resta, in definitiva, una certa tensione, tipica della poliedrica ed eterogenea società occidentale, tra i “valori comuni” e le minoranze che ne compongono la pluralità, le quali potrebbero leggere i “valori comuni” in modo differente dalla maggioranza o dalle altre minoranze. Questi sono il luogo e il tempo nel quale il Signore ci ha posti per vivere ed essere suoi testimoni nel mondo. Lo sfondo in cui si muove il documento, nonostante le criticità e tensioni rilevate, pare un buon punto di partenza anche da un punto di vista cristiano perché tutela la libertà religiosa e di espressione, il rispetto della dignità umana voluta da Dio nel progetto creazionale, la giustizia umana che deriva dalla giustizia divina.

Un ultimo aspetto della sezione introduttiva del LifeComp che pare particolarmente interessante dal punto di vista cristiano è la prospettiva olistica con cui il documento si accinge a definire le competenze[14], riflesso di una comprensione olistica della persona che abbiamo già avuto modo di notare precedentemente. “Tutte le competenze incluse nella cornice [del LifeComp] sono, quindi, egualmente rilevanti, necessarie, correlate e interconnesse e dovrebbero essere trattate come parte di un tutto”[15]. Questa dovrebbe essere anche la prospettiva cristiana che guarda alla persona nella sua interezza. Nella grazia comune di Dio il LifeComp è un utile strumento per evidenziare che l’educazione è molto più che conoscenze e abilità, ma non sarà in grado di innescare quel cambiamento personale e comunitario che auspica.

(continua)

[1] European Commission, Joint Research Centre, Sala, A., Punie, Y., Garkov, V., et al., LifeComp: the European Framework for personal, social and learning to learn key competence, Publications Office of the European Union, 2020, https://data.europa.eu/doi/10.2760/302967. Il testo del documento è in inglese e non ne esiste una traduzione ufficiale italiana.
[2] Il Ministero a cui ci si riferisce dovrebbe aver cambiato nome circa 7 volte solo all’interno della cosiddetta Seconda Repubblica.
[3] Collin Hansen, Young, Restless, Reformed, Wheaton, Crossway 2008, p. 14.
[4] Prendo in prestito il termine da Tim Keller (Tim Keller, How to reach the west again, Redeemer City to City, 2020, pp. 37-45).
[5] La suddivisione dell’apprendimento in questi tre ambiti è ormai consolidata e il LifeComp vorrebbe impattare su tutte e tre gli ambiti. Citando Federico Batini (Professore di Pedagogia Sperimentale, Metodologia della ricerca educativa, dell’osservazione e della valutazione, Metodi e tecniche della valutazione presso l’Università degli Studi di Perugia): “Apprendimento formale: si tratta di quell’apprendimento che avviene in un contesto organizzato e strutturato (in un’istituzione scolastica/formativa), è esplicitamente pensato e progettato come apprendimento e conduce ad una qualche forma di certificazione; Apprendimento non formale: è l’apprendimento connesso ad attività pianificate ma non esplicitamente progettate come apprendimento (quello che non è erogato da una istituzione formativa e non sfocia normalmente in una certificazione, ad esempio una giornata di approfondimento su un problema lavorativo nella propria professione); Apprendimento informale: le molteplici forme dell’apprendimento mediante l’esperienza risultante dalle attività della vita quotidiana legate al lavoro, alla famiglia, al tempo libero, non è organizzato o strutturato e non conduce alla certificazione (ad esempio un’appartenenza associativa)”. (http://pratika.net/wp/risorse/apprendimento-formale-non-formale-informale/)
[6] Allegato alla Raccomandazione del Consiglio del 22 maggio 2018 relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente.
[7] Sicuramente si possono citare il DigComp, l’EntreComp (citati a p. 4 del LifeComp) e il GreenComp (che è successivo al LifeComp, essendo stato pubblicato nel 2022).
[8] LifeComp, p. 10.
[9] “Spheres” nel testo inglese. Per approfondire la sovranità delle sfere in Kuyper, vedi qui.
[10] LifeComp, p. 19.
[11] LifeComp, p. 11.
[12] LifeComp, p. 12.
[13] Per esempi recenti si veda il caso di Päivi Räsänen, ex Ministro dell’Interno finlandese, o il caso degli attivisti di estrema destra che bruciano il Corano pubblicamente in luoghi sensibili.
[14] LifeComp, p. 19.
[15] LifeComp, p. 19.


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