Appunti di storia dell’AEI (VII): tra tendenze incrementali e cantieri aperti (2013- )

 
 

N.B. Quest’anno ricorrono i 50 anni dalla costituzione dell’Alleanza Evangelica Italiana (1974-2024). In questa serie di articoli verranno tratteggiati alcuni appunti in vista di una storia dell’AEI, ancora tutta scrivere. Si tratta di tracce e spunti per fare memoria. 

Se la presidenza Mazzeschi (2002-2013) ha rappresentato un periodo di stabilità e continuità nella vita dell’AEI, il passaggio alla presidenza di Giacomo Ciccone (2013- ) ha visto questa fase conoscere ulteriori incrementi nella capacità dell’AEI di rappresentare le istanze del mondo evangelico al suo interno (come movimento di preghiera), all’esterno (sul fronte della libertà religiosa) e in campo internazionale (soprattutto sulle relazioni col cattolicesimo). 

In occasione del 40° anniversario dell’AEI (2014) Ciccone dava alle stampe il volumetto Unità evangelica, difficile ma possibile. Dal sogno di Paolo Geymonat alla costituzione dell’Alleanza Evangelica Italiana (Evangelista Media) in cui viene ripercorsa la storia dei primi tentativi di costituire l’Alleanza nell’Ottocento. Si tratta di una testimonianza storica che evidenzia il fatto che l’Alleanza non è un’iniziativa recente e di una parte, ma un’aspirazione che parte da lontano.

Di un certo impatto è quanto accade nel 2014 con un convegno convocato dall’AEI ancora sul tema del cattolicesimo romano. A seguito dell’incontro viene diramato il documento “Evangelici e cattolici sul cattolicesimo contemporaneo” (2014) in cui si sottolinea che “Considerato che permangono tuttora differenze teologiche ed etiche inconciliabili ed assolutamente divergenti non ritengono di poter dare inizio e corso a qualsiasi iniziativa o apertura ecumenica nei confronti della Chiesa Cattolica Romana invitando tutti gli evangelici a livello nazionale ed internazionale ad esercitare un sano discernimento biblico (1 Giovanni 4:1) senza cedere ad ansie unioniste contrarie alla Scrittura, ma anzi rinnovando l’impegno a portare l’Evangelo di Gesù Cristo in tutto il mondo (Matteo 28:18-20)”. Il documento è sottoscritto da chiese ed organismi che rappresentano la stragrande maggioranza del mondo evangelico italiano: AEI, ADI, FCP, Congregazioni Pentecostali. Non si era mai verificato che un fronte così largo si riconoscesse in una posizione comune.

Nel 2017, l’AEI si fa promotrice di una “lettera aperta” all’Alleanza Evangelica Mondiale sui rischi del compromesso ecumenico col cattolicesimo romano. Questa iniziativa viene sottoscritta anche da altre Alleanze evangeliche, tra cui quella spagnola che dagli Anni Ottanta ha stabilito con quella italiana una convergenza su questi temi.

L’occasione del 50° anniversario permette di riflettere in modo disteso su alcune tendenze e macro-scenari che l’AEI ha vissuto e vive. Ci sono almeno tre motivi per cui essere fieri di questi 50 anni e tre motivi per cui continuare ad impegnarsi.

1. La continuità istituzionale. Per il mondo evangelico italiano, 50 anni sono come un’era “lunga”. Per una minoranza che ha attraversato i travagli dell’Italia unitaria, poi la repressione fascista, con tutte le pressioni della libertà religiosa strozzata e i problemi della sopravvivenza, aver compiuto un percorso di 50 anni è un fatto notevole. Altri organismi evangelici sono nati e finiti, partiti e dissolti. L’AEI ha resistito e continua. Si è dotata di una struttura leggera ma sufficiente per dare continuità all’azione. L’AEI è un unicum nel panorama italiano che va valorizzato e celebrato.

2. I rapporti internazionali. In questi 50 anni l’AEI ha collegato l’evangelicalismo italiano a quello europeo e mondiale. Dalla nascita (Amsterdam 1971, Losanna 1974) sino ad ora, l’AEI ha intrecciato rapporti con il mondo evangelico allargato, aiutando quello italiano a non essere provinciale, schiacciato sulle problematiche interne, e a coltivare un respiro più ampio. Altri organismi italiani hanno beneficiato delle relazioni in senso privatistico e ad uso interno, l’AEI ha messo in rete il mondo evangelico italiano con altre Alleanze, il Movimento di Losanna e altri organismi evangelici, acquisendo un profilo e una capacità di interazione internazionale.

3. Le aree presidiate. L’AEI ha introdotto in Italia una stabile e credibile presenza evangelica in appuntamenti di preghiera sconosciuti prima (Domenica della memoria, Settimana Internazionale di Preghiera, IDOP – Giornata di preghiera per la chiesa perseguitata), su temi come la libertà religiosa in Italia e nel mondo, e sui rapporti con il cattolicesimo. Queste aree sono un patrimonio che l’AEI porta in dote all’evangelismo italiano e non solo. Sono il fiore all’occhiello su cui l’AEI ha acquisito un know-how e una certa credibilità. Senza l’AEI, il mondo evangelico sarebbe non solo più povero, ma ancora più sfilacciato e inconsistente.

Oltre ai motivi di celebrazione, vi sono tre cantieri aperti bisognosi di attenzione.

1. L’integrazione in divenire. Dagli inizi degli Anni Settanta, il desiderio di coinvolgere/includere il mondo evangelicale in senso ampio è ancora un progetto incompiuto. Vi sono sacche dell’evangelismo che sono refrattarie a mettersi in rete. L’individualismo latino, il particolarismo delle minoranze, la non assimilata grammatica dell’unità evangelica (che non è uniformità!) … sono tutti fattori da tenere presente. D’altra parte, la problematica integrazione evangelica non è solo un problema italiano.

2. La formazione parziale. Dopo 50 anni, rimane ancora incompiuta la costituzione di una generazione di donne e uomini dell’Alleanza. Nella base evangelica manca ancora la cultura dell’Alleanza. Dopo 50 anni, si deve ancora spiegare cos’è l’Alleanza e giustificarne l’esistenza, quasi fosse un corpo estraneo. Questa è una criticità strutturale, non imputabile all’AEI soltanto in quanto fotografa il profilo dell’homo evangelicus italiano.

3. La recezione limitata dell’identità. L’AEI ha fatto molto per valorizzare, chiarire, difendere e promuovere l’identità evangelica. Nelle condizioni difficili date, il lavoro è stato enorme. Di fatto, tuttavia, molte espressioni del nostro mondo sono ancora mosse da pulsioni evangeliche irrisolte. Non è compito esclusivo dell’AEI intestarsi questa sfida, ma senza la progressiva assimilazione dell’identità evangelica, il motore dell’evangelismo non può che essere ingolfato.

Della stessa serie:
“Appunti di storia dell’AEI (I): i primi tentativi ottocenteschi” (28/3/2024)
“Appunti di storia dell’AEI (II): il Novecento evangelico e i passi verso la costituzione” (3/4/2024)
“Appunti di storia dell’AEI (III): il congresso di Losanna e la relazione Bono” (9/4/2024)
“Appunti di storia dell’AEI (IV): l’avvio promettente (1976-1986)” (15/4/2024)
“Appunti di storia dell’AEI (V): le transizioni degli Anni Novanta” (22/4/2024)
“Appunti di storia dell’AEI (VI): la presidenza Mazzeschi (2002-2013) e la stabilizzazione” (29/4/2024)


(fine)