Predicare in un’età scettica (I). La predicazione è comunque insostituibile
Sì, lo sappiamo. Viviamo in un mondo scettico, cinico e dubbioso. I discorsiʺ di qualunque tipo sono ricevuti con un sospetto più o meno velato. Anche la predicazione dell’evangelo deve misurarsi con questo clima contrassegnato da una distanza frammista a resistenza. Siccome la testimonianza dell’evangelo passa attraverso un ‟discorsoʺ (non solo da un discorso, ma sempre con un discorso), quali sfide si presentano per chi condivide la fede in modo informale o nel ministero della predicazione?
Tim Keller è un noto pastore (ora emerito) della Redeemer Presbyterian Church di New York City, autore di libri come Il Dio prodigo e Ragioni per Dio. Il suo ministero personale e pubblico ha influenzato molti uomini e donne di Dio nella loro fede, oltre a incoraggiare i pastori e coloro che sono coinvolti in progetti di fondazione di chiese. Il tema del libro Preaching: Communicating Faith in an Age of Skepticism, New York, Viking Press 2015, è un libro che si fa carico di pensare alla predicazione nel clima culturale che stiamo vivendo: quello segnato dallo scetticismo.
Keller afferma che quando pensiamo al "ministero della parola" espresso nel libro degli Atti, c'erano diversi modi in cui la parola circolava nel mondo. In Atti 2,17 si dice che "i vostri figli e le vostre figlie profetizzeranno", in Atti 8,4 si dice che "portarono il lieto messaggio della parola", e poi in Atti 18,26 Priscilla e Aquila condivisero la parola nella loro casa. Tutti questi casi dimostrano che i cristiani in generale dovrebbero essere attrezzati per dare sia l'insegnamento che l'ammonimento quando necessario. Ciò non significa che tutti i cristiani siano qualificati per predicare, o che tutti gli esempi forniti siano esempi di predicazione come la intendiamo oggi.
Keller afferma che possiamo individuare 3 livelli del ministero della parola.
- Il primo livello è quello in cui i credenti hanno l'opportunità di incoraggiare, insegnare e ammonire altri credenti in modo informale e attraverso la conversazione, in modo molto simile alle conversazioni che molti credenti hanno tra loro quando condividono la loro vita nel contesto della loro chiesa locale. Ciò accade quando credenti maturi che comprendono il messaggio delle Scritture abbastanza bene lo applicano personalmente a se stessi, ad altri credenti e al prossimo.
- Il secondo livello è costituito da qualsiasi discorso in relazione alla Parola di Dio, al di fuori dello scopo esplicito della predicazione. Keller afferma che, secondo 1 Pietro 4,11, nel vivere la nostra vita per Dio, dobbiamo usare i nostri doni per la Sua gloria. Oggi ci troviamo in un momento storico unico, in quanto ci sono molti modi di comunicare. Un esempio potrebbe essere quello di coloro che, pur non essendo chiamati al pastorato, sono comunque in grado di scrivere libri, blog, articoli, promuovere forme pubbliche sulla fede, podcast, tenere corsi, conferenze, ecc.
- Il terzo livello è quello che chiamiamo predicazione, ovvero l'esposizione pubblica della Bibbia a gruppi riuniti, in generale alla chiesa. Questo è il più formale dei tre, non per dire che la familiarità con il proprio pubblico sia un ostacolo, ma perché implica una preparazione specifica per trattare il testo in modo ponderato e attento, affinché esso sia ciò che viene predicato e non le opinioni della persona che predica.
Per sintetizzare l'introduzione, Keller incoraggia i suoi lettori a comprendere che esiste una differenza qualitativa nella predicazione della Parola di Dio. "Una rapida carrellata dei discorsi di Pietro, Stefano e Paolo nel libro degli Atti mostra la straordinaria potenza della predicazione quando viene fatta ‘come ... le parole stesse di Dio’ e attraverso l'autorità unica che lo Spirito di Dio può conferire alla Parola di D in un'assemblea pubblica di culto" (p. 10).
Allora, cosa rende un sermone buono o cattivo? La differenza tra un buon sermone e un cattivo sermone dipende soprattutto dalla persona che predica. Dipende dal suo livello di preparazione, dalla sua fedeltà al testo, dalla sua capacità di predicare Cristo, dalla sua comprensione di saper predicare al cuore della cultura e del contesto in cui vive. In breve, predicare significa predicare Cristo alla cultura senza compromettere il messaggio del Vangelo. Quante omelie e sermoni abbiamo ascoltato che ci insegnano a essere persone moralmente rette per il bene del prossimo? Quanti cosiddetti sermoni lasciano l'ascoltatore tranquillo senza sfidarlo ad applicare la Bibbia alla sua vita quotidiana per cercare la somiglianza con Cristo?
Cosa separa una buona predicazione da un’ottima predicazione? La differenza tra le due non può risiedere semplicemente nella preparazione di cui sopra. Non si tratta semplicemente della capacità di parlare in modo eloquente o di analizzare ogni parola greca del Nuovo Testamento. Si tratta di uomini fedeli che dipendono totalmente dallo Spirito Santo e che comprendono il compito che è stato loro affidato con l'obiettivo di incoraggiare la loro congregazione e di chiamare i peccatori al pentimento attraverso l'ascolto dell'autorevole Parola di Dio. "La sana predicazione nasce da due amori: l'amore per la Parola di Dio e l'amore per le persone, e da entrambi il desiderio di mostrare alle persone la gloriosa grazia di Dio. Perciò, anche se solo Dio può aprire i cuori, il comunicatore deve dedicare molto tempo e pensiero sia a presentare la verità in modo accurato sia a portarla nel cuore e nella vita degli ascoltatori" (p. 13).
La domanda che dobbiamo porre a noi stessi e alle nostre chiese è: che tipo di predicazione stiamo praticando e che tipo di predicazione stiamo ascoltando?