Omotransfobia: una preoccupazione e una proposta
In questi giorni è stato presentato un disegno di legge sulla omotransfobia che sarà discusso dal Parlamento italiano nei prossimi mesi. Già nel 2013-2014 l’Alleanza Evangelica Italiana aveva dedicato al tema una certa attenzione con un importante documento: Legge sull’omofobia e libertà di parola. Si possono conciliare? (2013) e organizzando un convegno (17/1/2014) il cui resoconto è molto utile anche per la discussione attuale: Omofobia: le pericolose incertezze e i necessari chiarimenti . Il 6 marzo 2020 l’AEI aveva emesso un comunicato a commento della discussione parlamentare dal titolo “Combattere l’omofobia sì, imporre il pensiero unico no”. Il 3 luglio sempre l’AEI ha organizzato un confronto pubblico con il relatore del ddl (Alessandro Zan, PD) e altre personalità politiche e culturali. La registrazione video di questo dibattito è disponibile sul canale YouTube dell’AEI.
Questo per dire che ci sono molti materiali già disponibili per approfondire la questione. In questo articolo mi soffermo su una preoccupazione che emerge dalla lettura del ddl e su una proposta da considerare.
La preoccupazione è la seguente: i termini impiegati nel ddl sono vaghi, generici e una specie di contenitore in cui poter mettere tutto o quasi. Si parla di “discriminazione” contro le persone LGBTI: ma cosa vuol dire in concreto? Mentre l’istigazione alla violenza va combattuta penalmente e soppressa, cosa vuol dire “discriminare”? Non è un concetto troppo “emotivo” per essere oggetto di una fattispecie di reato? E poi, il ddl parla di contrasto alla discriminazione in base al “sesso, genere, identità di genere, orientamento sessuale”. Mentre il sesso ha connotati sufficientemente stabili, le altre espressioni sono fluide e non c’è accordo sul loro significato. Questa vaghezza cosa comporterà?
Ecco alcuni possibili scenari:
Sarà la magistratura che definirà i termini lasciati in sospeso. Si può lasciare ai tribunali il compito di definire tutto, quando c’è di mezzo un reato?
Si creerà un clima di intimidazione culturale al rovescio verso le voci che non si allineano alla teoria gender.
Si caricherà la scuola pubblica di “educare” in modo coatto al pensiero LGBTI, restringendo il pluralismo e la responsabilità dei genitori.
Si avrà la tendenza a criminalizzare le differenze ideologiche sull’identità umana, sessualità, matrimonio, educazione dei bambini, con la spada di damocle della denuncia penale per chi non è d’accordo con le tendenze “politicamente corrette”.
Una legge che crea così tante ambiguità, lascia così tanto spazio d’intervento alla magistratura, crea un clima fazioso e “invade” la scuola, non è una buona legge.
Dopo la preoccupazione, la proposta. La proposta è la seguente. Nel 2008 in Gran Bretagna venne approvata una legge simile. In quel testo venne anche inserito l’“emendamento Waddington”, dal nome del parlamentare che lo propose. Per salvaguardare il diritto di parola da parte delle comunità di fede (ma non solo), in modo da togliere spazio alle ambiguità di espressioni come “discriminazioni”, l’“emendamento Waddington” recita così: “a scanso di equivoci, il dibattere o il criticare condotte o pratiche sessuali o incoraggiare persone ad astenersi o modificare tali condotte o pratiche non sono considerabili, di per sé, minacciose o destinate a fomentare l’odio”.
Non sarebbe questo un modo per salvaguardare il diritto di parola, togliendo ogni dubbio sul fatto che, ad esempio, esprimere pubblicamente una visione biblica della sessualità non sia considerato una “discriminazione”?
Dopo essere stata vittima di un’ideologia religiosa di Stato (quella cattolico-romana), l’Italia corre il rischio di piombare in un’ideologia di genere imposta per legge. Da uno Stato Etico ad un’Etica di Stato. A farne le spese è la possibilità di una società plurale e laica in cui le diverse visioni si confrontino senza criminalizzazioni non nelle aule di tribunale, ma nella società. Questo è il contributo che la minoranza evangelica vuole dare alla discussione in corso.