Tutto e subito! No, già e non ancora

 
 

“Voglio tutto e subito” è lo slogan cantato dai Queen e dal rapper Kento. Canzoni del genere modellano lo stile di vita di tante persone, al punto da assumere, in alcuni casi, carattere patologico. Le lungaggini burocratiche infastidiscono e promuovono impazienza e talvolta meccanismi truffaldini. Anche l’uso del PC, della fibra ottica, del 5G tendono a far pensare alla velocità, all’eliminazione di tempi di attesa per fare o avere qualcosa. Il tutto e subito sembra un diritto inderogabile. 

Se tutto è così fast, tanto da permettere di andare nello spazio o l’alta velocità dei treni, perché non avere tutto e subito? Perché perdere tempo? Perché aspettare per realizzare qualcosa? Perché dopo e non subito? In realtà, la filosofia del “voglio tutto e subito” sembra contrastare con la realtà. Chiunque abbia realizzato buone performance nella vita sarebbe pronto a testimoniare che ci sono voluti anni di impegno, investimento di energie di vario genere per arrivare al punto ove si è; tutti hanno seguito un programma, una disciplina costante, hanno superato momenti di scoraggiamento, stando attenti a non perdere di vista l’obiettivo da raggiungere. 

In quest’ottica, il “voglio tutto e subito”, non può essere una delle tante utopie? Non c’è arte, mestiere e professione, dal più semplice al più complesso, da quello più umile a quello più prestigioso, che non richieda un tempo di studio, apprendistato, di ulteriori e continui aggiornamenti. Penso che tutti, nel momento del bisogno vorremmo trovarci dinanzi a persone esperte, mature, piuttosto che improvvisate ed incompetenti. Oggi, con l’uso di internet, si può acquisire qualsiasi informazione, talvolta anche fasulla perché le fake news sono tante e non sempre le fonti sono attendibili. Tutto questo non favorisce la formazione ordinata e non la sostituisce. 

Il  “subito” garantisce superficialità, nozionismo illogico e sterile. Forse si può apparire come persone che sanno ma non ci vuole molto per capire che l’ignoranza soggiace. La formazione di qualsiasi genere, compresa quella biblica, non si acquisisce con internet soltanto, né con la lettura di qualche libro, anche se offerto da una casa editrice di tutto rispetto. Gesù Cristo, eterno figlio di Dio incarnato, pur avendone la possibilità perché Dio onnipotente, dedicò tre anni della sua vita per formare parzialmente i suoi discepoli, Egli avrebbe potuto inculcare la conoscenza di Dio “tutto e subito”, ma non lo fece perché era cosciente che le cose non funzionano così.  

Paolo, benché persona colta e importante, dovette stare tre anni in Arabia ed essere ammaestrato dal  Risorto e poi interfacciarsi con gli altri apostoli per lavorare insieme per il regno del Signore. Paolo insegnò l’importanza della formazione seguendo personalmente questa  prassi (Atti 20,26-28). Oltre all’esempio personale, suggerì al discepolo e collaboratore Timoteo di seguire lo stesso criterio per portare avanti il deposito della fede affinché fosse trasmesso alle generazioni successive (2 Tm 2,1-2). La prima chiesa (Atti 2:42) perseverava nell’ascoltare gli insegnamenti degli apostoli; i primi cristiani non erano autodidatti, né si davano ad ispirazioni personali o soggettive. Non si inventavano la fede. Su questi binari anche i  Riformatori del XVI secolo diedero enfasi alla formazione ed alla pietà. Furono redatti catechismo e confessioni di fede per istruire e formare tutti i credenti.

Stando a queste semplici indicazioni sembra chiaro che la formazione non si ottiene “tutto e subito”, ma richiede un discepolato integrale della persona che richiede tempo e costanza. Nel XX secolo gli evangelici a livello mondiale hanno ravvisato di nuovo l’importanza della formazione cristiana. Penso agli spunti contenuti nel “Manifesto dell’insegnamento teologico” (DE I) e la “Dichiarazione di Amsterdam” (DE II). Per raggiungere tali obiettivi non si può fare ricorso solo a Google e a Youtube in modo sporadico e autoreferenziale. Ci vuole altro. C’è bisogno di una formazione della persona che dura nel tempo, che non è versettologica ma sistematica ed in cui sono presenti varie discipline teologiche che formano una visione del mondo biblica. 

Rispetto al “tutto e subito”, la Bibbia ci parla del “già e non ancora”. In Cristo abbiamo “già” accesso a tutti i tesori della scienza e della sapienza (Colossesi 2,2-3) per grazia soltanto. Chi è in Cristo è una nuova creatura e ha la sua mente (1 Corinzi 2,16). D’altra parte, la nuova vita ci esorta ad “applicarci” alla formazione (1 Tm 4,13) per crescere in maturità. “Non ancora” siamo arrivati. La formazione è il percorso che dal “già” si incammina nel “non ancora” per non essere credenti sballottati qua e là, ma solidi e in crescita.