Se la terra trema, la vita è scossa

 
 

Nella notte tra domenica 5 e lunedì 6 febbraio un terremoto di magnitudo 7,8 ha colpito il sud della Turchia ed il nord della Siria. A distanza di un giorno dall’evento sismico si riportano più di 4300 vittime e più di 6000 feriti: un disastro. Solo pensando a quanti ancora sono sotto le macerie, alla fragilità delle infrastrutture già provate da anni di guerra in Siria, alla velocità con cui il numero delle vittime sta salendo, non possiamo che aspettarci di peggio nei prossimi giorni. I volti disperati nelle immagini che vediamo nei telegiornali ci raccontano di uomini, donne, bambini, ricchi o poveri, politici o disoccupati. Il terremoto non risparmia proprio nessuno. Colpisce senza alcun preavviso, mentre guidi o mentre dormi, mentre lavori, mentre sei in vacanza o mentre stai partorendo. Può presentarsi in ogni stagione della vita, mentre hai ancora tanto da dare o nella stanchezza degli ultimi giorni. 

Io quei volti li ricordo bene. I volti di chi aveva appena perso tutta la sua famiglia, il suo lavoro e le sue certezze in soli 32 secondi. Erano i miei anni da giovane studente in una tiepida L’Aquila nel famoso aprile del 2009. Ero forte, atletico e determinato, ma fu solo la stabilità del palazzo in cui vivevo che mi permise di uscire vivo dalla scossa tremenda della notte (ancora una volta) tra la domenica del 5 ed il lunedì del 6. Nessuna capacità particolare, nessun balzo felino o riflesso istintivo, solo la volontà di Dio ha fatto in modo che la mia vita andasse avanti. Per me quel 6 aprile fu l’inizio della riflessione sulla vita e sulla necessità del Salvatore, per altre 309 persone, invece fu la tragedia dell’incontro con la morte.

Come a L’Aquila così e stato in Umbria, in Irpinia, in Veneto, nel Belice, e poi l’Emilia, Amatrice, nelle Marche, ma anche ad Haiti, in Giappone ed ora in Turchia. In tutto il mondo ed in tutte le epoche il terremoto ha messo e mette alla luce la nostra fragilità davanti alla morte. La terra che trema svela le speculazioni edilizie, le irregolarità o le guerre che hanno reso le case dei castelli di carte. Mette alla luce le menzogne della nostra vita in cui ci siamo mostrati forti ed intoccabili. Il terremoto ci spoglia del nostro orgoglio e mette in evidenza le conseguenze del nostro peccato. In quei primi giorni di disperazione ognuno non può far altro che sentirsi inerme davanti alla realtà della condizione umana e della drammatica realtà della morte. Fa male all’inizio, molto male e lascia sbigottiti fino a quando i pensieri non lasceranno il posto ai ricordi prima ed ai sogni poi, fino a finire nel dimenticatoio delle esperienze superate. La sofferenza lascerà spazio alla speculazione, la paura lascerà lo spazio al peccato. Questa è la prassi, è la strategia della sopravvivenza, l’oblio che permette di tornare al quotidiano senza troppi stravolgimenti dimenticando la propria miseria fino alla prossima tragedia.

La Bibbia, a differenza dei nostri tentativi di fuga dalla realtà, ci mette davanti alla verità della nostra condizione. L’apostolo Giacomo definisce la vita come un vapore (Gc 4,14), un alito fumoso nell’aria d’inverno che in un istante svanisce. Ogni giorno in questo vapore ci perdiamo nella quotidianità delle difficoltà. Sembra che la nostra vita non debba mai finire. Abbiamo la sensazione che, con le giuste accortezze, si può scampare o ritardare il più possibile l’ora della propria fine. Poi arriva il terremoto e ci ricorda che in realtà non è così.

Non importa quanto tu sia preparato a tutto questo o quanto questo articolo possa sembrare che “te la stia tirando”. La certezza di questa vita è che un giorno, presto o tardi dovrai fare i conti con la conseguenza estrema del peccato su questa terra, la morte. Non ti sto chiedendo se sei pronto a quel momento, nessuno lo è. Vorrei dirti però che in mezzo a questa grande disperazione c’è una speranza.

Mentre piangiamo, preghiamo e ci attiviamo per chi sta soffrendo, come chiesa evangelica affermiamo che Gesù Cristo è venuto a morire sulla croce affinché la morte che leggiamo negli occhi dei turchi e dei siriani possa essere sconfitta per sempre. Gesù ha già vinto la morte ed al Suo ritorno godremo della vera vita. Risorgendo dalla tomba il terzo giorno, il Signore ci ha promesso la fine della sofferenza ed un’eternità di gioia per chi ha creduto in Lui. “La morte è stata inghiottita nella vittoria in Cristo” (1 Cor 15,54).