Che piaccia o meno il cristianesimo è “l’aria che respiriamo”. Davvero?
La metafora del libro è semplice e presto detta. L’aria che respiri ti può apparire pesante o leggera, viziata o frizzante, fredda o calda, ma per vivere e sopravvivere la devi respirare. Punto. E’ l’aria che ti tiene in vita. Se smetti di respirarla muori.
Glen Scrivener, dinamico e creativo evangelista australiano, usa questa metafora per dare il titolo al suo nuovo libro: The air we breathe. How we all came to believe in freedom, kindness, progress and equality, Epsom, The Good Book Company 2022. Il mondo anglosassone, ma non solo quello, è attraversato dall’onda lunga dell’ateismo militante di Dawkins e compagnia, che hanno raccolto i fili della polemica anti-cristiana della cultura contemporanea (Marx, Nietzsche, Freud, ecc.). Questi critici hanno popolarizzato l’idea che il cristianesimo sia la radice di ogni male del mondo: guerre di religione, intolleranza, mentalità superstiziosa, atteggiamento anti-scientifico, sfruttamento delle donne, catastrofi ambientali, ecc. sono prodotti del cristianesimo. Per liberarsi da questi mali, l’ateismo militante sostiene che ci si debba emancipare dalla gabbia del cristianesimo. E’ una vecchia storia che, dall’Illuminismo in poi, riecheggia in Occidente e che ha ancora un certo seguito. Si pensi, in Italia, ad autori come Oddifreddi o Piovani che non perdono occasione di ripetere stancamente queste tesi.
Nell’affrontare questo muro di scetticismo se non proprio di rigetto, Scrivener vuole argomentare la tesi contraria: e cioè che, da un punto di vista storico-culturale, sia stato il cristianesimo a costruire il mondo che abitiamo, i suoi valori, le sue istituzioni, le sue aspirazioni, le sue protezioni. Senza il cristianesimo non ci sarebbero libertà, cortesia, compassione, uguaglianza, scienza, progresso, rispetto dell’altro. Ogni capitolo si sofferma su uno di questi “valori” che anche i critici e gli scettici considerano imprescindibili, mostrando come siano creature del cristianesimo. Che piaccia o non piaccia, sono come l’aria che respiriamo. La nostra vita dipende da ciò che il cristianesimo ha prodotto.
Ovviamente, Scrivener non è ingenuo da negare le pagine oscure se non proprio nere del cristianesimo. Le guerre di religione ci sono state, ci sono stati i roghi dei dissenzienti, ci sono state le crociate, ecc. Per lui, tuttavia, l’inquinamento culturale prodotto nel corso della storia non ha ammorbato tutta l’aria prodotta che rimane invece respirabile per tutti, anche per quelli che la negano o la secolarizzano. Il bilancio del cristianesimo è ampiamente positivo ed è una ragione per raccomandarlo all’uomo arrabbiato e confuso di oggi. Nel fare ciò, Scrivener vuole rilanciare un’immagine costruttiva del cristianesimo come generatore di civiltà. Questa linea apologetica dovrebbe creare le condizioni per arrivare all’evangelizzazione.
Leggendo dall’Italia questo libro, sono molti gli spunti positivi da ritenere, ma sono anche numerosi gli interrogativi suscitati. Scrivener parla di cristianesimo (al singolare), ma siamo sicuri che nella storia non ci siano stati diversi cristianesimi (al plurale)? Nel nostro Paese, ad esempio, il cristianesimo maggioritario è stato il cattolicesimo romano. Davvero questa forma di cristianesimo ha portato la libertà religiosa e l’affermazione del pluralismo? Davvero ha portato tutti i “valori” che Scrivener tanto esalta o non è stato piuttosto un suo oppositore? Si può veramente parlare di “cristianesimo” in modo così generico senza declinarlo nelle sue forme confessionali e regionali? In Italia, molti di questi “valori” sono stati promossi “contro” il cattolicesimo e ciò invalida la tesi del libro se letta in termini semplicistici.
In fondo, la tesi del libro assomiglia a quella famosa del non credente Benedetto Croce secondo cui “non possiamo non dirci cristiani”. Ai nostri giorni posizioni simili sono sostenute da Marcello Pera che, per quanto non credente, è uno strenuo difensore dell’eredità “cristiana” della nostra cultura. E’ questa linea di argomentazione storicamente sostenibile, teologicamente responsabile e apologeticamente fruttuosa? Scrivener ha il merito di riproporla con grande freschezza (e una certa ingenuità) e noi abbiamo il dovere di prenderla in considerazione, con i nostri quesiti persistenti.