“Un attentato ai diritti di Dio”? La concezione cattolica della chiesa secondo Henri Blocher (III)
Il cuore dell’ecclesiologia cattolica è la concezione della chiesa come prolungamento dell’incarnazione o come incarnazione continuata. Con tutte le precauzioni e precisazioni del caso, secondo Henri Blocher ne La doctrine de l’Église e des sacrements, vol. 1, Vaux-sur-Seine, Edifac 2023, sta qui il centro nevralgico dell’auto-comprensione della chiesa romana. Sta qui il segreto del “genio” del cattolicesimo che fluttua all’interno di dualità (ad esempio: istituzione-comunità) che lo rendono solido e sinuoso allo stesso tempo.
Cosa può dire la teologia evangelica rispetto a questo impressionante sistema? Sono quattro le osservazioni che Blocher suggerisce per leggere criticamente l’ecclesiologia cattolica da un punto di vista biblico. Le passiamo in breve rassegna:
1. L’esaltazione troppo umana dell’umano (pp. 140-148)
L’albero lo si riconosce dai suoi frutti. Se uno guarda ai “prodotti” dell’ecclesiologia cattolica quali la mariologia dilatata e il papato istituzionalizzato, non si può non prendere atto della fuoriuscita dal perimetro biblico. Essa porta alla “impossibilità di una verifica scritturale dei dogmi” (p. 141). Nel cattolicesimo i dati biblici sono sfruttati in una maniera che toglie alla Scrittura la sua piena sovranità quale istanza critica sulla chiesa. I processi storici e le evoluzioni del dogma hanno preso il sopravvento sulle “prove” bibliche risultando in una costruzione che ha perso di vista le radici della Parola di Dio e ha portato ad esaltare l’umano toccando (infrangendo?) la distinzione tra Creatore e creatura.
2. L’attentato ai diritti di Dio (pp. 148-151)
Blocher si allinea alla critica protestante classica (anche barthiana) secondo la quale il cattolicesimo attenta alla libertà di Dio e lo deruba della sua gloria per attribuirla alla creatura di cui Maria è l’emblema e la chiesa l’impersonificazione istituzionale, quasi divinizzandola. Le tre grandi massime della Riforma (sola Scriptura, sola fide e sola gratia) vanno al cuore della critica evangelica volendo salvaguardare la “gelosia” di Dio (p. 149). Seguendo le categorie di H. Dooyeweerd, ciò non significa contrapporre natura e grazia (rischio del barthismo) e nemmeno sintetizzarle (rischio del cattolicesimo): entrambi sono errori simmetrici. Vuol dire farsi guidare dalla Scrittura che accentua “il linguaggio dell’esclusione rispetto a quello dell’inclusione” (p. 149).
3. La tentazione monofisita (pp. 151-152)
La concezione della chiesa come incarnazione continuata tocca la cristologia e, in particolare, l’unione ipostatica. Nel cattolicesimo si manifesta un “monofisismo larvato”, cioè alla chiesa vengono attribuiti tratti divini che sovrastano quelli umani. Blocher concorda con Congar secondo cui i disaccordi tra protestanti e cattolici hanno la loro radice nel diverso ruolo attribuito all’umanità di Cristo e, quindi, devono fare i conti con l’interpretazione del dogma di Calcedonia. Il punto è che il problema del cattolicesimo non è solo nella diversa comprensione dell’opera di Cristo, ma anche in quella relativa alla sua persona. Qui, sommessamente, va fatto un appunto a Blocher. In precedenza, aveva parlato dell’esistenza di un accordo importante tra protestantesimo e cattolicesimo sui dogmi della Trinità, dell’incarnazione, della nascita verginale e della resurrezione, mentre la distanza si rileva sui fronti della grazia e dei sacramenti (su tutti: l’eucarestia). A sostegno cita opere (come quelle di Geisler e Mackenzie e quelle relative ai dialoghi cattolici-evangelici francesi, p. 140, n. 1) sono atomistiche, cioè mettono insieme pezzi della questione senza offrire un quadro teologico generale. Da esse risulta che la cristologia e la trinitaria sarebbero uguali mentre la materia del contendere riguarderebbe l’ecclesiologia e la soteriologia. Poi però, come abbiamo visto, Blocher sostiene che il problema di fondo sta nella diversa interpretazione di Calcedonia che, al contrario di quanto asserito prima, riguarda in pieno la cristologia (quindi la trinitaria) e non soltanto la grazia e la chiesa. Sembra che Blocher slitti tra una comprensione atomistica e una sistemica del problema di fondo. Mentre tutta la sezione del libro tende verso la seconda fino a concludersi con l’importante affermazione che “la teologia romana è troppo poco trinitaria” (p. 156), non vede chiaramente gli evidenti limiti della prima e si attarda ancora nell’indicare la salvezza e la chiesa come le questioni aperte col cattolicesimo.
4. L’affievolimento del portato dell’“una-volta-e-per-sempre” (pp. 152-156)
L’ultima linea critica suggerita riguarda la problematica comprensione romana dell’éphapax biblico: una volta e per sempre. Spinto dall’ansia di attualizzare e rendere presente la grazia nell’azione della chiesa, il cattolicesimo fluidifica ciò che invece deve essere considerato uno spartiacque: l’ascensione di Gesù Cristo che segna un prima e un dopo nell’economia della salvezza. Siccome la chiesa prolunga l’incarnazione, il vicario di Cristo è il papa e la grazia di Cristo sono i sacramenti. Blocher, citando Tertulliano, sostiene che l’unico vicario di Cristo risorto è lo Spirito Santo (p. 154) e che, semmai, l’unico prolungamento è la Parola di Cristo, cioè la Scrittura.
L’analisi di Blocher dell’ecclesiologia cattolica dovrebbe essere letta e studiata da tutti gli evangelici che ambiscono a “dialogare” col cattolicesimo ad ogni livello: locale, nazionale ed internazionale. Ne guadagnerebbero in profondità e capacità di penetrazione nel cuore del sistema cattolico, senza perdersi in grossolani pressapochismi che danneggiano la causa della testimonianza evangelica. Con lo stile e la finezza che gli sono propri, Blocher ha arricchito la teologia evangelica contemporanea di un contributo all’altezza della sua fama.
Della stessa serie:
“Un attentato ai diritti di Dio”? La concezione cattolica della chiesa secondo Henri Blocher (I) (2/1/2024)
“Un attentato ai diritti di Dio”? La concezione cattolica della chiesa secondo Henri Blocher (II) (5/1/2024)