Seoul chiama Italia (I). La sfida delle nuove generazioni

 
 

Il quarto Congresso di Losanna tenutosi a Seoul, Corea del Sud, si è da poco concluso. Per i quasi 5000 partecipanti, provenienti da più di 200 Paesi, l’esperienza è stata sicuramente arricchente ed irripetibile. Come lo stesso Michael Oh, CEO del Movimento, ha dichiarato: “Losanna non è riducibile ad una serie di congressi”. Anzi, i congressi in sé, per quanto rappresentino una pietra miliare nella storia del mondo evangelico, sono espressione di un movimento e di un’ambizione più ampia.  A 50 anni dal primo congresso, tenutosi a Losanna nel 1974, il movimento ha lo scopo di raccogliere stimoli e sfide dal mondo evangelico globale e rilanciare obiettivi e strategie da perseguire con lo scopo di “adempiere al grande mandato”.

“Che la chiesa dichiari e dimostri Cristo insieme” è stato lo slogan programmatico a Seoul. Per farlo sono stati individuate varie aree fragili in cui l’evangelismo deve impegnarsi per raggiungere “le estremità della terra”, non solo geografiche, ma anche digitali. In particolare, sono tre le parole d’ordine emerse: nuove generazioni, lavoro come missione e mondo digitale.

“Nuove generazioni” è stata sicuramente una delle parole chiavi emerse dal Congresso e un’area in cui impegnarsi intenzionalmente a livello globale. È stata sottolineata l’urgenza di raggiungere le nuove generazione e di non “perdere” la generazione Z che mostra segni di disaffezione verso i percorsi di fede strutturati e “impegnativi”.

Forse, mai come in questi tempi, la distanza tra le generazioni sembra abissale. Fattori quali la tecnologia, il cambio dei valori culturali e le nuove sfide a livello sociale sembrano costituire un muro di incomunicabilità tra le generazioni dei boomers, dei millennials e oltre. Il divario sembra allargarsi tra le generazioni “analogiche” e quelle dei nativi digitali. 

Questa condizione pone la chiesa globale davanti a tre sfide: raggiungere le nuove generazioni, integrarle e discepolarle e formare intenzionalmente nuove leadership. 

I giovani sembrano essere fuoriusciti dalle chiese e meno interessati alla vita religiosa tradizionale. I valori a cui fanno riferimento sono altri rispetto a quelli delle precedenti generazioni e, nel mondo della post-verità, gli strumenti dell’apologetica classica sembrano indeboliti. I giovani non sono tanto interessati al valore della verità, quanto a quello del “buono per me” e dell’autenticità. La sfida, quindi, è raggiungere le nuove generazioni con il messaggio che il Vangelo non solo è vero, ma è anche realmente trasformativo per la vita personale. Anche le sfide, le paure e i disagi che le generazioni giovani vivono sono nuove rispetto a quelle precedenti. Raggiungerli, significa rispondere alle loro esigenze attraverso le risposte che il Vangelo fornisce. 

Losanna 4 ha sfidato a integrare, ascoltare, discepolare i giovani in vista della formazione di giovani leader che sappiano parlare alla loro generazione e a quella futura. Creare la chiesa dei “giovani” non è la soluzione, anzi è parte del problema. Amicizia, mutualità e atteggiamento di reciproco ascolto tra le generazioni sono le sfide da cogliere. 

Una chiesa fiorente è quella in cui ogni membro può riconoscere un suo “Paolo” e un suo “Timoteo”, una guida da cui apprendere e un giovane da incoraggiare alla crescita. Con tanti margini di crescita, è stato tuttavia bello vedere che dalla mia rete di chiese hanno partecipato al Congresso sia “paoli” che “timotei”.

Il Movimento di Losanna in questi anni ha incoraggiato un passaggio di consegne e la crescita di una leadership giovane, ma la sfida resta quella di vedere questo movimento intergenerazionale nelle chiese, missioni e organizzazioni a livello locale e globale. 

La sfida chiama le chiese evangeliche italiane a sviluppare modelli e strategie per non perdere la capacità di raggiungere con il Vangelo le nuove generazioni e incoraggia ogni personalità in posizione di leadership ad impegnarsi intenzionalmente a formare una nuova generazione di uomini e donne saldi nella Parola. Il rischio è di sottovalutare l’aspetto intergenerazionale, di non lavorare intenzionalmente per questo scambio salutare e virtuoso e di “perdere” le prossime generazioni. 

(continua)