Quel pasticciaccio brutto della chiesa-stato

 
ddlzan vaticano
 

L’intervento della “Santa Sede” nel dibattito parlamentare italiano in corso sul ddl Zan ha suscitato un vespaio di reazioni. Giustamente. In effetti, si è trattato di un atto formale di uno Stato estero sulla discussione pubblica di un altro Stato nel momento in cui la deliberazione legislativa sta raggiungendo il suo momento conclusivo.

Sul merito del ddl Zan e sulle sue molteplici criticità per la libertà di pensiero, l’Alleanza Evangelica Italiana ha già espresso molte perplessità. Inoltre, la sua audizione alla Commissione Giustizia del Senato (27/5/2021) è stato un momento alto di teologia evangelica pubblica per il nostro Paese per cui essere grati. Non è questa la sede per tornare a ripetere i rischi del ddl Zan che, per contrastare giustamente gli atti di discriminazione nei confronti delle persone LGBTQ, lede la libertà di tutti a esprimere diverse idee su sessualità, matrimonio e famiglia e impone alla scuola di sottostare ad UNA visione del “genere” in cui si confonde la lotta alla discriminazione con un pensiero unico sul tema. 

Il punto qui è di soffermarsi sul soggetto che ha preso l’iniziativa: il Vaticano in quanto Stato. Dà a pensare che si sia fatto ricorso al volto statuale e politico della Chiesa di Roma per intervenire su un dibattito in corso in un altro Stato. Domanda: la Chiesa di Roma in quanto chiesa non ha potuto dire la sua, partecipare alla discussione, esprimere critiche e suggerire proposte? No, non risulta affatto che la Conferenza Episcopale Italiana sia stata assente dal dibattito. Al contrario, ha parlato più volte per bocca del suo presidente (il card. Bassetti) e, tra l’altro, è stata audita al Senato insieme ad altri soggetti religiosi e laici (tra cui l’AEI). Le posizioni della CEI hanno avuto ampio risalto sui media secolari e sui social. Lo stesso si può dire di singole personalità ecclesiastiche che hanno parlato sul tema (Ruini, Suetta, Galantino, … dobbiamo andare avanti?). Che dire dei tanti movimenti cattolici che hanno organizzato manifestazioni, dibattiti, iniziative varie in tutto il Paese per esprimere la voce cattolica? E poi: il cattolicesimo italiano dispone di quotidiani, settimanali, canali TV, radio, oltre all’accesso libero e continuato alla programmazione RAI (che ad altre confessioni è precluso …). Tutte queste voci hanno parlato sul ddl Zan, portando il punto di vista cattolico. In uno Stato laico, libero e pluralista, è giusto che sia stato così.  

E allora: perché far intervenire lo Stato vaticano nelle faccende di un altro Stato sovrano andando a rispolverare il diritto e i trattati internazionali? La risposta verosimile è che quando il gioco si fa duro, la Chiesa di Roma entra in campo con la sua batteria statuale, politica, sovrana e monarchica. In altre parole, Roma fa conto di essere chiesa per poi, all’occorrenza, tirar fuori il suo essere Stato che tratta alla pari con altri Stati. Da decenni ormai, Roma si sforza di presentarsi come chiesa “umile”, “pastorale”, “dialogante”, “ospedale da campo”, “madre comprensiva”, ecc. Questo Papa ha fatto del rifiuto del tono principesco dell’ufficio papale una cifra del suo pontificato. Poi, quando ci sono interessi materiali grossi in gioco, la Chiesa di Roma smette i panni meramente ecclesiastici e rientra in campo con la casacca di uno Stato politico che si trincera dietro i patti internazionali tra Stati. Da un lato dice di essere chiesa, dall’altro ha al suo centro uno Stato. Da un lato, il Papa dice “fratelli tutti”, dall’altro rimane un Capo di Stato, peraltro monarca assoluto.  

Qui siamo al cuore dell’“eresia” del cattolicesimo romano: la sua pretesa di essere “chiesa” e “Stato” allo stesso tempo. Nell’ufficio del Papa, i due vertici convergono: capo della chiesa, capo dello Stato. Nelle strutture del Vaticano, il giano bifronte della chiesa-stato trova il suo cuore pulsante. Nell’auto-comprensione del cattolicesimo, la chiesa può essere Chiesa e Stato in quanto prolungamento dell’incarnazione del Figlio di Dio che svolge il ruolo regale in sua vece, qui ed ora, anche nella forma politica di uno Stato.

Gesù Cristo ha edificato la chiesa come comunità di discepoli e non ha fondato uno Stato politico. La Chiesa di Roma, figlia dell’impero romano e nata sulle ceneri dello stesso, è andata in tutt’altra direzione. Ha voluto essere Chiesa e Stato allo stesso tempo. Roma è dunque contro la volontà del Signore che dice di seguire.

Un argomento che viene citato a sostegno del fatto che il cattolicesimo abbia uno Stato al suo centro è che ciò garantisce la libertà della missione della chiesa da ingerenze esterne e per i suoi scopi. Non proprio. Nello specifico di questo dibattito, alla Chiesa di Roma (nella sua articolazione istituzionale e movimentista) è stato impedito di parlare e di criticare il ddl Zan? No. Lo ha potuto fare come tutti. Inoltre, di ddl Zan ce ne sono già in atto in tutto il mondo e non sarà certo lo Stato Vaticano a proteggere i cattolici dalle conseguenze di legislazioni problematiche per la libertà di pensiero.  

C’è un punto più radicale da sottolineare. La chiesa del Signore è costitutivamente “libera” grazie all’opera di Gesù Cristo, non perché è protetta da una “Santa Sede”. La libertà ricevuta da Dio le basta per essere tale. Non ha bisogno di essere Stato per esercitare la sua missione. Non necessita di uno Stato proprio per interfacciarsi con gli Stati. Anche quando è osteggiata e persino perseguitata, la chiesa è libera perché il Suo Signore l’ha costituita tale. Quello della chiesa-stato è un pasticciaccio brutto che solo una riforma secondo l’evangelo potrà cambiare.