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Esistono punti di contatto con i non credenti? La distinzione di J.H. Bavinck tra sensus divinitatis e sensus numenis

Nel corso dei secoli, la chiesa si è sempre chiesta, in virtù della sua chiamata intrinsecamente missionaria e testimoniale (Matteo 28,18-20), da quali presupposti partire quando si condivide e predica il Vangelo ai non credenti. Tra coloro che sono rigenerati dallo Spirito Santo e coloro che sono morti nei loro peccati, c’è qualche terreno comune che permetta ai primi di partire avvantaggiati nella proclamazione evangelica rivolta ai secondi? Tra i teologi che hanno cercato in tempi più recenti di rispondere a questa rilevante questione, c’è anche Johan Herman Bavinck (1895-1964), nipote di Herman Bavinck (1854-1921), prima missionario in Indonesia e poi professore di missiologia alla Libera Università di Amsterdam e all’Università Teologica di Kampen. 

A presentare alcuni aspetti del suo pensiero presso l’Università Teologica di Utrecht in occasione dell’ottava edizione della Herman Bavinck Lecture (13/06/2024) è stato James Eglinton, senior lecturer in teologia riformata all’Università di Edimburgo, autore della pluripremiata biografia di Herman Bavinck, e recente traduttore e curatore di J.H. Bavinck, Personality and Worldview, Crossway, 2023. Dopo aver introdotto la vita di Bavinck “junior” e ripreso i suoi cinque punti magnetici della fede, il teologo scozzese ha approfondito il punto di vista del missiologo olandese sui punti di contatto tra credenti e non credenti.

Mentre tra il 19 e 20esimo secolo, c’erano teologi che ritenevano fosse necessario integrarsi nella cultura e individuare i punti di contatto necessariamente presenti (Abraham Kuyper), altri erano convinti che non ci potesse essere nessun terreno comune tra il “Sì” di Dio e il “No” dei non credenti (Karl Barth), e altri ancora consideravano il predicatore stesso l’unico punto di contatto (Hendrik Kraemer), J. H. Bavinck aveva individuato una sorta di terzo quid, facendo distinguendo tra il punto di contatto materiale e il punto di contatto formale. 

Secondo il missiologo, il punto di contatto materiale è quando il credente e il non credente discorrono utilizzando gli stessi termini (ad es. Dio, perdono, redenzione), portando il primo a pensare ingenuamente che il secondo condivida il suo stesso punto di vista e che egli sia già sulla buona strada. Non sorprende che Bavinck sia molto critico di questo approccio: egli ritiene infatti che le parole non siano mai utilizzate atomisticamente (separate da ciò che le precede e succede), ma che siano organicamente e necessariamente collegate tra di loro all’interno di un sistema concettuale. Riprendendo le parole di Eglinton: “Ogni singola parola è una piccola rivelazione di una più grande visione del mondo”. Un’idea molto simile è ripresa sia da Gresham Machen quando si confronta con il liberalismo sia da Leonardo De Chirico in Stesse parole, mondi diversi. I cattolici e gli evangelici credono allo stesso Vangelo?, Caltanissetta, Alfa&Omega 2021. 

Se da una parte, Bavinck ritiene superficiale e inconclusivo il punto di contatto materiale, dall’altra, egli considera testimonialmente valido il punto di contatto formale. Quest’ultimo implica tenere presente che, nonostante le parole siano concettualmente diverse, esse rimangano uguali nella forma, cioè che parole come ad. es. Dio, giustizia, peccato, salvezza e perdono, siano verità cercate dal non credente “come a tastoni” (Atti 17,27), ma che esse vengano riempite da concetti non biblici e deviati-devianti rispetto alla Parola di Dio.

Come è possibile per Bavinck fare questa distinzione? Egli ritiene che la soppressione del sensus divinitatis illustrata da Paolo in Romani 1 non elimini il sensus numenis, cioè quella ancora più vaga ma inestricabilmente presente intuizione religiosa che l’anima (o l’intelletto) recepisce dalla rivelazione generale. Detto in altri termini, mentre i non credenti sopprimono la conoscenza del Dio della Parola, non riusciranno mai e poi mai a sopprimere la coscienza religiosa declinata nei cinque punti magnetici, cioè il loro desiderio profondo di connettersi alla realtà, vivere secondo una norma, uscire dall’oppressione, conoscere il loro destino e misurarsi con il soprannaturale. 

Ecco allora la necessità imperativa da parte dei credenti di diventare studenti della cultura nella quale vivono e operano su due livelli interconnessi. Secondo Bavinck, infatti, essi sono chiamati a comprendere approfonditamente non solo come la cultura dominante risponde falsamente al vago senso numenis dell’uomo (livello macro), ma anche a prestare pastoralmente attenzione alle personalità di ciascun individuo (livello micro), discernendo quale dei cinque punti magnetici è più nevralgico rispetto agli altri e da lì fare breccia nel cuore di pietra, coscienti e speranzosi che il vangelo di Gesù Cristo risponderà alla loro irrequietezza dato che il Signore ci ha fatti per lui e il nostro cuore non ha posa finché non riposa in lui (Agostino, Confessioni 1.1). 


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