Popolo del libro o popolo dello schermo?
Per secoli i cristiani sono stati definiti “il popolo del libro” e gli evangelici, che aderiscono al Sola Scrittura, si riconoscono fieramente in questa definizione. Ma se il libro venisse sostituito dallo schermo di un dispositivo digitale, allora dovremmo definire gli evangelici “popolo dello schermo”? E con quali conseguenze?
Questa è la domanda centrale affrontata da John Dyer nel suo libro People of the Screen, Oxford, OUP 2023. “Come gli evangelici hanno creato la Bibbia digitale e come questa influenza la loro lettura delle Scritture” è il sottotitolo del testo che ne esplica i contenuti e gli obiettivi. La prospettiva di Dyer è unica grazie alle sue esperienze di informatico, teologo, studioso della storia dei media e della filosofia della tecnologia. E’ la prospettiva di un insider sia al mondo informatico sia a quello teologico nordamericano.
Il libro è estremamente vasto e ha la struttura di una ricerca specialistica; non di meno fornisce un’utilissima storia dei rapporti tra evangelici e media e si concentra su quesiti relativi al futuro di questo rapporto.
Sempre guardando al contesto nordamericano, Dyer parla del concetto di “Hopeful Entrepreneurial Pragmatism” (HEP). Quello che definisce un pragmatismo imprenditoriale speranzoso è mix di elementi culturali, sociale e teologici che, secondo lui, caratterizza l’evangelicalismo americano. Molti evangelici hanno cominciato a fare impresa accogliendo con favore i cambiamenti teconologici e con slancio innovativo hanno sostenuto, sin dall’inizio, la digitalizzazione sia del testo biblico in sé che dei vari supporti di studio. Con questo spirito e in questo contesto culturale, sono nate la ben nota YouVersion ed altre app o siti per la lettura e l’approfondimento della Bibbia che oggi sono diffuse anche in Italia.
Se è vero che l’impronta evangelica ha plasmato queste app e una parte del settore di mercato tecnologico, è altrettanto vero però che queste app stanno plasmando l’evangelicalism: il modo di leggere e approcciare alla Bibbia e il modo di considerarla.
“Engage” (coinvolgimento, interazione) è una delle parole chiave di questa analisi. In alcune interviste agli sviluppatori di app bibliche è emerso, infatti, che “engage” è l’obiettivo che le aziende si danno nello sviluppo di tali strumenti.
Ma cosa significa interagire con il testo biblico? Il termine è vago e non può certamente essere paragonato allo studio o alla meditazione. Significa offrire la possibilità di accedervi con facilità, di spizzicarne alcune parti, d’interagire con programmi di lettura personalizzati o ricevere versetti come notifiche.
Dallo studio di Dyer emerge però che le applicazioni e i software biblici tendono a ostacolare la conoscenza profonda e la capacità di rispondere alle Scritture. Nell'ambito della sua ricerca, Dyer ha somministrato una "valutazione della comprensione della Bibbia" (utilizzando l'epistola di Giuda) a due gruppi di lettori evangelici: uno che leggeva da una Bibbia stampata e uno che leggeva da un'applicazione biblica sul telefono. I risultati hanno mostrato una comprensione notevolmente inferiore nel gruppo digitale.
Le ricerche d’altro canto mostrano anche che la facilità di accesso alle app di lettura della Bibbia abbiano favorito la sua lettura e la sua fruizione e che per la maggior parte l’uso di app è integrato ancora con l’uso del testo cartaceo. Lo strumento si è rivelato, quindi, utile per la diffusione del testo, ma a quale prezzo?
Il famoso sociologo della comunicazione, Marshall McLuhan, affermava che “il medium è il messaggio” per sostenere che il mezzo attraverso cui fruiamo di alcuni contenuti in qualche modo ne cambia la natura percepita.
People of the Screen evidenzia esattamente questo rischio. Quando la Bibbia viene compressa nel display di uno smartphone, infatti, gli utenti tendono a svalutarne la sua autorità e la sua natura per percepirla come un prodotto di consumo come un altro disponibile sul display del nostro telefono. Va inoltre sottolineata la natura strettamente individualista di un consumo di questo tipo in cui l’utente non è pensato come membro di una chiesa in relazione con altri.
Il fatto che le modalità di accesso, fruizione ed utilizzo siano praticamente uguali tra una app della Bibbia e un qualsiasi social, se da un lato ne favorisce un primo utilizzo, a lungo andare crea un sistema di lettura distratto e passivo che si discosta da qualsiasi comandamento biblico sulla natura dell’approccio alla Parola di Dio (Giacomo 1,23-24; Salmo 1; Giosuè 1,8).
Nonostante i benefici di accesso immediato, di lettura illimitata e di facilitazione nella diffusione del testo biblico, lo studio di Dyer invita sia i produttori che i consumatori evangelici a non abbracciare acriticamente il cosiddetto pragmatismo speranzoso. L’avanzamento tecnologico, oltre ai suoi benefici, infatti, porta con sé valori e visioni che, se assorbite in maniera acritica, sono capaci di plasmare anche il modo in cui ci relazioniamo alla Parola di Dio. Se vorranno avere un futuro, gli evangelici dovranno continuare ad essere il popolo del libro, magari con il sostegno dello schermo, ma non in sostituzione del primo.