Rivoluzione della religione universale o rivoluzione dell’Evangelo?
“La nuova religione universale” è il titolo di un articolo di Eugenio Scalfari apparso sul quotidiano La Repubblica del 16 marzo 2021. Il decano dei giornalisti italiani definisce “una vera e propria rivoluzione” il moto ecumenico universalista che ha Papa Francesco come capo fila. Il fondatore di questo importante quotidiano italiano s’interroga da non credente sul fenomeno religioso in questione senza nascondere troppo tra le righe la sua approvazione per questa rivoluzione.
Certamente, la “rivoluzione” è un’agenda socio-politica ben progettata che si avvantaggia di “amicizie giornalistiche più o meno importanti” per essere diffusa, pubblicizzata e per acquisire consenso tra l’opinione pubblica. Il servizio che Scalfari fa è comunque quello di rendere sempre più pubblico ed esplicito il progetto ecumenico della Chiesa cattolica romana, che non riguarda più solo le diverse confessioni cristiane, ma tutte le religioni del mondo e che impegnerà il Vaticano per molti anni. Almeno questo è il modo in cui certa cultura laica capisce l’afflato universalista del cattolicesimo romano contemporaneo e ne viene affascinato.
L’enciclica papale “Fratelli tutti” è sicuramente il documento più significativo della “rivoluzione” in corso, ma non l’unico. Si pensi ad esempio al “Patto globale per l’educazione” che si occupa appunto di istruzione in termini ecumenici e universalistici. E questa logica non è affatto nuova ma è piuttosto la naturale progressione della cattolicità romana passata attraverso i suoi diversi stadi, dall’editto di Milano fino al Concilio Vaticano II, per arrivare a noi.
Perciò, siamo certi che si tratti proprio di rivoluzione? Oppure non è altro che l’evolversi sociologico di una propensione vecchia di millenni? Sì, è vero che le religioni hanno nella loro storia più battaglie che dialoghi, ma tutte le volte che si è trattato di trovare un accordo lo stile è sempre rimasto il medesimo: il compromesso, la mediazione e in molti casi addirittura lo scambio e l’assorbimento degli idoli, dei riti e delle tradizioni dei propri vicini. Ripercorrendo l’intera Bibbia, la tendenza all’universalismo è sempre intesa come idolatria rispetto all’unico vero Dio, uno e trino, che pretende e merita la vera adorazione. Già nel popolo d’Israele questa consuetudine era piuttosto radicata tanto che c’erano altari per ogni genere di divinità in ogni parte del regno. Il primo articolo del decalogo non sarebbe mai esistito se la realtà fosse stata diversa. Il tentativo di tenere insieme Dio con gli idoli è vecchio quanto il peccato e questo pensiero è così ben radicato nella nostra mente decaduta che può sembrare che coincida con la sua stessa esistenza. Ma non è così!
Quell’antico peccato è cresciuto e si è evoluto nelle forme attuali che non sono molto diverse da quelle sperimentate nell’Antica Grecia o nell’antica Roma. L’Apostolo Paolo conosceva bene entrambe le situazioni e nel suo famoso discorso all’Areopago affermò: “Dio dunque, passando sopra i tempi dell'ignoranza, ora comanda agli uomini che tutti, in ogni luogo, si ravvedano, perché ha fissato un giorno nel quale giudicherà il mondo con giustizia per mezzo dell'uomo che egli ha stabilito, e ne ha dato sicura prova a tutti risuscitandolo dai morti” (Atti 17,30-31). E ai Romani disse: “Infatti non mi vergogno del vangelo [di Cristo]; perché esso è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede, del Giudeo prima e poi del Greco; poiché in esso la giustizia di Dio è rivelata da fede a fede, com'è scritto: Il giusto per fede vivrà” (Romani 1,16-17).
La vera rivoluzione, in Italia e nel mondo intero, non coincide con la realizzazione di una religione universale che ingloba tutto e tutti per quieto vivere e che riconosce al Pontefice il suo primato di leadership, ma avviene continuamente e da sempre ogni volta che il popolo dei credenti in Gesù annuncia e vive l’Evangelo in modo sincero e schietto: esso è la Buona Notizia di Dio che vuole vedere tutti i popoli uniti per fede in Cristo soltanto, Colui per mezzo del quale tutte le cose sono state create e sussistono e davanti al quale ogni ginocchio si piegherà.
La cultura laica rappresentata da Scalfari legge “Fratelli tutti” di Papa Francesco come appello alla religione universale. E ha ragione! Il cattolicesimo romano si sta spendendo per ri-definire la “fraternità e sororità” dall’essere frutto della fede in Cristo all’essere una condizione di tutti gli uomini e le donne a prescindere dai loro credi. Biblicamente parlando, si tratta dell’ultima versione aggiornata dell’antico peccato di ammucchiare tutti e tutto in sfregio alla Parola di Dio.
Se l’unico cristianesimo per cui siamo disposti a spendere la nostra vita è una bevanda edulcorata ed annacquata come quella pan-religiosa, non sarà questo il movimento rivoluzionario dell’evangelo di cui la nostra generazione ha bisogno. Sarà, al contrario, un’ulteriore dose di “oppio dei popoli” somministrata dalle religioni del mondo rappresentate tutte dal pontefice romano.