BEM (1982), un “fossile” del movimento ecumenico?
BEM è una sigla che non vuole dire molto al lettore evangelicale medio. Eppure è l’acronimo di un importante documento del movimento ecumenico contemporaneo: Battesimo Eucaristia Ministero.[1] Quarant’anni fa, nel 1982, veniva infatti approvato a Lima (Perù) un testo redatto nell’ambito della commissione Fede e Costituzione del Consiglio Ecumenico delle Chiese (CEC), ma aperta anche ad esponenti cattolici.
Il quarantesimo anniversario del BEM è stata l’occasione per la pubblicazione del libro di Luca Ferracci, Battesimo Eucaristia Ministero. Genesi e destino di un documento ecumenico, Bologna, Il Mulino 2021, che è un denso studio storico sui processi che hanno portato all’elaborazione del testo e sulla variegata ricezione che esso ha avuto nelle varie famiglie del cristianesimo ecumenico e nelle diverse regioni del mondo.
L’asse portante della proposta del BEM è presto riassunta. Professare nel battesimo la stessa fede, condividere lo stesso calice, accettare reciprocamente i ministri sono considerate le tre condizioni indispensabili per il riconoscimento reciproco tra le diverse chiese ecumeniche (cattolica, protestanti, ortodosse, ecc,). Mentre sul battesimo il movimento ecumenico ha raggiunto un sostanziale allineamento, sull’eucarestia è ancora in alto mare e dunque anche sul ministero si è ben lungi dall’aver raggiunto il desiderato risultato di unità. Nel libro di Ferracci si parla addirittura del BEM come di un documento che appartiene suo malgrado alla collezione di “fossili” del movimento ecumenico: oggetti di studio di un passato che fu, ma inanimati e privi di vita.
A suo tempo, il BEM è stato oggetto di una certa attenzione critica anche da parte evangelicale.[2] In particolare, il primo rilievo teologico ha a che fare col punto di partenza deviante della visione ecumenica dell’unità. Il BEM sostiene che l’unità cristiana è sancita dal battesimo impartito in nome della Trinità. Il battesimo è pensato come la condizione dell’unità e i battezzati sono uniti tra loro in virtù del battesimo ricevuto dalle chiese che lo hanno amministrato. Le chiese hanno quindi il compito di riconoscere i reciproci battesimi e di lavorare per consolidare l’unità già esistente in ragione del battesimo.
Il battesimo è allora la base dell’unità già esistente che, nella visione del BEM, deve portare alla comune celebrazione dell’eucaristia e al reciproco riconoscimento dei ministeri. In ogni caso, i cristiani sono uniti in quanto battezzati. Nella visione ecumenica, si può anche dire che i cristiani sono tali in quanto sono battezzati.
La fede evangelica confessante problematizza la comprensione del battesimo come segno che precede la ricezione della fede (ex-ante) e sposta l’attenzione sul battesimo in quanto segno che segue la ricezione individuale della fede (ex-post). Il battesimo come segno di unità riguarda allora i credenti professanti che, in quanto credenti, sono stati battezzati dalla chiesa. Il criterio di unità risulta rovesciato rispetto al BEM. Non è il battesimo che unisce, ma è la fede ricevuta per grazia soltanto da Dio che unisce. Questa fede viene professata dai credenti che, avendone dato testimonianza pubblica col battesimo, sono quindi uniti in Gesù Cristo. Il battesimo non è allora un sacramento avente un’efficacia a sé stante o una forza causativa indipendente, quanto un atto che testimonia una realtà che lo precede e di cui il battezzato è già parte in quanto credente.
Lo spostamento di accento ha inevitabili ripercussioni in ambito ecumenico. Il locus dell’unità transita dal battesimo alla fede, dal sacramento alla professione, da un atto unico ad una testimonianza continua. Sono uniti non tanto i battezzati, quanto i credenti[3]. Gli evangelici sono pertanto portatori di una visione d’unità che include non tanto i battezzati, quanto i credenti, tutti i convertiti, i “nati di nuovo”, coloro che credono in Gesù Cristo. Naturalmente, ci si aspetta che i credenti siano anche battezzati, ma non è il battesimo a renderli credenti (quindi uniti tra loro), bensì è la fede ricevuta e professata a fondare l’unità e a permettere l’amministrazione del battesimo da parte della chiesa.
Il problema del BEM non è la scarsa ricezione del mondo ecumenico tanto da averlo reso un fossile, ma la sua teologia dell’unità che è basata su punti di partenza tanto discutibili da non poter essere veramente utili.
[1] Battesimo, Eucaristia e Ministero, a cura di P. Ricca e L. Sartori, Torino-Leumann, Claudiana-Elledici 1982.
[2] Per un’analisi evangelica del BEM, cfr. H.R. Jones, Gospel and Church. An Evangelical Evaluation of Ecumenical Documents on Church Unity, Bridgend, Evangelical Press of Wales 1989, pp. 105-130 e P. Schrotenboer (ed.), “An Evangelical Response to BEM”, Evangelical Review of Theology 13:4 (1989) pp. 291-313. Più in generale su questi temi, cfr. L. De Chirico, Quale unità cristiana. L’ecumenismo in discussione, Caltanissetta, Alfa&Omega 2016,
[3] Nelle società “cristiane” o “post-cristiane”, vi sono tante persone battezzate ma non credenti, persone che sono passate nelle acque battesimali ma non danno alcun segno di vitalità cristiana. La domanda è: vi può essere unità cristiana con persone che sono state battezzate ma per le quali Gesù Cristo non significa nulla?