Tim Keller (1950-2023), un “gigante” della fede evangelica contemporanea

 
 

“Ci ha lasciati un gigante”. Così ha scritto Don Carson a commento della morte di Tim Keller a 72 anni. E’ vero: Keller è stato un “gigante” della fede evangelica a cavallo tra XX e XXI secolo, uno degli ultimi che il secolo scorso ci ha lasciato, un punto di riferimento globale per l’arcipelago evangelico, soprattutto per la generazione che si è affacciata al ministero pastorale e all’impegno evangelico all’inizio degli anni 2000. Anche i più giovani erano attratti dalla sua statura che sapeva unire profondità teologica e intelligenza apologetica, moderazione nei toni e radicalità nei contenuti, sensibilità culturale e rigore evangelico.

Come riassumere l’eredità di un “gigante”? Intanto non è facile incasellare Keller: è stato pastore in Virginia prima e poi a New York, predicatore sagace, apologeta versatile, autore di decine di libri di grande successo, leader di movimenti di grande impatto (su tutti: “The Gospel Coalition” per rafforzare l’identità evangelica soprattutto USA e “City to City”, una rete per l’incoraggiamento della fondazione di chiese nel mondo), Keller ha rappresentato al meglio l’evangelismo americano e la sua capacità di influenzare il movimento evangelicale in senso ampio. 

Intellettuale di primo livello capace di destreggiarsi nei meandri della cultura contemporanea, divulgatore in grado di rendere fruibili ed interessanti pensieri complessi, personalità dal tratto mite, quasi schiva, ancorché imponente, Keller ha dato lustro culturale alla figura del predicatore e slancio apologetico all’azione della chiesa. 

In sede del tutto provvisoria, se proprio si dovesse riassumere il lascito di questo “gigante”, sarebbero due i tesori lasciati in eredità:

1. la fondazione di chiese come ambizione missionaria permanente. Negli ultimi trent’anni, Keller ha contribuito a riorientare l’azione missionaria dai servizi para-ecclesiali al lavoro ordinario della chiesa locale e della fondazione di nuove chiese. Per molte ragioni, la missione evangelica era concepita in parallelo (se non in contrasto) con la chiesa locale riunita dall’annuncio dell’evangelo, dall’amministrazione degli ordinamenti e dalla disciplina reciproca. Keller ha vissuto in prima persona il fatto che l’evangelo non ha credibilità né futuro se non nella forma di chiese evangelicamente controculturali, calate nella cultura in cui vivono senza essere propaggini della stessa. Ha invitato anche le chiese a riprendere soggettività nell’ambizione di fondare nuove chiese e, quindi, a coltivare un realismo speranzoso nella potenza dell’evangelo.

2. l’attenzione apologetica verso l’Occidente secolarizzato. Quando Keller ha iniziato il suo ministero a New York, pochi avrebbero scommesso sull’idea “pazza” di fondare chiese nel cuore della città più secolarizzata del mondo. Keller si è impegnato in un’opera di esegesi culturale e di contronarrazione evangelica. Ha smascherato gli idoli, proponendo l’evangelo come vera alternativa. Ha decostruito anche i miti religiosi del perbenismo e del legalismo per mettere in risalto la forza liberante di Cristo. Ha integrato i ministeri diaconali, l’attenzione alle arti, la crescita nelle vocazioni lavorative, ecc. nella visione della chiesa. La sua apologetica non è stata solo intellettuale e libresca, ma ha avuto la vita della chiesa come laboratorio operoso.

Due parole su Keller e l’Italia. Pochi sanno che Keller aveva lontane origini italiane (da parte di madre). Quando venne a Roma, tra i rumori della città e i sapori assaggiati, confidò di provare una sensazione strana: quella del riaccendersi di suoni e del riattivarsi di sensazioni che aveva provato da bambino quando partecipava al “rito” chiassoso e gustoso del pranzo domenicale di una famiglia di immigrati. Quella giornata romana del 28 maggio 2014 fu, a suo modo, memorabile: Keller presentò il suo libro Ragioni per Dio al Senato, incontrò pastori e operatori evangelici, parlò agli studenti della Sapienza e la sera predicò pubblicamente in una chiesa evangelica. Fu un dono di Dio. 

La sua opera è stata conosciuta anche in Italia. I suoi libri più popolari sono stati tradotti ed apprezzati. Si pensi a Ragioni per Dio, Il Dio prodigo, Idoli e inganni, Il matrimonio, tutti volumi mai banali, sempre profondi ed arricchenti. In preparazione è anche l’edizione italiana della Chiesa al centro, forse il suo libro più importante. Inoltre, indicativi della sua riflessione sulla missione nelle città sono i due saggi: “La missione che fa la differenza” e “La chiesa che vive la missione” in Studi di teologia N. 39 (2008).

L’eco del ministero di questo “gigante” si è sentita forte e chiara anche in Italia. Come dice Don Carson, come Abele, benché morto “la sua fede parla ancora” (Ebrei 11,4).