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Definire il cattolicesimo romano (VII): il progetto "cattolico" di assorbire il mondo

Sta per arrivare alla conclusione il tentativo di definizione del cattolicesimo romano da un punto di vista evangelico. La breve descrizione-valutazione dell’universo cattolico romano è la seguente:   

Il cattolicesimo romano è una deviazione dal cristianesimo biblico

consolidatasi nei secoli

riflessa nell’introiezione dell’istituzione imperiale romana

fondatasi su una teologia antropologicamente ottimista e su un’ecclesiologia abnorme

definitasi intorno al suo sistema sacramentale

animata dal progetto cattolico (universale) di assorbire il mondo intero

risultante in una religione confusa e distorta.

Dopo aver sfiorato il sistema sacramentale, è arrivato tocca affrontare la cattolicità del cattolicesimo, quella qualità interna del cattolicesimo che lo definisce nel suo stesso auto-denominarsi. Il Credo apostolico descrive la chiesa come “cattolica” nel senso di universale in quanto estesa in tutto il mondo. Il senso dato alla cattolicità dalla Chiesa di Roma va oltre l’universalità della chiesa.

All’indomani della conclusione del Vaticano II, nel 1967 il teologo protestante italiano Vittorio Subilia pubblicava un libro in cui venivano esaminati i documenti approvati e in cui forniva un’interpretazione complessiva del cattolicesimo uscito dal Concilio. Il titolo di quel libro, La nuova cattolicità del cattolicesimo, Torino, Claudiana 1967 sintetizza bene cosa significhi la cattolicità. Certamente, essa non è l'unico elemento da tenere presente nell'affrontare una realtà tanto complessa; tuttavia, la cattolicità è un criterio interpretativo necessario per fare i conti con il disegno programmatico del cattolicesimo. 

Il cattolicesimo uscito dal Vaticano II ha smesso i panni teocratici ereditati dai lunghi secoli della sua storia e ha investito massicciamente nell’incremento della sua cattolicità. Esso non può più pensare di dominare il mondo in modo assolutistico e allora cerca d’infiltrarsi nel mondo per modificarlo dall’interno. Non scaglia più anatemi contro la modernità ma si sforza di penetrarla e di elevarla. Non può più imporre il suo potere in modo coercitivo ma cerca di esercitarlo in modo più aggraziato. La Chiesa di Roma non ha più molto seguito popolare quando parla di dottrina e di morale ma cerca di mantenere la sua capacità d’influenzare, di condizionare, di direzionare la società. Non può più permettersi la contrapposizione muro contro muro con il mondo per non essere relegata in un cantuccio e accetta la società moderna per permearla dall’interno. 

In una metafora militare, si può dire che la tattica della cattolicità del cattolicesimo non è più quella dello scontro frontale ma dell’avvolgimento delle ali. L’obbiettivo non è più l’annientamento dell’avversario ma il suo inglobamento. Il fine non è più la conquista bensì l’annessione consensuale attraverso la dilatazione dei confini della cattolicità. La cattolicità non si esprime solo nella dottrina cattolica ma in tutti gli ambiti dell’azione della chiesa. Le sue frontiere sono tante quante sono le dimensioni della realtà. Tutto rientra nella giurisdizione della cattolicità romana.

La cattolicità del cattolicesimo è la capacità d’inglobare idee divergenti, valori diversi, movimenti eterogenei, fermenti anche in contrapposizione tra loro e di integrarli all’interno di un sistema di riferimento unitario, quello romano appunto. Se la fede evangelica sceglie (sola Scritturasolo Cristosola graziasola fede), il cattolicesimo romano aggiunge (Scrittura e tradizione, Cristo e chiesa, grazia e sacramenti, fede e opere); se la fede evangelica si esprime con dei “sì, sì” e “no, no” (secondo l'espressione di 2 Corinzi 1,17-18), quella cattolica opta per il “sì” e il “no” allo stesso tempo. Il cattolicesimo possiede infatti una piattaforma di pensiero tanto ampia da poter contenere tutto, una tesi e la sua antitesi, un'istanza e l'altra, un elemento e un altro. 

Nella visione cattolica del mondo, la natura viene coniugata alla grazia, la Scrittura alla tradizione, Cristo alla chiesa, la grazia ai sacramenti, la fede alle opere, la vita cristiana alla religione popolare, la pietà evangelica al folclore pagano, la filosofia speculativa alle credenze superstiziose, il centralismo ecclesiastico all'universalismo cattolico. Insomma, ostinatamente et-et, e-e, una cosa e l'altra. Non ci sono scelte limpide, nitide, esclusive o ispirate ad un'integrità di pensiero capace di scegliere in modo coerente. Al contrario, la capacità ricettiva cattolica rende il cattolicesimo un sistema aperto sempre a nuove integrazioni in vista della progressiva espansione del sistema stesso. 

Il criterio di fondo del cattolicesimo non è la purezza evangelica o l'autenticità cristiana, ma l'integrazione del particolare in un orizzonte universale al servizio dell'istituzione romana che tiene le redini di tutto il disegno. L’unico “no” che il cattolicesimo sa dire riguarda ciò che minaccia il suo disegno che vuole ricondurre il molteplice all’uno della Chiesa romana. Quando questo cardine non viene messo in discussione, tutto può essere integrato e cattolicizzato. Le capacità d’integrazione del cattolicesimo, le sue risorse assorbenti sono davvero straordinarie. Per questo è necessario essere consapevoli del sistema del cattolicesimo nel suo complesso e leggerlo secondo le chiavi dell’evangelo.


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