Quando è giusto morire? Un nuovo libro di Joni Eareckson Tada

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Non passa mese, ormai, che un caso eclatante di richiesta di morte non occupi le prime pagine dei giornali e la discussione pubblica. In Italia, la vicenda del dj Fabo è solo l’ultima di una lunga serie. Ogni volta che si affaccia questo tema riemergono i grandi interrogativi ad esso connessi. E’ giusto pretendere di morire quando vogliamo? Chi decide il momento e le modalità? Come si raccoglie questa richiesta e come viene trattata? Chi agisce e con quali responsabilità morali e penali? Che valore hanno le dichiarazioni anticipate di trattamento? E poi, cosa succede a quelli che non possono esprimersi (perché non capaci di intendere e volere) ma che l’abbassamento della soglia morale della morte su richiesta metterebbe a rischio di eutanasia senza che l’abbiano richiesta? Come decodificare la domanda di eutanasia del malato per capire se e come intervenire con altri strumenti (cure palliative, relazioni intorno al malato, ecc.) che non siano la morte su richiesta?  

Dunque, queste domande accendono la discussione etica contemporanea e richiedono risposte che, per quanto non sempre nettamente bianche o nere, siano tuttavia in grado di inquadrare i temi senza pericolosi deragliamenti. Per questo motivo è importante avere strumenti orientativi che aiutino ad affrontarle senza isterismi ed eccessive semplificazioni. In campo evangelico, il documento sull’eutanasia pubblicato dal Centro Studi di Etica e Bioetica nel 2003 (“Eutanasia”, Studi di teologia – Suppl. N. 1 [2003] pp. 2-12) ha dato avvio a un non trascurabile fiorire di approfondimenti, dibattiti e prese di posizione sull’argomento[1]. L’approccio evangelico si è distinto dalle tendenze pro-eutanasiche della bioetica laica (fatte proprie anche dalla riflessione del protestantesimo storico italiano) e dalle rigidità vitalistiche del magistero cattolico (ora in parte “decentrate” e marginalizzate dalla bioetica di Papa Francesco). 

Questo libro di Joni Eareckson Tada, Quando è giusto morire?, Marchirolo (VA), EUN 2020, s’inserisce nel medesimo filone di sapienza biblica sul tema della morte. Da diversi decenni ormai, Joni sta aiutandoci a vedere la vita e la morte in modo diverso. Dalla sua paraplegia cui si sono aggiunte storie di tumori e altre malattie, Joni ha raccontato nei suoi libri la sua esperienza autobiografica di come la vita sia e rimanga un dono di Dio anche quando le condizioni sono difficili e non esistono prevedibili prospettive di miglioramento. In questo volume Joni ci dice come sia possibile vivere anche quando la malattia incalza e le sirene della morte su richiesta si fanno sentire e come sia possibile avvicinarsi responsabilmente alla morte lasciandosi guidare da Dio, senza pretendere di sostituirsi a Lui. 

E’ noto che nella cultura popolare italiana la morte è ancora soggetta a molti ed imponenti blocchi paralizzanti. Per molte persone, parlare della morte è ancora un tabù culturale impastato di atteggiamenti superstiziosi e scaramantici. Affrontare poi la prospettiva della propria morte è un tema tenuto a distanza su cui si preferisce tergiversare e nutrirsi di menzogne. Un libro come quello di Joni va in controtendenza rispetto all’omertà e alla congiura del silenzio. La visione cristiana del mondo cui Joni dà voce sa coltivare il senso della finitudine della vita e l’apertura ad altre dimensioni di vita che vanno aldilà di quella biologica e fisica, pur continuando ad apprezzare il dono della vita, anche in fase declinante. La morte in generale e la propria morte, in particolare, devono essere sottratte a quell’area interdetta e riconsegnate ad una riflessione realistica e previdente che ci prepara ad affrontare il passo con Dio, così come abbiamo vissuto con Lui. 

In questo lavoro di riforma culturale, un ruolo importante può essere svolto dalla testimonianza cristiana di credenti come Joni pacificati con la propria morte perché stanno vivendo in comunione con Dio da vivi. Grazie a questa vitalità, Joni può ascoltare senza infingimenti le storie di chi vive l’avvicinamento alla morte in solitudine, con un senso di vuoto e con disperazione, invitando tutti ad ampliare lo sguardo e a riconoscere che la vita rimane un dono. Il Dio che l’ha data è anche Colui che ha il diritto di toglierla quando vuole Lui. Non solo. Nella persona di Gesù Cristo, il Figlio di Dio fattosi uomo è passato attraverso la morte e quindi può simpatizzare con noi anche in questo passaggio. Dopo la morte è risorto, non rimanendo schiacciato da essa ma vincendo su di essa e offrendo la vita a quelli che credono in Lui. Gesù Cristo ha una “buona notizia” anche di fronte alla morte. Joni l’ha accolta, e noi? 

(dalla prefazione al libro di Joni Eareckson Tada, Quando è giusto morire?, Marchirolo (VA), EUN 2020)


 [1] La bibliografia evangelica italiana comprende: Centro Studi di Etica e Bioetica, “Eutanasia”, Studi di teologia – Suppl. 1 (2003); G. Riccioni, Il dibattito sull’eutanasia, Roma-Chieti, GBU 2004; “Eutanasia” del Dizionario di teologia evangelica, a cura di P. Bolognesi, L. De Chirico, A. Ferrari, Marchirolo (VA), Edizioni Uomini Nuovi 2007, pp. 262-263; Centro Studi di Etica e Bioetica, “Testamento biologico”, Studi di teologia – Suppl. 15 (2017); J. Wyatt, Questioni di vita o di morte, Chieti, GBU 2018.


[1] Da una relazione sulle “Prospettive per la formazione teologica in Italia” tenuta a Roma, presso la Chiesa battista di Trastevere, il 20/1/200l.