Da Breccia a Breccia. Una mostra per ricordare e rilanciare
“Roma è conquistata. Il primo soldato italiano a violare il ciglio della breccia, alle ore 10.10 di oggi, è un bersagliere del 12° Battaglione, Federico Cocito. Pochi minuti prima i fanti del 39° Reggimento hanno sfondato a Porta Pia, fermandosi però di fronte alla bandiera bianca pontificia mentre gli scontri proseguivano nel giardino di Villa Bonaparte. Alle 10.20 sul fronte principale la battaglia è terminata. Le truppe del Re cominciano ad entrare nella città del papa attraverso via di porta Pia.”
Si pronuncia così un bollettino dell’agenzia Stefani alle ore 12:00 del 20 Settembre 1870. Quella mattina il tratto tra Porta Pia e Porta Salaria fu l’obiettivo dell’attacco delle truppe italiane per l’occupazione di Roma. Nell’aria si diffusero il frastuono delle cannonate e il rumore del crollo di un tratto di mura: una breccia di circa trenta metri si aprì. Questo buco nel muro pose fine al potere temporale del papato; il Regno d’Italia conquistò Roma per farne la nuova capitale.
In questo famoso evento, c’è però un fatto poco noto ma di uguale importanza. Da quel buco nel muro, subito dopo i bersaglieri, c’erano loro, i colportori, umili personaggi che viaggiavano anche per lunghi periodi allo scopo di distribuire libri. Il 20 Settembre 1870 i colportori entrarono nella città attraversando quella breccia con un carretto tirato da un cane e pieno di Bibbie in lingua italiana. La Bibbia, messa all’Indice dalla Chiesa Romana, quel giorno entra in Roma con la libertà.
Numerose furono le cosiddette carrozze bibliche della Società Biblica che valicarono le mura piene del libro proibito e, per la prima volta, la Sacra Scrittura in lingua italiana entrò nella città cristiana per eccellenza.
L’ingresso di questi spacciatori di Bibbie ha significato molto per gli italiani che fino ad allora non potevano avere accesso libero e diretto alla Parola di Dio. Da allora la Bibbia iniziò a circolare nelle case e le persone poterono finalmente leggerla per conoscere la Buona Notizia di Gesù Cristo.
Si trattava della Bibbia tradotta da Giovanni Diodati, teologo di origine lucchese. Nasce a Ginevra, dove insegna ebraico all’accademia teologica di Giovanni Calvino. A soli 16 anni comincia a lavorare alla traduzione della Bibbia in lingua italiana e nel 1607 l’opera fu pubblicata con il titolo La Bibbia, cioè i libri del Vecchio e del Nuovo Testamento. La traduzione viene fatta sui testi originali. Essa diventa presto la Bibbia dei protestanti. Questo suo lavoro si sviluppò nella consapevolezza del bisogno che gli italiani potessero leggere direttamente e liberamente la Bibbia nella loro lingua.
Qui esposta c’è una versione della Bibbia tradotta da Diodati stampata a Londra nel 1848. Prima del 20 settembre 1870 la Bibbia in italiano era vietata. A Roma, nella città religiosa per eccellenza, la Parola di Dio rientrava nell’indice dei libri proibiti. Per impedire l’ingresso clandestino nella penisola di Bibbie stampate nei paesi protestanti, e per bloccare la circolazione di copie già presenti sul territorio, gli inquisitori romani inaspriscono l’azione repressiva.
La breccia di Porta Pia, dopo secoli di censure, roghi e uccisioni, permette finalmente l’ingresso dei colportori con il loro prezioso carico di bibbie italiane da distribuire alla popolazione. Tuttavia, molti furono i protestanti che l’Inquisizione Romana condannò a morte perché, avendo aderito alle idee della Riforma, non era possibile “ricondurli all’ovile” a causa del loro rifiuto di rinnegare la fede evangelica.
Castel Sant’Angelo fu luogo di prigionia per questi oppositori dell’autorità pontificia; mentre Piazza di Ponte S. Angelo fu tristemente nota per essere stata luogo di esecuzioni capitali. Qui, in questo luogo oggi di passaggio, venivano eseguite le condanne esemplari, quelle che, secondo la giustizia dello Stato della Chiesa, meritavano di essere eseguite dinanzi a tutta la città, a monito di esempio. Le cronache dell’epoca ci raccontano che venivano lasciati all’aperto i corpi dei giustiziati per diversi giorni, con la testa staccata dal busto ed infilzata su un palo, con tanto di mani mozzate ed inchiodate vicino. Il 27 agosto dell’anno santo del 1500 i pellegrini poterono “ammirare” lo spettacolo di ben 18 corpi impiccati lungo le spallette del ponte S. Angelo. Molti furono i martiri protestanti inviati al rogo in questa piazza tra cui Gian Luigi Pascale, Pompeo Delle Monti, Pietro Carnesecchi, Bartolomeo Bartocci, Aonio Paleario. Fu proprio in questo luogo simbolicamente rilevante che Alessandro Gavazzi, patriota garibaldino convertitosi alla fede evangelica, istituì il suo oratorio e quel luogo oltre ad essere edificio di culto, divenne anche sede di un collegio teologico, una scuola ed una biblioteca. Oggi è il luogo di culto della chiesa metodista e all’esterno dell’edificio è presente una lapide che ricorda l’operato di Gavazzi quale grande oratore.
Oltre alla Piazza di Ponte c’è un altro luogo a Roma testimone delle esecuzioni capitali. Ogni giorno è il set di un grande mercato ma alzando la testa, sopra i tendoni si mostra imponente la statua di Giordano Bruno pronta a ricordarci del rogo nel quale fu arso vivo il filosofo e frate domenicano al centro della Piazza Campo de’ Fiori. Dapprima fu fatto arrestare per i suoi dubbi sulla funzione della religione e i sospetti di eterodossia gravanti sulle sue dottrine e successivamente fu denunciato e condannato per eresia dall’Inquisizione Romana.
Nel 1876 si costituì un comitato di studenti universitari, ferventi repubblicani, allo scopo di promuovere in ricordo del filosofo nolano la realizzazione di un monumento bronzeo sul luogo stesso del rogo. Al comitato aderirono numerosi intellettuali di ogni parte del mondo quali Walt Whitman, Ernest Renan, Victor Hugo, Silvio Spaventa e Henrik Ibsen. Nonostante la forte ostilità del mondo ecclesiastico il monumento, opera dallo scultore Ettore Ferrari, venne inaugurato il 9 giugno 1889.
Originariamente Ferrari intendeva raffigurare Bruno con la mano e l'indice puntati verso il Vaticano come simbolo di accusa, rappresentandolo in atto di sfida davanti all'Inquisizione, ma poi ripiegò sul soggetto meno aggressivo di un Bruno pensoso, che comunque volge lo sguardo serio sempre verso la sede del papato. Sul basamento sono presenti l'iscrizione e vari bassorilievi rappresentanti il processo e la morte di Bruno oltre che ritratti di altri personaggi che nel tempo avevano subito la stessa sorte di Bruno ad opera della Chiesa. In particolare, notiamo i medaglioni di Jan Hus, Aonio Paleario e Wycliff, l’unico a morire di morte naturale tra quanti erano stati condannati per eresia. Tutti questi martiri rimasero fermi nel non rinnegare la propria fede evangelica.
Eccola qui la breccia che centocinquant’anni fa fu testimone dell’ingresso nella città di bersaglieri e colportori. Eccola qui oggi la breccia simbolo della speranza di un paese libero e plurale, dove nessuna religione poteva impedire alle altre di esprimersi liberamente. Da quella breccia in poi, Roma ha avuto un’altra possibilità per scoprire cosa significa veramente essere una città libera.
Oggi il tema della libertà religiosa in Italia continua ad essere centrale.
Da decenni l’Alleanza Evangelica Italiana è sempre stata molto attenta alle questioni che investono la sfera del pluralismo ed in particolare alla causa della libertà religiosa in Italia. Nel corso degli anni sono stati prodotti vari documenti sulla materia e sono state intraprese alcune iniziative.
Ricordiamo la marcia per la libertà religiosa e il pluralismo dell’informazione: circa mille persone hanno sfilato per le strade di Roma il 19 giugno 2010. Partendo dalla Bocca della Verità, il corteo festoso e colorato ha sostato davanti al Campidoglio scandendo slogan come “né privilegi, né protezione, ci basta il rispetto della Costituzione”, “una, cento, mille convinzioni. Rai apri le televisioni”, “una certezza, un dato assodato. Non c’è più la religion di stato”, “il pluralismo è una ricchezza. Italia esci dall’arretratezza”. Il corteo si è poi diretto verso Campo de’ Fiori dove si sono susseguiti diversi interventi durante i quali sono stati anche ricordati i tanti cristiani nel mondo che soffrono a causa della persecuzione religiosa.
L’AEI aveva già organizzato in passato simili manifestazioni nel 1999, nel 2007 e nel 2008 insieme ad altri organismi religiosi. La lotta per la libertà religiosa va avanti e deve vedere gli evangelici sempre in prima fila per il bene di tutti. La libertà religiosa, infatti, è la madre di ogni libertà in quanto investe la libertà di coscienza, di pensiero e di professione pubblica della fede di ciascuno. Toccandola, si tocca il sistema di avanguardia della libertà di tutti.
Riprendiamo le parole del Patto di Losanna (1974): "Tutti i governi hanno avuto da Dio il mandato di assicurare le condizioni di pace, di giustizia e di libertà nelle quali la chiesa può ubbidire a Dio, servire Cristo il Signore e predicare l'Evangelo senza interferenze. Per questo, preghiamo per i capi delle nazioni e chiediamo loro di garantire la libertà del pensiero e della coscienza, come pure la libertà di praticare la religione e farla conoscere secondo la volontà di Dio e conformemente alla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo" (§ 13).
Era proprio questo lo scopo dei colportori che fecero il loro ingresso in quella mattina del 20 settembre di centocinquant’anni fa: far conoscere agli italiani la Buona Notizia dell’Evangelo per riportare la Scrittura al suo centro nella vita spirituale e nella teologia. E se i colportori del 1870 utilizzavano dei carretti trainati da cani per divulgare il pensiero evangelico, i colportori del 2020 utilizzano internet e la tecnologia per spacciare temi di attualità e cultura evangelica. Nel maggio 2020 nasce “Loci Communes”, un progetto dell’Istituto di Cultura Evangelica e Documentazione. Le riflessioni proposte sono volte alla fermentazione di uno sguardo cristiano sul mondo e alla promozione della cultura evangelica. Il logo del magazine riproduce un’immagine dei colportori evangelici della seconda metà dell’Ottocento proprio perché, come loro, lo scopo è quello di divulgare e promuovere la cultura evangelica oggi.
Un progetto che nasce giusto centocinquant’anni dopo l’apertura di quella breccia a Porta Pia. Da quella breccia, metodisti inglesi ed americani, battisti, valdesi, chiese libere ed anche l’Esercito della Salvezza non tardarono a fondare le loro opere nella capitale del nuovo stato unitario. Negli ultimi 10 anni Roma ha visto poi la fondazione di due chiese, una nel cuore della capitale, l’altra nel quartiere Basilica San Paolo. Queste Brecce di Roma vogliono essere come porte aperte per l’annuncio dell’Evangelo. Persone che hanno sperimentato la breccia della fede in Gesù Cristo nella loro vita e che, insieme a tutto il popolo evangelico italiano, si impegnano per tenere aperta quella breccia, la breccia dell’Evangelo, affinchè la Buona Notizia di Cristo cannoneggi le mura che separano l’uomo dal vivere una piena libertà in Dio.
(testo della presentazione della mostra “Da Breccia a Breccia” che è aperta sino al 1 novembre 2020 all’Istituto di Cultura Evangelica e Documentazione di Roma, via di Sant’Eufemia 9)