GT 2022 (V). Cosa c’entra la transizione ecologica con gli idoli?
(sintesi della relazione tenuta alle Giornate teologiche 2022)
Sempre, e a maggior ragione di fronte ai grandi cambiamenti storico-culturali come quelli che stiamo attraversando, dovremmo esercitare discernimento verso l’idolatria. L’idolatria, infatti, è una chiave di lettura teologicamente fondamentale per descrivere la condizione umana e la sua cultura. Ecco perché, parlando di transizione ecologica, dobbiamo prendere seriamente l’avvertimento che ci rivolge l’Apostolo Giovanni di “guardarci dagli idoli” (1Gv 5,21).
Il saggio di Giulio Meotti, Il dio verde. Ecolatria e ossessioni apocalittiche (2021) offre al dibattito sul tema della transizione ecologica una prospettiva certamente insolita e non mediaticamente rilevante, ma che dal punto di vista evangelico è estremamente fruttuosa. Per certi versi Meotti ha fatto quello che Francis A. Schaeffer nel suo L’inquinamento e la morte dell’uomo (EUN, 1997) fece leggendo i movimenti hippie ecologisti degli anni ’70, ma a partire da un punto di vista molto diverso. L’autore, pur usando la categoria dell'idolatria, fa un'analisi solo parzialmente esatta del problema, mancando delle coordinate bibliche di essa.
Dio è il metro di misura per definire cos’è idolatria. Nella Scrittura Egli stesso utilizza questa terminologia per distinguersi da tutti gli altri. Egli non ci chiede semplicemente di riconoscere un idolo per sostituirlo con un altro, ma piuttosto di affermare il posto di Dio, uno e trino, rivelato nelle Scritture. L’idolo, quindi, è tutto ciò che prende la gloria di Dio e la usa contro Dio, che sostituisce la menzogna alla Verità divina, che spodesta il Creatore per mettere al suo posto ciò che è creato. Esso non si limita a qualche forma di feticcio ma può prendere la forma di una passione collettiva che arriva a definire l’identità e la cultura di un gruppo.
Ci sono almeno tre motivi per riconoscere e guardarci dall’idolo verde ed essi richiamano i tre uffici di Cristo che, come suoi discepoli, dobbiamo tenere insieme e vivere in modo equilibrato.
1. Se riconosciamo l’idolatria saremo in grado di annunciare l’Evangelo di Cristo in modo appropriato alla nostra generazione.
Se di idolatria si tratta, cosa predica l’ecologismo? Esso invoca il superamento del cristianesimo come soluzione alla crisi ecologica; indica la responsabilità umana ma addita alcuni più colpevoli di altri; profetizza conseguenze apocalittiche scientificamente prevedibili e oggetto di ansie ecologiche; dichiara il bisogno di giustizia per mezzo di atti verdi e esige un sacrificio per risolvere la situazione, attraverso una mortalità su larga scala a danno dei più vecchi e dei non nati. Esso ci invita a riporre la nostra fiducia e speranza, nella natura autonoma e nella sua capacità intrinseca di mostrarci la via da percorrere così come nell’ennesimo cambiamento tecnologico, questa volta “sostenibile”, che sarà in grado di riportarci ad una condizione zero di neutralità ecologica. Infine, pone fiducia e speranza nei giovani attivisti ecologici, dai quali la salvezza giungerà.
Insomma, affermando una bugia su Dio, di conseguenza dice una bugia su di noi, sulla nostra relazione con il Creatore, con il creato e sul nostro compito nel mondo.
La nostra testimonianza nel mezzo della transizione ecologica sarà efficace nella misura in cui affronteremo l’idolo verde con l’annuncio dell’Evangelo.
A tutte le Greta Thunberg della nostra epoca, ai nostri figli, ai giovani nelle nostre chiese dobbiamo dichiarare Dio quale Creatore, Sostenitore e Salvatore dell’intera creazione (Salmi 119 e 29) annunciando che il peso della salvezza non è sulle loro spalle, ma che Dio in Cristo è all’opera per preservare la terra, riconciliarla con sé e con l’uomo e restaurarla. Dobbiamo rispondere con una dichiarazione di corresponsabilità nella devastazione del creato - rotta l’Alleanza con il Creatore abbiamo inevitabilmente rotto l’alleanza con tutte le creature - e al tempo stesso di assunzione di responsabilità quali amministratori al servizio del Creatore e per il bene di tutta la creazione. L’evangelo non nega le conseguenze apocalittiche, non le nasconde, non le minimizza, ma le affronta affermando Cristo quale speranza. La nostra risposta ai report scientifici non è l’ansia ecologica ma la preghiera e l’impegno speranzosi. L’Evangelo non nega il bisogno di un giudizio, che qualcuno paghi per il danno ed espii la colpa, ma pone la condanna su Cristo, il figlio di Dio, Dio fattosi uomo, che l’ha portata al posto di quanti credono una volta per sempre.
Dio mantiene il suo coinvolgimento personale nella creazione, così che le conseguenze terribili delle nostre azioni (dirette o indirette) non sono sempre scontate. Dio è all’opera nella storia della redenzione sia nell’ordinarietà e prevedibilità delle leggi fisiche sia nella straordinarietà di azioni soprannaturali a noi imprevedibili e per mezzo di entrambe egli fa udire la Sua voce. La “natura”non è autonoma. Essa dipende dal Suo Creatore, il quale le attribuisce un valore in sé, la governa e provvede per essa. Dobbiamo anche affermare coraggiosamente che l’Evangelo non giustifica mai lo status quo e l’indifferenza rispetto alle questioni che riguardano la nostra relazione con il creato; i discepoli di Cristo non si servono della libertà come di un velo per coprire la malizia, ma si fanno servi di Dio (1 Pt2,16).
Le soluzioni più estreme prevedono una mortalità su larga scala. Solo Dio avrebbe davvero l’autorità di risolvere il problema in questo modo e lo ha già fatto una volta con il diluvio, dimostrando che solo la morte del suo unigenito Figlio sarebbe stata la vera soluzione. La soluzione non sta nel non sacrificare nessuno, ma nell’accettare il sacrificio dell’unico uomo, il figlio Dio, la cui vita è data per rimediare al nostro peccato (anche quello ecologico). Ogni soluzione che non tiene conto di questo sacrificio divino è idolatrica e genererà inevitabilmente altre ingiustizie.
2. Se riconosciamo l’idolatria saremo impegnati nella preghiera, nel rafforzamento dell’identità evangelica e saremo messi in grado di resistere alle tentazioni ecumeniche
Essere impegnati in preghiera in favore di tutta la creazione, della chiesa e delle autorità è biblico, e imprescindibile. La preghiera non è “l’ultima ancora di salvezza” o un “antico rimedio”;essa è la prima arma con la quale supplichiamo il perdono di Dio e la sua misericordia, invochiamo la sua benedizione e il suo discernimento. Ma dobbiamo fare attenzione perché quando la creazione si trasforma in un idolo anche la preghiera è trasformata in qualcosa d’altro. Somiglia più ad un amuleto, piuttosto che all’umile dipendenza da Dio e dalla sua volontà. Allora si pensa che, se il contenuto della preghiera è il medesimo si può essere uniti in preghiera con chiunque.
Sono sempre maggiori le manifestazioni di preghiera ecumenica nelle quale anche gli evangelici si lasciano coinvolgere e purtroppo la passione per la cura del creato rischia di annebbiare la nostra vista spirituale (si veda il “Tempo del Creato”).La Scrittura ci avverte che l’adoratore finisce per somigliare al suo idolo, che “non parla, non vede, non sente” e così via…“Come loro sono quelli che li fanno” (Salmo 115:4-8). L’idolo verde può annebbiare il discernimento evangelico rendendo incapace l’evangelismo contemporaneo di distinguere tra unità nella fede vissuta nella preghiera comune, e cobelligeranza nell’impegno per la cura del creato con tutti. Altrimenti la giusta attenzione per la creazione di Dio rischia di trasformarsi in una idolatria che spodesta Dio, trasformando l’Alleanza in Promiscuità.
Vivere la nostra vocazione sacerdotale nella transizione ecologica significa continuare a pregare in favore di tutta la creazione nell’unità dei nati di nuovo in Cristo, promuovere il discernimento spirituale tra le chiese[1](a livello nazionale e internazionale)per rafforzare l’identità evangelica come baluardo contro idolatrie e cedimenti. Piuttosto che seguire le sirene della religiosità universale anche sul tema della cura del creato, dobbiamo continuare a lavorare in favore della libertà religiosa per tutti ed essere promotori di spazi di pluralismo in cui la voce evangelica si distingua e sia ascoltata.
3. Se riconosciamo l’idolatria saremo impegnati a vivere con integrità e sobrietà evangelica in rapporto al creato.
“L’idolo richiede accomodamento piuttosto che conversione” (G. Rizza in Studi di teologia n.44/2010, p. 97). La nostra attenzione per il creato ci spinge al ravvedimento e invita altri al ravvedimento oppure è solo una forma di accomodamento culturale, una nuova forma di conformismo (o addirittura è una forma di autogiustificazione dai nostri peccati ecologici?
Se l’impegno per la conservazione e lo sviluppo del creato non parte dalle giuste motivazioni bibliche ci renderà solo un nuovo tipo di consumatori - “verdi”- o farà di noi degli eco chic inavvicinabili, dei nuovi giudaizzanti ecologici, o dei profeti ambientali che indicano la fine, ma non sanno predicare come vivere il presente.
Riconoscere l’idolatria verde ci mette al riparo sia del conformismo ecologico sia dall’indifferenza ecologica. Come evangelici crediamo che il nostro rapporto con il creato è parte integrante del mandato missionario, che per essere vissuto con integrità necessita la nostra conversione dagli idoli a Dio. Perciò l’annuncio dell’Evangelo e la nostra preghiera devono essere accompagnati da una regale amministrazione e dalla santificazione continua del nostro rapporto con Dio e la Sua creazione. Ogni nostro gesto deve tener conto contemporaneamente della gloria di Dio, dell’amore del prossimo e della cura del creato che ci è stato affidato! Questa organicità divinamente realizzata non può essere disgiunta se non con grave danno. Non possiamo estremizzare il tema della cura dell’ambiente trascurando tutti gli altri: degrado ambientale, ingiustizia sociale e culturale, disuguaglianza economica, sono aspetti correlati tra loro e l’azione delle nostre comunità deve avvenire all’interno di un quadro che le consideri e le affronti in modo sinergico. La transizione ecologia esige l’apporto creativo di comunità di fede la cui conversione ha toccato ogni aspetto della vita. Il nostro apporto avrà a che fare con la cultura che costruiamo, viviamo e trasmettiamo.
Dobbiamo essere portavoce della visione biblica del mondo nei contesti nei quali siamo inseriti; affermare Cristo Signore della creazione facendo scelte di sobrietà, umiltà, semplicità, e generosità nelle nostre famiglie, chiese, organizzazioni e imprese. Dobbiamo sostenere lo sviluppo di iniziative educative, sociali, politiche e imprenditoriali volte a vivere la relazione con il creato secondo le esigenze dell’Evangelo. Dobbiamo fare appello alla responsabilità delle autorità garantendo la preghiera, il nostro apporto concreto e collaborazione, esprimendo la signoria di Cristo anche nel nostro impegno politico, sociale ed economico, Siamo pronti a riconoscere l’idolo verde per vivere al servizio del Dio della creazione per il bene di tutte le cose create?
(continua)
[1] https://www.alleanzaevangelica.org/index.php/news/9-attualita-italia/1032-nella-cura-del-creato-bisogna-esercitare-discernimento