L’ultimo Montalbano, l’uomo irrisolto

 
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So di essere in buona compagnia quando affermo la mia simpatia per la serie televisiva su Montalbano basata sui racconti di Andrea Camilleri. Pur non essendo un “fan”, mi hanno sempre affascinato gli intrecci narrativi delle storie e la ricerca sui personaggi talvolta macchiettistici, la fotografia intensa che ritrae scampoli struggenti di Sicilia, i dialoghi intrisi di colorite espressioni dialettali e, poi, i personaggi principali: Fazio, Mimì, Catarella, Livia e lui: Salvo Montalbano (Luca Zingaretti), il commissario. Un’umanità variegata in cui rivedere e rivivere tante dinamiche sociali quotidiane.

Dopo la morte di Camilleri e dello storico regista della serie Alberto Sironi, c’era molta attesa per la puntata della serie andata in onda l’8 marzo “Il metodo Catalanotti”. Come altri milioni di telespettatori, anch’io l’ho guardata e le attese non sono state tradite. Una storia tipicamente camilleriana, con l’aggiunta di complessità narrative ancor più ricche, come il plot nel plot della compagnia di teatro. Non entro in analisi ulteriori che non saprei fare.

Quello che mi ha dato particolarmente a pensare è stata la figura di Montalbano. Il commissario solitamente incarna un uomo professionalmente deciso, dall’intelligenza fulminea, sagace nell’intuizione, umanamente ruvido, molto maschio, con alcuni lati irrisolti. Mentre altri rapporti umani di Montalbano sono stabilizzati, pur essendo in età matura, la relazione con Livia è ancora indefinita: loro vivono a distanza, si vedono saltuariamente, ogni tanto si telefonano, fanno sesso occasionale senza impegni di vita reciproci, in un rapporto mezzo coinvolgente e mezzo no. Si dicono “fidanzati”, ma la loro storia è sempre sospesa. 

In “Il metodo Catalanotti” nella vita di Montalbano irrompe Antonia (Greta Scarano), giovane collega poliziotta trasferita a Vigata. Montalbano se ne innamora e la relazione “a distanza” ed irrisolta con Livia viene messa alla prova. In occasione di una delle telefonate con Livia che chiede spiegazioni sul motivo per cui Montalbano non vuole che vada a trovarlo, il commissario rimane impietrito, paralizzato nella lingua, in totale confusione. I suoi mondi affettivi collidono e i suoi precari equilibri crollano. Il solitamente vispo e decisionista Montalbano si mostra incapace di affrontare la situazione: non sa dire la verità a Livia, non sa dire più nulla. Di più: il suo sguardo è nel nulla. Montalbano non guida più la situazione, è lui a subire ciò che gli è sfuggito di mano. Infatti, è Livia che capisce per lui e si dà una spiegazione. La relazione irrisolta si spezza. Il nodo non stretto si scioglie. Il rapporto mai definito in termini d’impegno di vita si volatilizza.

La storia va avanti. Alla fine, Montalbano, avendo rotto con Livia ed in un crescendo di passione per Antonia, si espone in modo insolito per lui dicendo ad Antonia che non avrebbe vissuto senza di lei e che il suo futuro sarebbe stato sempre con lei. Mai Montalbano aveva detto una cosa simile, a nessuno. Eppure, non aveva fatto i conti con l’indipendenza di Antonia che, contro le sue aspettative, gli risponde di “no”: nonostante quello che era successo tra loro, lei sarebbe rimasta sola, libera. Fine della puntata. Fine della storia? Per ora sì.

Dunque, Montalbano è un uomo risoluto e sveglio, ma irrisolto. Il non voler assumere impegni alla fine lo rende incapace di dirsi e di dire la verità. Quando è lui a voler impegnarsi, è l’altra a non volerlo. Montalbano cade nella buca che lui stesso aveva costruito. Da pensare di essere “gestore” degli altri, in realtà è “gestito” da altro. In un modo di relazioni fluide ed irrisolte, non si può contare veramente su nessuno, nemmeno su di sé. Gli equilibri precari, in assenza di impegni, vengono giù. Quanti uomini, anche nelle chiese evangeliche, sono irrisolti, incompiuti, pattiziamente fragili negli impegni presi e alla mercé degli incontri che fanno. Quanti Montalbani si trovano tra noi. Quanto Montalbano siamo noi.

Tutto ciò mi ha fatto pensare alla figura di Erode in Marco 6,14-39, un campione di irrisolutezza. All’inizio della storia lui pensa di avere in pugno la sua vita: da un lato Giovanni Battista, dall’altra Erodiade, andando a piacimento dall’uno e dall’altra, come un Montalbano qualunque. Poi arriva il giorno in cui i suoi trasformismi cessano e sono altri a decidere per lui. Lui non può che assistere zitto e muto di fronte ad un corso di eventi che non ha scelto e che lo hanno travolto. Un uomo irrisolto prima o poi cade sotto gli scossoni della vita e si ritrova solo, senza neanche sapere dove si trova e perché.