Tra Pietro Valdo e Francesco d’Assisi: papa che vai, scomunica che trovi
Apparentemente simili, ma trattati in modo profondamente diverso. Così può essere riassunta la storia di Pietro Valdo e di Francesco d’Assisi. Venerdì 21 dello scorso mese di ottobre a Torino si è svolto presso il salone delle conferenze della Caritas zonale l’incontro dal titolo “Da Pietro Valdo a Francesco d’Assisi: storia del richiamo alla povertà evangelica nel 1200”. Svolta la parte su Pietro Valdo, dopo di me il dottor Piovano ha declamato il “Cantico delle Creature” ispirato qua e là ad alcuni Salmi della Bibbia.
Per quanto riguarda la biografia di Valdo, nato presumibilmente nel 1140 da una ricca famiglia di Lione, nella fanciullezza conduce una vita agiata e priva di stenti. Tuttavia, divenuto un giovane adulto, una calda sera di luglio, in compagnia di alcuni suoi coetanei, vede morire improvvisamente davanti a sé un intimo amico. La cosa lo sconvolse al punto che l’evento lo condurrà a chiedersi cosa ne sarebbe stato della sua anima, se anche lui fosse morto in maniera così repentina. Dopo aver interrogato un saggio teologo di Lione, questi gli rispose con la citazione di Matteo 19:21: “Gesù gli disse: «Se vuoi essere perfetto, va', vendi ciò che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro nei cieli; poi, vieni e seguimi»”.
Valdo prende il versetto alla lettera. Inchiodato all’intransigenza di Gesù, restituisce le ricchezze accumulate in maniera disonesta. Volle approfondire lo studio della Bibbia, ma Valdo non conoscendo il latino, pagò due dotti ecclesiastici, per far tradurre il Vangelo, come altre parti della Bibbia ed alcuni scritti dei padri della Chiesa, anche a tutto vantaggio dei suoi seguaci, che potevano finalmente leggere nella lingua madre.
Decise dunque, nel 1173, di lasciare la vita matrimoniale, donando alla moglie la grande casa di famiglia. Diede la legittima dote alle figlie, per farle poi accogliere nel monastero di Fontevraud nella regione della Loira. Offrì tutto il resto della sua ricchezza ai poveri.
A 36 anni si circondò di un nucleo di seguaci con i quali si mise a predicare il messaggio evangelico. La loro predicazione si svolse, a differenza dei futuri Riformatori, all'interno della dottrina cattolica e di una chiesa ricca, sfarzosa e piena di orpelli. Possiamo dire che il proprium di Valdo volle essere quello della rivalutazione dei laici. A tal riguardo, le sue parole furono: “E’ venuta l’ora del laicato, che maturandosi laboriosamente dalla soggezione dei secoli, promuove l’ora della partecipazione del popolo alla vita religiosa, fin qui monopolizzata dal clero. Occorre un rinnovamento spirituale in seno alla cristianità, per opera dei credenti”.
Il successo che il piccolo movimento raccolse intorno a sé preoccupò il clero lionese. Fu così che l’arcivescovo locale gli ingiunse di smettere di predicare, perché l’annuncio del Vangelo avrebbe dovuto essere riservato ai sacerdoti. Dopo diverse traversie, Valdo ed i suoi seguaci furono scomunicati da Papa Lucio III nel Concilio di Verona del 1184 con la bolla Ad Abolendam.
Alla fine della serata ho voluto esprimere alcune considerazioni con una domanda e una riflessione:
Se per papa Lucio III il vulnus che causò la scomunica di Pietro Valdo fu il laicato che voleva predicare, come mai per Francesco le cose andarono diversamente? Anche Francesco, come Valdo, non era un sacerdote, ma un laico, un semplice diacono. Anche Francesco, predicò la povertà. Eppure, quando si recò a Roma, papa Innocenzo III gli concesse l’autorizzazione ad organizzare l’ordine dei “Fratrum Minorum”, senza problemi.
Dopo 25 anni di ministero pastorale e dopo aver visto pontefici da Paolo VI a papa Francesco, ho maturato in me una convinzione: ciascun papa regnante, prova a disegnare la Chiesa cattolica romana a suo piacimento. Ogni papa si è dimostrato, in base alle circostanze, più conservatore o maggiormente progressista rispetto al predecessore, sempre però non volendo mettere a repentaglio l’istituzione-chiesa e le sue prerogative. Ratzinger rispolverò la mantella di ermellino ed il tronetto barocco in velluto e legno dorato. Papa conservatore che strizzò l’occhio ai preti tridentini di Lefebvre, mentre Francesco, appena eletto papa, si presenta al loggione di piazza San Pietro, salutando i fedeli con un colloquiale “Fratelli e sorelle, buona sera!”. Possiamo quindi concludere che Valdo trovò un papa intransigente e Francesco d’Assisi un papa che riconobbe l’ordine, purché non contestasse il potere e la ricchezza della Chiesa cattolica romana. Uno fu scomunicato, l’altro fu osannato. La chiesa di Roma espulse il primo sentendosi minacciata e accolse l’altro vedendo da subito che il richiamo francescano alla povertà non avrebbe scardinato l’istituzione cattolica.