Perché tra i tanti proprio Gesù? Ricordando Ravi Zacharias (1946-2020)
“Un evangelista intellettualmente raffinato e spiritualmente potente”, “un apologeta della fede evangelica nel mondo pluralista e ultramoderno”, “un oratore tanto dolce quanto penetrante”. Queste e altre descrizioni sono state usate per ricordare l’opera di Ravi Zacharias (1946-2020) da poco spentosi dopo una vita spesa nelle aule universitarie di mezzo mondo, in conferenze e in teatri sempre pieni di persone di tutte le provenienze e credi, ma interessate a ascoltare questo fine oratore indo-canadese parlare di Gesù Cristo come la sola speranza del mondo.
Visto che il suo libro più importante, Perché tra i tanti proprio Gesù? (2004), è disponibile anche in italiano, conviene partire da qui per ricordare la figura di questo apologeta-evangelista che ha segnato la testimonianza evangelica dall’ultimo scorcio del XX secolo sino ad oggi. La domanda del libro riflette l’interrogativo che, in modo consapevole o meno, permea la nostra cultura apparentemente relativista. Un conto è apprezzare Gesù come un “maestro” tra tanti, una “guida” tra le altre, un “esempio” in mezzo a molti, ma che fare delle sue rivendicazioni di esclusività, come quando afferma: “io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me” (Giovanni 14,6)? Queste ultime affermazioni sembrano essere indigeste per la mentalità impregnata dell’idea che, in fondo, tutte le religioni sono vie parziali e limitanti e che nessuna possa arrogarsi il diritto di concepirsi come esclusiva.
Con abilità narrativa e rigore argomentativo, arricchendo la sua esposizione con racconti autobiografici e storici, Zacharias mostra come Gesù sia diverso da e superiore a tutte le altre narrazioni religiose. Infatti, secondo l’autorevole e credibile testimonianza della Bibbia, Gesù unisce la storia all’eternità, concilia la fede e la ragione, soddisfa i bisogni profondi dell’anima umana, accompagna nel dolore e ha sconfitto il male, è sempre presente sempre nella vita dei credenti, è la chiave per entrare nella storia del mondo e per trovare senso alla propria storia.
Da intellettuale cosmopolita abituato ad attraversare mondi diversi, Zacharias è un interlocutore sia del seguace di altre religioni, sia del difensore dell’agnosticismo o dell’ateismo. Discutendo sia narrazioni competitrici al cristianesimo come l’induismo della Bhagavadgita o lo scientismo militante di Richard Dawkins, Zacharias mostra come il messaggio e la persona di Gesù Cristo siano in grado di interpellare tutti, di mettere in discussione ognuno e di offrire una “soluzione” vera ed efficace ai problemi personali e sociali. Per quanto esprima rispetto nei confronti dei non cristiani e inviti al dialogo amichevole, Zacharias si dice convinto che il messaggio biblico di Gesù, unito com’è alla sua persona unica di Dio fattosi uomo e alla sua opera culminata con la morte in croce e la resurrezione, sia l’assoluto personale entrato nella storia e in grado di cambiare la storia di tutti.
Questa posizione evangelica, peraltro in linea con l’elaborazione teologica contenuta ad esempio nel “Patto di Losanna” n. 3 (1974), si distanzia in modo sostanziale dalla tendenza in voga negli ambienti del cosiddetto “dialogo inter-religioso” promosso in altri settori della cristianità (ad esempio la Chiesa cattolica romana e il Consiglio Ecumenico delle Chiese) dove l’esclusività di Gesù Cristo crea imbarazzi ed è sostituita da una concezione pluralista della verità e della salvezza. Sulla scia ed in compagnia di altri apologeti evangelici di area anglosassone del XX secolo, come John Stott (1921-2011) e il tuttora vivente Tim Keller, Zacharias declina l’evangelo biblico con una particolare sensibilità culturale cosmopolita, mostrando come le rivendicazioni di Gesù sono liberanti e guarenti per ogni uomo e ogni donna, a qualsiasi cultura appartenga.