Renata di Francia (1510-1575): la protettrice della Riforma
Proteggere, nascondere, sovvenzionare ed intercedere per i rifugiati a motivo della fede riformata fu la più ampia parte della vita di Renata di Francia (1510-1575), duchessa di Ferrara e figlia del re Luigi XII.
Come Roland Bainton suggerisce in Donne della Riforma, queste costituivano metà della popolazione del movimento protestante. Se avessero voluto boicottare il movimento di certo le sorti della Riforma protestante sarebbero state ben diverse; invece molte ne divennero protagoniste esercitando, tra l’altro, un ruolo centrale per permettere la diffusione delle idee riformate e cioè la protezione dei protagonisti del dissenso religioso. Benché la storia della Riforma in Italia sia più la storia di un tentativo mai adempiutosi, alcune figure chiave di questa vicenda vissero proprio nel nostro Paese e tra queste Renata di Francia spicca per la sua biografia che si intreccia con i più grandi avvenimenti che sconvolsero l’Europa rinascimentale di cui non solo fu testimone, ma anche viva protagonista.
Secondogenita del re di Francia, Renata venne data in moglie ad Ercole d’Este, figlio di Alfonso I e Lucrezia Borgia (figlia di un papa!) per fini politici e da subito la sua presenza a Ferrara divenne problematica per il marito. Renata infatti cercò di riprodurre a Ferrara il modello culturale in cui era cresciuta, che prevedeva un circolo femminile in cui letterati, umanisti e soprattutto individui dalle credenze religiose molto diverse venivano accolti e protetti. In pratica non si spaventò di introdurre le idee luterane e calviniste in una corte che dipendeva dal Papa. Addirittura provò a farne un centro di propagazione preoccupandosi di far educare le figlie alla fede riformata.
Molti furono gli esuli per motivi religiosi provenienti dalla Francia che Renata ospitò e protesse, ed anche il giovane Calvino, esule francese, soggiornò a Ferrara. Da quel momento cominciò una corrispondenza tra il riformatore francese e la nobildonna destinata a durare tutta la vita: le lettere a noi pervenute sono state pubblicate nel volume Lealtà in tensione. Un carteggio protestante tra Ferrara e l’Europa (1537-1564), a cura di D. Walker e L. De Chirico, Caltanissetta, Alfa & Omega 2009. Questi sforzi, atti a proteggere coloro che in quegli anni si impegnavano per la diffusione delle idee riformate, fecero di lei una protettrice di questo movimento che rischiava di estinguersi sotto le pressioni dell’Istituzione papale.
Questa sua azione le costò cara. Finì infatti per essere sospettata per i suoi sforzi a favore di molti condannati dall’Inquisizione ed Ercole decise di avversare apertamente l’impegno spirituale della moglie scrivendo al re Enrico II di Francia preoccupato per la salvaguardia della cristianità della consorte, “sedotta da qualche furfante luterano”. Non fu abbastanza e la duchessa continuò a ribellarsi nonostante le minacce del marito, del Papa e dello stesso re di Francia.
Ercole allora le sottrasse la tutela delle figlie, conducendole in convento, e la fece rinchiudere nelle stanze del castello e la indusse a cedere. Renata, per timore di perdere il legame con le figlie, si rassegnò. Dopo dieci giorni di riflessione, si confessò e si comunicò secondo il rito cattolico. Per altri cinque anni Renata rimase a corte ma non fu più libera e di fatto restò prigioniera nel proprio palazzo esercitando la sua protesta non volendo più coabitare con il duca.
Alla morte del marito decise di tornare in Francia dove però si trovò a vivere tutti i tumulti legati alle guerre di religione. Nonostante le difficoltà dovute alla sua posizione sociale, che la vedevano mantenere rapporti diplomatici con tutte le più importanti famiglie francesi schieratesi dall’una e dall’altra parte, tornò ad occuparsi degli esuli per motivi religiosi e sovvenzionò le loro fughe quando non le fu possibile offrire protezione.
In quegli anni tornò apertamente alla fede evangelica, ma la sua posizione non si stabilizzò mai, cosa che tra l’altro le costò alcune rimostranze da parte di Calvino che non tollerava le posizioni ambigue. Dal suo atteggiamento possiamo dedurre che condannava la violenza dall’una e dall’altra parte dato che non appoggiò mai le truppe ugonotte apertamente. Il suo impegno fu tutto a favore delle vittime delle guerre, soprattutto di parte ugonotta, sebbene nel suo feudo, Montargis, convivessero cattolici e riformati ed i primi non furono mai espulsi, anzi, spesso vennero aiutati. Ricevette spesso pressioni per espellere dal suo territorio i rifugiati “eretici”, ma continuò ad esercitare il suo ruolo di protettrice e la sua fu una lunga resistenza fatta ora di pacifico ostruzionismo ed ora di sfida aperta. Quando il duca di Guisa, suo genero, mandò le forze armate nel suo territorio per spazzar via il “nido di eretici”, si vide costretta ad espellere i rifugiati.
La sua tumultuosa vita fatta di fede, abiure, pressioni diplomatiche e sofferenze legate alle sue idee religiose si spense il 12 giugno 1575. Per sua volontà, fu seppellita nella nuda terra, in una cassa di legno, senza monumenti funebri né cerimonie. Molte nobildonne italiane furono filo-riformate e presero parte a circoli culturali dove queste idee si diffusero rapidamente nonostante le minacce inquisitorie, ma poche finirono per vivere servendo la causa della Riforma in modo così deciso e radicale come invece accadde per Renata di Ferrara.