Un “Piano Colao” per l’evangelismo italiano?

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Cosa sarà dell’Italia tra 5 anni? Mentre si fronteggiava l’emergenza del virus, il Governo italiano ha nominato, tra le altre, una task-force presieduta da Vittorio Colao per immaginare una via di uscita dell’Italia dalla crisi che la pandemia ha acutizzato. Ora, questo gruppo di lavoro ha prodotto un piano, il “Piano Colao”, per l’appunto. Esso contiene una visione per la ripartenza dell’Italia dalla crisi facendo lo sforzo di immaginare la realizzazione di una Italianuova e diversa i cui capisaldi sono la digitalizzazione e l’innovazione nel pubblico e nel privato, la rivoluzione verde, la parità di genere e l'inclusione. Questi ultimi sono il "vangelo" secolare del “Piano Colao” da cui si diramano 53 pagine di proposte concrete. Quanto sia realistico e realizzabile è presto per dire. Ciò che interessa qui sottolineare è che il Piano ha una visione di “futuro”, immagina il dopodomani della società italiana e individua qualche passo per un movimento in avanti. 

Prendendo spunto da tutto ciò, forse è utile chiedersi se non sia utile (se non proprio urgente) una sorta di “piano Colao” per l’evangelismo italiano: uno sforzo per immaginare un futuro diverso per la testimonianza evangelica in Italia dopo una lunga, lunghissima stagione di crisi.In genere, la narrazione evangelica è stata scritta con l’inchiostro della negatività (tribalismi, particolarismi) e sulla carta dell’emergenza (minoranze con pochi diritti, infrastrutture fragili, molti fallimenti accumulati). Se ci si confronta tra evangelici sul presente e sul futuro della testimonianza, si raccolgono voci pessimiste, se non disfattiste.  

Molti elementi di questa percezione negativa sono realistici e non possono essere superati solo invocando retoricamente un “risveglio”. Tuttavia, la stagione della pandemia che abbiamo vissuto ha acceso due spie di speranza che non possiamo trascurare o archiviare frettolosamente. Infatti non era mai successo che quasi tutto l’evangelicalismo italiano partecipasse ad una iniziativa di preghiera comune per il Paese (22 marzo 2020). Di fronte alla crisi, come credenti in Gesù Cristo abbiamo pregato insieme. Non è stato questo un evento diverso rispetto alla frase trita e ritrita secondo cui sono “pochi e ben divisi”? Abbiamo pregato insieme, ci siamo ritrovati in preghiera per i malati, per le autorità, per le chiese, per l’Italia. Non era mai successo prima e questo fatto non è per niente trascurabile. 

Sulla scia della preghiera comune, nel momento in cui si è reso necessario affrontare la “fase 2” della riapertura dei locali di culto, una fetta consistente di quel fronte evangelico unitario che si era ritrovato nella preghiera è confluito in un “comitato di scopo” per affrontare insieme il confronto con le Autorità. Questo lavoro è sfociato nella sigla del “Protocollo” del 15 maggio dopo il quale sono ripresi i culti pubblici e di presenza. Anche in questo caso si è trattato di un evento unico. In precedenza, simili questioni venivano delegate ai rappresentanti di una specifica confessione in ragione dei trascorsi negoziali con lo Stato oppure ognuno avrebbe cercato indipendentemente (e spesso vanamente) una via d’uscita soltanto per sé. Questa volta, invece, siamo andati avanti insieme e uniti. 

è utile chiedersi se non sia utile una sorta di “piano Colao” per l’evangelismo italiano: uno sforzo per immaginare un futuro diverso per la testimonianza evangelica in Italia dopo una lunga, lunghissima stagione di crisi.

Abbiamo realizzato che non possiamo solo pregare insieme (e già questo è un grande dono!), ma che possiamo anche affrontare insieme questioni di comune interesse per quanto riguarda la testimonianza pubblica dell’evangelo. Anche questo va in controtendenza rispetto alle letture ciniche e disfattiste.

Paradossalmente, la pandemia ha fatto del bene all’evangelismo italiano. Ora ci dobbiamo chiedere: alla luce di questi due fatti importanti e ravvicinati, non è venuto il momento per uno scatto in avanti? Non è arrivato il tempo per la convocazione degli “stati generali” dell’evangelismo italiano per fare il punto della situazione e immaginare insieme il domani? Non è il momento per un “piano Colao” evangelico che raccolga uomini e donne timorati di Dio che sognano un futuro diverso per la testimonianza evangelica nel nostro Paese? Se ci sarà un futuro, esso non potrà che essere vissuto insieme e trasversalmente rispetto alla varietà della famiglia evangelica; non alcuni senza gli altri, ma ciascuna espressione del popolo evangelico con le altre in vista di una riforma e di un risveglio secondo l’evangelo. Chi è pronto per gli “stati generali”? Chi può dare un contributo per un “piano Colao” dell’evangelo che immagini in preghiera e in azione un futuro diverso per le chiese e per l’Italia?