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Tommaso d’Aquino (1225-1274), a che punto è il discernimento evangelico?

Il 7 marzo 1274, esattamente 750 anni fa, moriva Tommaso d’Aquino. Quest’anno e il prossimo (ottavo centenario) saranno occasioni particolari per fare i conti con il suo lascito. Ci saranno infatti convegni, pubblicazioni e iniziative varie in tutto il mondo.

Avvicinarsi a Tommaso d’Aquino è incontrare uno dei giganti della teologia di ogni tempo. Per l’influenza esercitata sul cristianesimo occidentale, Tommaso è forse secondo solo ad Agostino. Più specificamente, è da secoli che il cattolicesimo romano considera Tommaso come un suo campione, la voce più alta, più profonda, più completa del pensare e del credere cattolico. Canonizzato da Giovanni XXII già nel 1323 a soli cinquant’anni dalla morte, fu proclamato dottore della chiesa da Pio V nel 1567 come teologo cattolico per antonomasia il cui pensiero avrebbe sconfitto la Riforma. Durante il Concilio di Trento, la Summa theologiae fu messa simbolicamente accanto alla Bibbia a testimonianza della sua importanza precipua nel formulare i decreti e i canoni tridentini contro la giustificazione per fede soltanto. Nel Seicento, Tommaso fu considerato il difensore del sistema teologico cattolico da Roberto Bellarmino, il più grande controversista anti-protestante che influenzò generazioni intere di apologeti cattolici. Nel 1879 papa Leone XIII emanò l’enciclica Aeterni Patris con la quale indicò Tommaso come l’espressione più alta della scienza filosofica e teologica in un clima segnato dall’aspro confronto con il pensiero moderno. Il Concilio Vaticano II (1962-1965) stabilì che la formazione dei preti avesse Tommaso come guida suprema negli studi (Optatam Totius, n. 17). 

In anni più recenti ancora, Paolo VI (Lumen ecclesiae, 1974) e Giovanni Paolo II (Fides et ratio, 1998) hanno espresso un deferente apprezzamento indicando Tommaso come “maestro di pensiero e modello del retto modo di fare teologia” (FR, n. 43). Questo per dire che la chiesa di Roma si è appropriata di Tommaso in modo persistente, integrale e convinto, elevandolo a teologo cattolico per eccellenza. Non a caso è tradizionalmente chiamato Doctor Angelicus per il tenore “celestiale” del suo pensiero e per la sua angelica castità. 

Negli ultimi decenni e con una crescente intensificazione, Tommaso è stato invece avvicinato ad una sensibilità teologica protestante. Di fatto, sembra esserci oggi una percezione diffusa che Tommaso non sia più un patrimonio per i soli cattolici e che da Tommaso gli evangelici possano e debbano imparare molto. 

Mentre certi settori della teologia evangelica conoscono un vero e proprio flirt con il pensiero di Tommaso, può essere utile ricordare la lezione di un grande teologo riformato come Herman Bavinck (1854-1921). Come con altri Padri della chiesa antichi e medievali, così Bavinck adotta un approccio a Tommaso che è stato definito come “eclettico”, cioè libero di raccoglierne spunti e tesi nella consapevolezza del suo essere dall’altra parte (quella cattolico-romana) rispetto ai fondamenti della teologia riformata. All’interno di una teologia saldamente ancorata alla Scrittura e alla lezione della Riforma che le dà la struttura, Bavinck legge Tommaso con intelligenza e acume spirituale, utilizzandone elementi vari senza per questo sposare il suo sistema. Per Bavinck la grazia non eleva o perfeziona la natura, ma la redime dal peccato. Questo eclettismo sembra essere anche il modo in cui i Riformatori e gli scolastici riformati e luterani hanno letto Tommaso, talvolta approvandone le posizioni e gli argomenti, ma avendo ben chiaro che l’impianto della teologia di Tommaso costruita sul motivo natura-grazia era distinta e distante dalla fede evangelica.

Tommaso è l’autorità riconosciuta dietro molti degli sviluppi non biblici del cattolicesimo romano medievale e moderno, da Trento al Vaticano I e al Vaticano II. Non si possono non vedere gli elementi distorsivi che sono presenti nel cuore del suo sistema e che hanno generato allontanamenti, più che avvicinamenti, alla fede biblica.

I teologi protestanti (da Pietro Martire Vermigli a Herman Bavinck, passando per Francesco Turrettini) hanno generalmente esercitato discernimento teologico che ha permesso loro di apprezzare aspetti della sua teologia che rientravano nel solco della fede biblica e ortodossa e di respingerne l’insegnamento laddove confliggeva con la Scrittura. In altre parole, non hanno sposato il sistema tomista in quanto tale (comprese la sua metafisica e la sua epistemologia), ma l’hanno scomposto nelle sue parti fin dove era possibile farlo con integrità e l’hanno usato “ecletticamente”. La loro attenzione verso Tommaso è stata più metodologica che sostanziale. Essi si sono limitati a prendere in prestito alcune delle sue idee, senza però assegnare loro un’importanza architettonica.

Non si tratta di rigettare Tommaso come teologo quintessenzialmente tossico e da evitare assolutamente, né di elevarlo a campione dell’ortodossia cristiana, ma di considerarlo come un interlocutore imprescindibile nella storia del pensiero cristiano da leggere criticamente e generosamente alla luce del principio della “sola Scrittura” che la Riforma ha richiamato all’attenzione dell’intera chiesa. 

P.S. Mi permetto di segnalare due mie pubblicazioni che possono aiutare il discernimento evangelico relativo a Tommaso: “Letture medievali (XII-XV secolo)”, Studi di teologia N. 70 (2023) e il volume Engaging with Thomas Aquinas. An Evangelical Approach, London, IVP 2024 (in uscita a maggio).


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