La pedagogia di Calvino (II). Strategie bibliche per la conoscenza
Uno dei contributi più profondi di Giovanni Calvino all’educazione cristiana fu di ripensare le basi dell’antropologia a partire dalle Scritture, in contrapposizione al pensiero dominante che si fondava sui classici della filosofia greca. La centralità dell’intelletto è superata per considerare la persona nella sua interezza, riscoprendo l’importanza della volontà umana, e senza tralasciare la verità della limitatezza e corruzione di entrambe, come sottolineato da Alex Sosler nel suo saggio “With No Will, There Is No Way: John Calvin on Education”, Christian Education Journal Vol. 20/1 (2023) pp. 87–103.
Sosler dimostra che questo non fu il solo contributo di Calvino. La riforma della visione antropologica, infatti, portò con sé un ripensamento della conoscenza e delle strategie educative nel suo ministero d’insegnamento. Esse hanno delle implicazioni profonde per ogni educatore oggi, nella chiesa, in famiglia e a scuola. La vera conoscenza di Dio (e di conseguenza del suo mondo) è radicata nel cuore, non nell’intelletto; non è semplice comprensione cerebrale, assenso intellettuale, ma è amore per l’oggetto della conoscenza. Essa genera trasformazione, servizio e ubbidienza. Questa nuova epistemologia ispira delle considerazioni pedagogiche straordinarie.
In primo luogo, l’obiettivo dell’educazione non è l’accumulo di informazioni, ma piuttosto l’amore per la verità in tutte le sue forme (non solo quella religiosa). Il suo orizzonte ultimo è l’amore per Dio in Cristo, Colui nel quale risiede tutta la sapienza e la conoscenza (Col 1,16–17, 2,3). Per ragionare correttamente bisogna prima desiderare e adorare correttamente. Siccome la volontà, i desideri e gli appetiti non sono per natura liberi dal peccato (tanto quanto l’intelletto) l’uomo necessita della grazia di Dio che crea un nuovo “appetito” per la verità e apre alla vera conoscenza. Un’educazione del cuore viene prima di quella della mente. Ciò non implica affatto astrattezza o misticismo. Piuttosto la conoscenza in tal modo avrà sempre un risvolto pratico, proprio perché tocca la persona intera. Nelle parole del Maestro per eccellenza: “se sapete queste cose, siete beati se le fate” (Gv 13,17). In un linguaggio pedagogico contemporaneo la conoscenza è sempre esperienziale, laboratoriale, attiva.
Alla luce di ciò l’educazione a casa, nella chiesa, a scuola deve appassionare, incendiare i cuori conducendoli sulla via del riorientamento delle passioni, affinché la volontà, spinta dal desiderio di vedere la verità del “teatro della gloria di Dio” che è il mondo, muova l’intelletto a ragionare e comprendere tale verità maestosa. Ora, se è vero che solo lo Spirito Santo può cambiare il cuore e la mente, qual è il compito dell’educatore? Secondo Calvino a lui/lei spetta di mettere a frutto tre strategie pedagogiche essenziali.
La prima è il pentimento: per conoscere Dio non è sufficiente procedere per dimostrazione razionale, bisogna attraversare il pentimento e la fede che passa per un cuore umile. Allo stesso modo qualunque altra conoscenza autentica parte dall’umiltà del cuore. L’umiltà implica apertura all’ascolto, al cambiamento, alla correzione, prontezza a mettersi in gioco nonostante i propri limiti, tutti elementi indispensabili all’apprendimento. Essa inoltre dispone lo studente a riconoscere che non è fatto per essere solo, ma per essere parte di una comunità da cui e con cui imparare; essa motiva alla rendicontazione, al confronto e a sentirsi responsabili e al servizio del mondo si cui fa parte. Il pentimento perciò è la via, non solo per conoscere Dio, ma per crescere nella vita e imparare.
La seconda strategia di apprendimento è quella dell'esortazione. Calvino scriveva che come il padre di Proverbi 9, noi necessitiamo di qualcuno che ci svegli, stimoli, rimproveri se è il caso, perché ha cura di noi, ed è interessato a farci acquisire saggezza, cioè quella conoscenza messa in atto. La letteratura scientifica oggi dimostra che la Scrittura ha ragione.
L'incoraggiamento, il rimprovero, la valutazione formativa, il feedback costruttivo dato dall’educatore e dall’insegnante sono essenziali a costruire un rapporto di fiducia tra maestro e studente, a riconoscere i propri punti di forza e debolezza, a orientare e modificare l’apprendimento, a correggere tendenze sbagliate, avendo a cuore la persona intera. L’esortazione e la correzione del cuore produrranno ordine nell’apprendimento e nella conoscenza. Ciò implica che l’educatore non può mantenere una “distanza accademica” che non implichi una relazione vera con le persone educate ed istruite.
La terza strategia è quella della meditazione o contemplazione. Il “teatro della gloria di Dio” va presentato, definito, spiegato all’intelletto ma poi merita riflessione e contemplazione. La conoscenza, infatti, implica un coinvolgimento personale, una relazione, un incontro, un’attenta riflessione, una passione per la cosa oggetto di studio. Lo studente deve passare, come scrive Sosler, da “cosa significa” al “cosa significa per me”. Il maestro deve invitare a questa scoperta, ad osservare la stessa cosa in modo nuovo, a osservare attentamente per smascherare errori e manipolazioni. Questa strategia preserva dall’illusione di uno studio astratto, neutrale, come quello di un osservatore esterno non coinvolto. Essa ci permette di vedere l’educazione come una relazione, lo studio come pensiero attento, critico non neutrale, pronto a prendere posizione nei confronti della cosa studiata.
Ciò che Calvino ha insegnato circa il cuore umano e la vera conoscenza è un bagaglio enorme per chiunque è impegnato in un compito di tipo educativo. L’educazione, lo studio, l’apprendimento sono attività che coinvolgono il cuore prima ancora che la mente? Ci chiamano ad una relazione con Dio? Che spazio ha lo sviluppo di queste tre abitudini - umiltà, esortazione e contemplazione - nei nostri approcci e metodi educativi, in famiglia, nella chiesa, a scuola? Emerge il quadro di una pedagogia che pur avendo aspetti comuni con molte intuizioni pedagogiche moderne e contemporanee (ad es. l’attenzione data alle emozioni, alla mindfulness, alla valutazione formativa) risulta anche totalmente differente. Non siamo di fronte ad un’educazione centrata sullo studente, né sull’insegnante, né sul metodo, ma incentrata sulla gloria di Dio e l’amore per Lui.
(Una nota a margine. Come lo stesso Sosler dice: “non è necessario ascriversi al "calvinismo" per trarre spunti di riflessione sul compito educativo” (p.88). Ciò dimostra che si può leggere Calvino a pezzi, come Sosler fa, senza modificare la sua matrice di pensiero umanista che pesca un po' qui e un po' là.)
Della stessa serie:
“La pedagogia di Calvino (I). L’educazione mira a tutta la persona”