Il beneficio di Cristo (III). Tutto dipende da Gesù Cristo

 
 

Quando Il beneficio di Cristo dice che tutto dipende da Gesù Cristo, intende il perdono, la giustificazione e la salvezza dai nostri peccati. In altre parole, una vita risanata e la vita eterna nella presenza di Dio dipendono da Gesù Cristo.

Lui è tutto e da Lui proviene il dono della salvezza, dall’inizio alla fine. Nel presentare il “beneficio di Cristo” nel Cinquecento italiano, Benedetto da Mantova e Marcantonio Flaminio (autori del libretto) lo dicono bene[1]:

Avendo dunque il nostro Dio mandato quel gran profeta che ci aveva promesso, che è l’unigenito suo Figlio, acciocché esso ci liberi dalla maledizione della Legge, e riconcili con lo nostro Dio, e faccia abile la nostra volontà alle buone opere, sanando il libero arbitrio, e ci restituisca quella divina immagine (Colossesi 3,10), che perduta abbiamo per la colpa de’ nostri primi parenti; e conoscendo noi che sotto al cielo non è dato altro nome agli uomini, nel quale ci possiamo salvar, fuori che il nome di Gesù Cristo (Atti 4,12), corriamo con li passi della viva fede a lui nelle braccia, il quale ci invita gridando: ‘Venite a me tutti voi che siete affannati e aggravati, e io vi darò riposo (Matteo 11,28). 


A causa del peccato, abbiamo infranto l’immagine di Dio e fatto ammalare il libero arbitrio. Vent’anni prima del Beneficio di Cristo, Erasmo aveva scritto sul “libero arbitrio” (1524) e Lutero aveva risposto parlando di “servo arbitrio” (1525). Il Beneficio echeggia questo dibattito molto sentito nel Cinquecento e, pur non prendendo in modo netto la posizione luterana, si distanzia di più da quella erasmiana. Il punto è che, senza Cristo, il peccatore è perduto e non puà far niente per salvarsi. 


Ma il tutto consiste che conosciamo daddovero l’infermità e miseria nostra, perché non gusta il bene chi non ha sentito il male. E perciò dice Cristo: ‘Se alcuno ha sete, venga a me e beva’ (Giovanni 7,37), quasi voglia dire che, se l’uomo non si conosce peccatore e non ha la sete della giustizia, non può gustare quanto dolce sia questo nostro Gesù Cristo, quanto sia suave pensare e parlar di lui e imitar la sua santissima vita. 


Avvertire il proprio peccato e constatare la propria impotenza è essenziale per aprirsi a gustare la “dolcezza” del Signore Gesù. Senza consapevolezza di peccato e pentimento da esso si rimane assetati senza alcuna possibilità di soddisfare la sete che solo Cristo può acquetare.


Se adunque conosciamo l’infermità nostra per l’ufficio della Legge, ecco Gioan Battista ci mostra col dito il medico benignissimo, dicendo: ‘Ecco l’agnello di Dio, il qual leva li peccati del mondo’ (Giovanni 1,29), il qual, dico, ci libera dal grave giogo della Legge, abrogando e annichilando le sue maledizione e aspere minacce, sanando tutte le nostre infermità (Galati 3,13; Giovanni 9), riformando il libero arbitrio, ritornadoci nella pristina innocenza e instaurando in noi la immagine di Dio… 


Di nuovo torna il “libero arbitrio”. Prima il Beneficio ha detto che è malato e ha bisogno di essere sanato. Ora dice che è storto e piegato e ha bisogno di essere “riformato”, così come l’immagine di Dio rotta dal peccato è restaurata da Gesù.


Tutti noi come pecore errammo e ciascuno di noi alla propria via si è rivolto, e il Signor ha fatto concorrere sopra di lui le iniquità di tutti noi; egli è stato oppresso e ingiuriato, e nondimeno non ha aperto la bocca sua. Come agnello al macello sarà condotto, e come pecora che innanzi a li tonsori suoi sta muta, così egli non aprirà la bocca sua’ (Isaia 53,1-7).

Oh grande ingratitudine! oh cosa abominevole! se, facendo noi professione di cristiani, e intendendo che il Figliuolo di Dio ha tolto sopra di sé tutti gli peccati nostri, i quali esso ha tutti scancellati col suo preziosissimo sangue, lasciandosi castigare per noi in croce, nondimeno pretendiamo di volerci giustificare e impetrare la remissione de’ nostri peccati con le nostre opere, quasi che i meriti, la giustizia, il sangue di Cristo a ciò far non basti, se non vi aggiungiamo le nostre sozze giustizie e macchiate di amore proprio, di interesse e di mille vanità, per le quali abbiamo più tosto da domandare a Dio perdono che premio. 


Che illusione deviante è pensare che uno possa giustificarsi da solo con opere e meriti. L’unico che può giustificare è Gesù Cristo grazia alla sua opera sulla croce. 


Questo onore si dà solamente al suo unigenito Figliuolo; esso solo col sacrificio della sua passione ha sodisfatto per tutti i nostri peccati passati, presenti e futuri (vedi Ebrei capitoli 7,9,10 e Giovanni capitoli 1, 2)….Ogni volta che noi per fede applichiamo questa soddisfazione di Cristo all’anima nostra, godiamo indubitatamente della remissione dei peccati, e per la giustizia di lui diventiamo buoni e giusti presso a Dio


Ecco il “beneficio” di Cristo! Il perdono dei peccati, la giustizia imputata e la nuova vita inaugurata dalla grazia. Solo Cristo ha compiuto questa opera e solo Cristo può donare la salvezza.


Diamo (allora) tutta la gloria della nostra giustificazione alla misericordia di Dio e agli meriti del suo Figliuolo, il quale col sangue suo ci ha liberati dallo imperio della Legge e dalla tirannide del peccato e della morte e ci ha condotti nel regno di Dio per donarci eterna felicità…

Abbracciamo, fratelli dilettissimi, la giustizia del nostro Gesù Cristo, facciamola nostra per mezzo della fede, teniamo per fermo di esser giusti, non per le opere nostre, ma per i meriti di Cristo, e viviamo allegri e sicuri che la giustizia di Cristo annichila tutte le nostre ingiustizie e ci fa buoni e giusti e santi nel cospetto di Dio. Il quale, quando ci vede incorporati nel suo Figliuolo per la fede, non ci considera più come figliuoli di Adamo, ma come figliuoli suoi, e ci fa eredi con il suo legittimo Figliuolo di tutte le ricchezze sue


Ecco che, avendo Cristo compiuto tutto per la nostra salvezza e noi non potendo fare nulla per meritarla, dobbiamo riceverla “per mezzo della fede” e alla “sola gloria di Dio”. Solo Cristo, sola fede e solo a Dio la gloria sono i capisaldi della fede evangelica a cui il Beneficio dà voce. 



Della stessa serie: 

“Il beneficio di Cristo (I). Un libriccino del Cinquecento da riscoprire” (5/9/2024)

“Il beneficio di Cristo (II). Senza la legge non c’è Vangelo” (20/9/2024) 


[1]: Le citazioni sono tratte da Benedetto da Mantova e Marcantonio Flaminio, Il beneficio di Cristo, capitolo 3, a cura di Salvatore Caponetto, Torino, Claudiana 2009.