Cronolavoro: la nuova frontiera dell’alienazione?

 
 

“Stop alle riunioni infinite e agli uffici affollati, via libera a documenti aperti e condivisi così ciascuno segue i suoi tempi”. Così inizia l’articolo di Repubblica (9/6/2024) sul lavoro “asincrono”, riprendendo l’analisi del Financial Times L’articolo descrive una nuova fase nel modo di lavorare chiamata “cronolavoro”: in sostanza, una parte delle mansioni lavorative si fa quando si vuole e dove si vuole.

È fuori discussione che la pandemia sia stata un punto di non ritorno per l’organizzazione del lavoro. Con il covid il lavoro è stato (in parte) sganciato dalla localizzazione fissa e all’interno di orari fissati: sempre più lavoratori hanno lavorato e lavorano in smart-working, cioè non sempre nello stesso luogo e non sempre nello stesso orario. Oggi si parla di lavoro “asincrono”, cioè un lavoro che non rispetta più i tempi tradizionalmente associati ad esso. 

L’idea di fondo del cronolavoro è quella di non rispettare più l’orario di lavoro 9-17, ad esempio, ma di lavorare in modalità on-line, in spazi di lavoro digitali attivi 24 ore su 24. Il tempo del lavoro copre tutto il tempo. Questo per permettere ai dipendenti di lavorare quando si vuole, in orari personalizzati e non standardizzati. 

In aziende come GitHub, una piattaforma di proprietà di Microsoft, parte dei 3mila dipendenti, di fatto, invia e-mail durante la notte o crea documenti aperti in modo che i colleghi all’estero possano continuare a interagire su un progetto.

Questo totale allontanamento da una finestra temporale del lavoro deve essere caratterizzato da un comportamento rispettoso nei confronti di altri. Infatti, i dipendenti non possono convocare molte riunioni e devono documentare la propria attività e decisioni affinché i colleghi possano vederle quando si connettono. In questa cornice, le riunioni sono sostituite da video-istruzioni registrate e strumenti per la programmazione delle attività che diano la possibilità di aggiungere note e commenti.

Anche in Italia si spinge per l’attuazione del cronolavoro. Come riporta l’articolo, già il gruppo finanziario-assicurativo Sace ha dato il via a Flex4Future, una nuova organizzazione del lavoro flessibile fondata su fiducia reciproca e responsabilizzazione, che coinvolge per la prima volta i 950 lavoratori, con l’aiuto dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano. 

Oltre a descrivere gli aspetti positivi del cronolavoro, l’articolo elenca molto brevemente anche gli aspetti negativi: la perdita di rapporto umano diretto tra i lavoratori, il maggior rischio di incomprensioni e il minor scambio di idee. 

Altri aspetti devono essere considerati, ad esempio il fatto che esso ha a che vedere solo con una parte delle professioni. Inoltre, il rischio di relegare il lavoro ad una parte marginale del tempo disponibile in una giornata può accentuare la desolazione già avvertita e vissuta dai lavoratori nell’epoca moderna. Sganciare il lavoro da un tempo ordinato entro cui poter svolgere la propria mansione rischia di facilitare una “nuova” forma di alienazione rispetto alla mansione lavorativa. Se prima era la catena di montaggio, oggi è il computer. In entrambi i casi, il lavoro ha sempre meno senso per il lavoratore e diventa un’attività senza confini, parametri, protezioni ed argini rispetto alla vita reale. Il buon lavoro sicuramente può beneficiare dalla flessibilità degli orari e degli spazi, ma deve avere una cornice che ne preservi la dignità all’interno delle dinamiche della vita.

Sarà interessante vedere gli sviluppi di questa ricerca. Alcune domande sorgono spontanee. Siamo sicuri che il lavoro ultra-flessibile sia veramente praticabile? Il cronolavoro non corre il rischio di occupare tutta la vita se de-regolamentato del tutto? La sfida perenne è di vivere il lavoro in modo efficiente ed ordinato rispetto ai ritmi della vita in modo che non sia una gabbia alienante e nemmeno una palude di sabbie mobili.