Raggiungere l'Occidente (II): sappiamo "criticare" la cultura dominante?
Come raggiungere l’Occidente di nuovo (?) con il vangelo è la domanda che si pone Tim Keller nel suo nuovo libro How to Reach the West Again lanciando 6 sfide per l’impegno missionario in questa parte del mondo dove ormai regnano sovrani la secolarizzazione e il relativismo. La prima sfida che le chiese dovrebbero cogliere è quella di postulare una critica cristiana alla cultura dominante. Come cristiani, prima di predicare il vangelo al mondo abbiamo bisogno di analizzare la cultura in cui siamo immersi alla luce del vangelo per riuscire a dimostrarne tutte le criticità e problematiche. Cristo è sicuramente la risposta, ma dobbiamo interpretare quali siano le domande in ballo nella nostra società.
L’apologetica del cristianesimo antico, come quella di Giustino Martire e di Agostino, non si limitava a dimostrare l’evidenza della veridicità del cristianesimo, ma sviluppò una critica alla cultura pagana dominante ed è quello che dovremmo tornare a fare oggi. La critica cristiana dovrebbe interrogare la cultura sul perché l’individualismo e l’autodeterminazione ricercati con così tanta forza abbiano portato la nostra società ad una condizione dove tutti i valori sono relativi, le relazioni transitorie e passeggere, le identità fragili e tutte le presunte fonti di realizzazione deludenti. Sebbene la ricerca di una liberazione del sé da ogni forma di costrizione sociale sia la religione dominante, è evidente a tutti che non siamo ancora liberi. Nessuno è libero davvero e il cristianesimo ha il compito di denunciare tutte le forme di secolarismo che hanno ridotto la vita umana o a un mero risultato di scelte individuali, o al semplice prodotto di processi storici. Le chiese possono avvalersi in questo campo anche delle ricerche secolari che vedono in questi aspetti della post-modernità un potenziale distruttivo, sebbene non abbiano risposte altrettanto certe e soddisfacenti.
Con Keller e oltre Keller, come si può applicare la sfida di “leggere” cristianamente la cultura italiana? La cultura dominate nel nostro Paese sta vedendo il relativismo e la secolarizzazione sovrapporsi ed intersecarsi all’idea di una religione tradizionale che ingloba tutto e tutti senza che interroghi le coscienze personali. La cristianità come fenomeno sociale, insieme di strutture e istituzioni controllate della chiesa di Roma, viene sempre di più messa in discussione, anche spesso mai abbandonata. A parole, molte persone si dicono “secolarizzate” ed agnostiche, nei fatti sono ancora intrisi di cattolicesimo culturale. In questo contesto l’evangelicalismo può fare tesoro di questo nuovo spazio di apertura in cui sempre più persone fanno fatica ad identificarsi con la religione dominante perché percepita come imposta e come parte di una tradizione da cui molti cercando di affrancarsi per affermare, anche nel campo della spiritualità, la propria autodeterminazione.
La fede evangelica invece insiste sulla necessità di una risposta personale all’evangelo, di una conversione sperimentata in modo individuale e di un coinvolgimento della persona nel seguire Cristo. Se sotto quest’aspetto il cristianesimo sembra trovare un punto di convergenza con la cultura che non accetta i processi imposti d’autorità ed ereditati passivamente; allo stesso tempo l’evangelo mette fortemente in discussione il mero individualismo e lo sfida. Il sì convinto all’evangelo è anche un sì convito alla sottomissione all’amorevole autorità di Cristo in ogni ambito della vita. Chi conosce personalmente Cristo può sperimentare una vera libertà in Lui attraverso la Parola, una libertà che non ha bisogno di relativizzare ogni valore, che non pone il sé al centro di ogni discorso e che riesce a vivere relazioni riconciliate.
(continua)