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Definire il cattolicesimo romano (VI): il sistema sacramentale

Ha ormai svoltato la boa di metà percorso il tentativo di definizione del cattolicesimo romano da un punto di vista evangelico. La breve descrizione-valutazione dell’universo cattolico romano è la seguente:  

Il cattolicesimo romano è una deviazione dal cristianesimo biblico

consolidatasi nei secoli

riflessa nell’introiezione dell’istituzione imperiale romana

fondatasi su una teologia antropologicamente ottimista e su un’ecclesiologia abnorme

definitasi intorno al suo sistema sacramentale

animata dal progetto cattolico (universale) di assorbire il mondo intero

risultante in una religione confusa e distorta.

Dopo aver approfondito l’analisi dei due pilastri su cui si fonda la visione cattolica romana del mondo (l’interdipendenza tra natura e grazia e l’interconnessione tra Cristo e la chiesa romana), è giunto il momento di affrontare il sistema sacramentale, la vera infrastruttura operativa del cattolicesimo romano. 

La sacramentalità rinvia all’idea di “mediazione”: siccome la natura è intrinsecamente capace di essere elevata dalla grazia, la grazia non viene ricevuta immediatamente o esternamente ma sempre attraverso un veicolo o un vettore naturale. Il sacramento è la “leva” naturale con cui la grazia divina viene comunicata alla natura. Nell’ottica sacramentale cattolica, la grazia del battesimo viene impartita con l’acqua, quella dell’estrema unzione con l’olio, quella dell’ordine con l’imposizione delle mani, quella dell’eucarestia con il pane e il vino consacrati. La grazia non può essere ricevuta “per fede soltanto” ma sempre per mezzo e tramite un elemento naturale impartito dalla chiesa che agisce in nome di Cristo e che lo trasforma da elemento meramente naturale a “presenza reale” della grazia divina.

Ci sono quindi due elementi necessari per il sacramento cattolico: un elemento fisico-naturale e l’agenzia della chiesa che si crede investita del compito di trasfigurare la materia e di impartire la grazia. Dunque, l’oggetto naturale diventa la grazia e la chiesa è incaricata di amministrarla. L’interdipendenza tra natura e grazia fa sì che la grazia giunga nella natura e tramite la natura; l’interconnessione tra Cristo e la chiesa fa sì che la chiesa di Roma la dispensi in nome di Cristo stesso. Visto che è Cristo che opera tramite i sacramenti della chiesa, questi hanno una efficacia “ex opere operato”, per il fatto stesso di essere impartiti.

In risposta alla Riforma protestante che aveva sottolineato che l’opera di Cristo è ricevuta per grazia soltanto per mezzo della fede soltanto grazie all’opera dello Spirito Santo, il Concilio di Trento (1545-1563) ha disegnato l’impianto sacramentale della chiesa di Roma: dal battesimo all’estrema unzione, per il cattolico è previsto un cammino sacramentale fatto di sette sacramenti (battesimo, cresima, confessione, eucaristia, ordine, matrimonio, estrema unzione) che accompagnano la vita umana dalla nascita alla morte. La chiesa dispensa la grazia di Dio in ogni età della vita e per tutta la vita: dalla nascita alla morte. Alcuni sacramenti sono amministrazioni della grazia ricevuta una volta e per sempre (battesimo, crescita, ordine, matrimonio, estrema unzione), altri sono ricevuti ciclicamente e ripetutamente (confessione ed eucaristia). In questo modo la grazia di Dio si rende “reale” e pervasiva tramite l’azione della chiesa. Per il Concilio di Trento, essere esclusi dai sacramenti (per scomunica, scisma, o per appartenenza ad altre religioni) equivaleva ad essere esclusi dalla grazia.

Pur non rinnegando l’impianto tridentino, il Concilio Vaticano II (1962-1965) ha aggiunto un’importante enfasi. L’ultimo Concilio ha spostato l’attenzione dagli atti sacramentali della chiesa cattolica all’essenza sacramentale della chiesa. Nella celebre definizione conciliare, “la Chiesa è, in Cristo, in qualche modo il sacramento, ossia il segno e lo strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano” (Lumen Gentium 1). E’ la chiesa stessa in quanto tale ad essere sacramento, cioè “presenza reale” di Cristo. Lo è in quanto “segno e strumento”: realtà già attuale e anche al servizio della sua crescita. La chiesa esprime l’unità con Dio e l’unità di tutto il genere umano. La chiesa cattolica si pensa come segno e strumento dell’unità di tutte le donne e gli uomini. Per questo, può parlare di tutti come di “fratelli e sorelle”: quelli che Trento considerava esclusi dalla grazia perché esclusi dai sacramenti (protestanti, musulmani, ebrei, ecc.), ora la chiesa di Roma considera “fratelli e sorelle” già investiti dalla grazia (anche se in modo misterioso) e già in qualche modo ordinati alla chiesa cattolica. Dai sacramenti in quanto atti specifici alla sacramentalità della chiesa in quanto ragion d’essere della chiesa: questo è lo sviluppo “cattolico” della chiesa di Roma attuale. 

L’evangelo riconosce la bontà della creazione, ma anche la radicalità del peccato. L’uomo naturale non riceve le cose dello Spirito se non gli sono rivelate (1 Corinzi 1,12-15) per grazia mediante la fede. La carne (la natura peccaminosa) non riceve la grazia: è lo Spirito che dà vita (Giovanni 6,63). Gesù ha istituito gli ordinamenti del battesimo e della Cena come “parole visibili” (secondo la bella espressione del riformatore italiano Pietro Martire Vermigli) che testimoniano la grazia ricevuta per fede, non come oggetti attraverso cui la grazia viene resa presente da una chiesa che si crede il prolungamento dell’incarnazione di Gesù Cristo. 


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