Mottarone, quando il "rischio calcolato" male porta ad un disastro

 
La rete di Roma per la fondazione di chiese

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“Rischio calcolato” è tornata in auge come espressione dopo che il Presidente del Consiglio Mario Draghi l’ha impiegata per motivare le aperture dopo le pesanti restrizioni del lock-down. Di fronte a possibili nuove ondate del contagio a seguito del ripristino di forme di vita normale, Draghi ha detto: è un “rischio calcolato”. Se le persone escono e si muovono, il rischio che il virus riprenda a circolare c’è, ma è ragionevolmente contenuto in base alle misure prese e ai loro prevedibili effetti. Dunque, un rischio calcolato. Sembra che i fatti gli stiano dando ragione. Il rischio della diffusione del virus non può essere eliminato, ma il calcolo per contenerlo si sta rivelando plausibile.

Per un rischio calcolato riuscito, ce n’è stato un altro che è stato tragicamente sbagliato. Mi riferisco al disastro del Mottarone dove una funivia è precipitata con a bordo 15 persone, di cui 14 sono morte. Il cavo di acciaio si è spezzato e il sistema che avrebbe dovuto mettere in salvo i passeggeri era stato manomesso. Le indagini sono ancora in corso, ma sembra che per ovviare ad un continuo blocco dell’impianto che richiedeva un intervento tecnico (quindi un costo aggiuntivo), i responsabili hanno preferito disattivare il sistema di protezione per mantenere operativa la funivia e quindi vendere biglietti ai visitatori e quindi fare soldi. Anche loro hanno agito in base ad un “rischio calcolato” in base a criteri perversi. Avranno pensato: “il rischio che il cavo di acciaio di spezzi è molto basso; dunque, possiamo disattivare il sistema di blocco continuando il nostro business come se niente fosse. Speriamo che tutto vada bene”. No, non è andata bene. Hanno calcolato maledettamente male. Il cavo si è spezzato e la funivia non si è fermata, ma è precipitata andandosi a schiantare. E’ stata una tragedia immane causata da un “rischio calcolato” criminalmente male.   

Il rischio non può essere eliminato in nessuna attività, in nessun istante, in nessuna circostanza. Vivere è rischioso. La vita è esposta a rischi continui. Non c’è un’esistenza “risk-free”. Salire su una funivia è rischioso, uscire di casa lo è, guidare l’auto, andare al supermercato, entrare in un locale, passeggiare per strada … tutto è rischioso! Ma c’è modo e modo di calcolare il rischio e di mettersi in situazioni a rischio e di mettere gli altri in situazioni di rischio. Quale coefficiente di rischio è accettabile e quale no?

Sono tutti interrogativi che costantemente ci facciamo o che, anche inconsciamente, affrontiamo. Se i turisti del Mottarone avessero saputo che la funivia non aveva sistemi di blocco sarebbero saliti? Quanto efficaci sono stati i sistemi di controllo sull’impianto aperto al pubblico peraltro pagante? Quale umanità hanno mostrato i gestori dell’impianto nel “calcolare” così spregiudicatamente il rischio mettendo a repentaglio la vita altrui per guadagnare di più?

Il “rischio calcolato” è un’attività propria della responsabilità regale. In quanto amministratori del mondo di Dio, siamo chiamati ad esercitare una forma di dominio delegato che deve gestire le fragilità e le potenzialità della vita in modo saggio, utile e solidale. Il rischio della vita va affrontato responsabilmente per sé, per l’ambiente e per gli altri. Con il peccato, anche la regalità è stata sovvertita da un mix letale di sopraffazione, menefreghismo, interessi propri idolatrati, irresponsabilità a tutti i livelli. Nella sua grazia comune, Dio permette ancora che il “rischio calcolato” possa portare a soluzioni accettabili, senza garanzie di vivere senza rischi, ma rendendoli comunque affrontabili per andare avanti. Nella sua opera di salvezza, il Re Gesù ha agito prendendosi il rischio di dare la sua vita e di riprendersela poi avendo vinto la morte. Egli invia i suoi a discepolare le nazioni re-imparando a vivere in modo regale in ogni sfera della vita, assumendosi il rischio calcolato della missione integrale. Quando calcoliamo male il rischio, stiamo fuoriuscendo dalla grazia comune, abusando del compito ricevuto e praticando una regalità malata. Al Mottarone, il rischio è stato maldestramente sottostimato e il calcolo è stato colposamente sbagliato. E’ stato un disastro di regalità deformata. 

Un’ultima riflessione. Anche al tempo di Gesù capitò un disastro simile per proporzioni: una torre a Siloe cadde e uccise 18 persone (Luca 13,4-5). Al di là di altre considerazioni, Gesù invitò tutti a ravvedersi perché in ogni caso sarebbero tutti morti allo stesso modo. Ecco: il Mottarone è stata una tragedia che ha mostrato tante crepe nel cuore malato dei responsabili. Detto questo, seguendo le parole di Gesù, dobbiamo dire che prima o poi, senza Cristo, vivremo tutti il nostro Mottarone. La funivia della nostra vita si schianterà. Il cavo d’acciaio delle nostre sicurezze si spezzerà. La gita agognata si trasformerà in un incubo mortale. La cima da raggiungere per vedere un panorama bellissimo sarà invece la nostra tomba da cui non ci risolleveremo più. Gli idoli a cui ci siamo affidati si riveleranno per quello che sono: gente senza scrupoli che vogliono il nostro male. Mentre preghiamo per il piccolo Eithan sopravvissuto alla strage e per tutti coloro che piangono le vittime, calcoliamo bene il rischio della vita senza Cristo. 

Solo in Cristo possiamo essere sicuri. Come dice il Catechismo di Heidelberg (1563): “La mia unica consolazione in vita e in morte sta nel fatto che col corpo e con l'anima, in vita e in morte, non sono più mio, ma appartengo al mio fedele Salvatore Gesù Cristo, il quale col suo prezioso sangue ha pienamente pagato il prezzo di tutti i miei peccati e mi ha redento da ogni potere del diavolo; e mi preserva così che neppure un capello può cadermi dal capo senza la volontà del Padre mio che è nel cielo; ed anzi ogni cosa deve cooperare alla mia salvezza. Pertanto. per mezzo del suo santo Spirito egli mi assicura anche la vita eterna e mi rende di tutto cuore volenteroso e pronto a vivere d'ora innanzi per lui”.