Mala. La Roma criminale nel libro di Francesca Fagnani

 
 

Niente arte, niente storia, niente bellezza, turismo, religione o cultura. Nessuno degli aspetti per cui Roma è maggiormente conosciuta compare nel nuovo libro-inchiesta della giornalista Francesca Fagnani, Mala. Roma criminale, Milano, SEM 2024.

Il racconto di una capitale malavitosa e spietata è ai primi posti della classifica dei libri più letti questa primavera e sta facendo parlare di sé. Sarà per la notorietà dell’autrice, conduttrice del programma cult Belve, o per il fascino del racconto, il successo del libro sta imponendo una nuova lettura della città da cui emerge chi sono i padroni che aspirano a gestirla.

Si è abituati, di solito, ai racconti sugli intrighi di palazzo, sui misteri Vaticani, sui sotterfugi della politica, ad una Roma dove tutto il marcio si svolge nel segreto dei luoghi di potere. E invece no. Quella di Mala è una Roma dove si spara in pieno giorno, dove si lasciano i morti per strada, dove sistematicamente si sequestrano e torturano persone, dove ci si spartisce il potere con giochi di forza criminale in cui nessuna ferocia è risparmiata. Non è la Roma delle periferie remote, ma di un sistema che governa ogni centimetro del territorio e che, molto ecumenicamente, tiene dentro mafia, camorra, ndrangheta, gruppi autoctoni, albanesi, sinti e criminali internazionali.

Questo sistema così articolato sussistite per la gestione del narcotraffico. Tonnellate di cocaina ogni giorno, infatti, invadono la capitale e la corsa alla gestione del mercato e delle piazze di spaccio è spietata. 

Il libro della Fagnani racconta meticolosamente fatti e retroscena di questo sistema, i cui equilibri sono precari e sempre sull'orlo di sbilanciarsi dando vita a vere e proprie guerre tra gruppi criminali.

Tutto questo accade senza destare molta attenzione se non per sporadici racconti di cronaca, difficili da legare insieme. Esaminando le fonti giudiziarie, Fagnani ha provato a ricostruire rapporti e dinamiche di questo sottosuolo romano restituendo un’immagine sconcertante della Capitale.

L’inchiesta della cronista non dà giudizi morali o chiavi di lettura e si interessa più che altro alla ricostruzione delle vicende di cronaca degli ultimi anni, partendo, nello specifico, dall’omicidio del cosiddetto Diabolik, Fabrizio Piscitelli, capo ultras della Lazio, giustiziato con un colpo di pistola in pieno giorno nel 2019.

Il racconto dei personaggi e delle dinamiche però permette di chiederci che tipo di città è Roma e in che condizioni versa la società che la costituisce.

Sembrerebbe una città narcotizzata e avvelenata. Il non detto è che i gruppi criminali così estesi sono disposti ogni giorno a scontrarsi in una vera e propria guerra è perché il mercato della cocaina è il mercato più redditizio al momento. Fiumi di denaro della cosiddetta Roma bene, ogni giorno riempiono le tasche della malavita per l’acquisto di droga. La Roma della grande bellezza sembra quindi infettata da un’epidemia che ha anche risvolti criminali importanti.

Malavita da una parte e consumo massiccio di cocaina dall’altra raccontano di una città inquieta, complicata e sofferente che soccombe sotto il peso dei propri idoli[1]. I crimini sono infatti la punta dell’iceberg di un sistema corrotto più in profondità. Religiosità, istituzioni, e dolce vita sembrano non donare alcun sollievo ed essere vicoli ciechi e illusori.

L’inchiesta si ferma con l’auspicio che i criminali siano consegnati alla giustizia. Giusto, ma non basta. Vi è la necessità di una riforma secondo l’evangelo in un campo duro e violento come Roma. Purtroppo a Roma, non ci sono ancora luoghi evangelici dove elaborare queste letture della città e, con la preghiera e la concertazione di attività trasversali, trasformarle in progetti in vista di un cambiamento. La Mala va affrontata arrestando i criminali e cambiando la cultura. Per arrestare basta il magistrato, per cambiare serve l’evangelo.

[1] Pax Romana, Religione del Sì e del No, Palazzo, Dolce vita