Parole del 2020. Lockdown

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A volte è difficile pensare a tutto ciò che è accaduto quest'anno. Sicuramente a questo punto del 2019 nessuno di noi avrebbe pensato che saremmo entrati nel 2020 con un imminente protocollo a livello nazionale che avrebbe richiesto a tutti i cittadini e agli stranieri di entrare in un “lockdown”. Il 9 marzo 2020 il premier Giuseppe Conte ha decretato: "Da oggi l'Italia sarà zona protetta, le misure già previste dal Dpcm dello scorso 8 marzo saranno valide sull'intero territorio nazionale". Queste parole hanno effettivamente chiuso un intero paese e hanno cambiato il modo in cui abbiamo vissuto. La domanda più attuale per noi oggi è se questo lockdown abbia cambiato noi come persone, noi come chiese e noi come cristiani.

All'inizio del lockdown l'intero Paese si è radunato insieme, la gente cantava dai balconi, gli amici cenavano insieme utilizzando l'ormai nota piattaforma digitale Zoom e le famiglie appendevano cartelli alle finestre con le parole "tutto andrà bene". Dopo che i giorni si sono trasformati in settimane, le settimane si sono trasformate in quelli che sembravano mesi inimmaginabili, la frase ha perso il suo potere unificante, le persone hanno smesso di cantare, le cene Zoom sono diventate un ricordo del passato e le persone sono state lasciate a dover navigare una nuova normalità da sole per il loro futuro. Il lockdown ha tirato fuori dalle persone cose che erano riuscite a mascherare per tanto tempo; ora, in una situazione in cui le persone erano costrette a stare insieme o rimanere da sole, queste cose venivano smascherate e la loro vera identità veniva rivelata. Molte famiglie sono state danneggiate, molte relazioni sono finite e molte persone hanno lottato con la depressione e l'autostima mentre erano sole.

Mentre molti provavano queste emozioni, come andata per la chiesa evangelica? Come è uscita da questo lockdown? Ha delle ferite, delle situazioni irrisolte? E’ ancora una comunità che svolge il suo ruolo regale, sacerdotale e profetico dopo un periodo difficile? La risposta ha delle sfaccettature interessanti, incoraggianti e deludenti. Interessanti perché tante chiese hanno capito la loro responsabilità di continuare a riunirsi come chiese anche se dovevano imparare ad utilizzare un nuovo strumento come Zoom. Hanno fatto i loro culti digitali invitando i loro amici ad ascoltare l’evangelo di Gesù Cristo, hanno lodato il Signore, hanno pregato insieme mettendo in atto la fede in Cristo anche durante tempi difficili. La chiesa evangelica italiana, anche se in situazione di minoranza, è stata un incoraggiamento per tanti (non solo in Italia) grazie all’iniziativa dell’Alleanza Evangelica Italiana di riunire gli evangelici per una serie di incontri di preghiera per la nazione. In molti si sono uniti per pregare gli uni per gli altri e per la provvidenza di Dio in un momento di grande bisogno, mettendo da parte le differenze secondarie per essere uniti nella preghiera: un momento davvero incoraggiante nella storia delle chiese evangeliche.

Se vogliamo ricordare questo lockdown in modo onesto, non possiamo nasconderci il fatto che si sono verificate molte situazioni che dovrebbero farci riflettere. Mentre abbiamo ascoltato relazioni incoraggianti da parte di chiese che hanno trovato dei modi creativi per rimanere unite, abbiamo anche udito di casi scoraggianti in cui molte chiese hanno chiuso i battenti appena prima della "chiusura" e sono ancora oggi chiuse per paura o apatia. Ci sono cristiani che hanno colto questa opportunità per allontanarsi dalla chiesa per un motivo o per l’altro e per mai più tornare.  

Questo lockdown dovrebbe farci riflettere sul modo in cui viviamo dopo il lockdown. Se vogliamo essere una luce della vera eredità che abbiamo in Cristo Gesù che ci libera dalla chiusura del nostro cuore a motivo del nostro peccato, le nostre chiese non possono essere come alcune famiglie durante il lockdown, cioè disfunzionali e divise. Se vogliamo essere cristiani credibili, non possiamo vacillare come una barca sbattuta dal vento: il nostro impegno per il corpo di Cristo è valido sempre, non solo quando i tempi sono buoni o favorevoli. Il lockdown passerà, ma il piano di Dio di raccogliere i suoi figli in chiese che confessano il suo nome non passerà. La chiesa locale è al centro del disegno di Dio prima, durante e dopo il lockdown.