Il Dio dei nostri padri ma non il nostro? Intorno al libro di Aldo Cazzullo sulla Bibbia

 
 

Non so bene il motivo, forse a causa di guerre e catastrofi climatiche, diversi nomi noti  della pubblicistica italiana sono tornati a confrontarsi con la Bibbia. Forse il bisogno di senso, di risposte più convincenti o anche di consolazione. Sta di fatto che, ultimamente, le librerie sono piene di saggi sul tema del "sacro". Cito quello di Massimo Recalcati, La legge del desiderio. Le radici bibliche della psicoanalisi (Hoepli, 2024) e il best-seller di Aldo Cazzullo, Il Dio dei nostri padri. Il grande romanzo della Bibbia (HarperCollins, 2024). Su quest’ultimo mi soffermo con qualche considerazione sparsa.

Per Cazzullo la lettura è stato "un viaggio dentro quel grande romanzo che è la Bibbia". Ci tiene a precisare che "Non so se sia stata scritta davvero da Dio. Di sicuro è scritta da Dio". Ha iniziato a scriverlo al capezzale del padre, cattolico praticante. "Nei giorni e nelle notti passate a vegliare mio padre, la Bibbia è stata una compagna ideale... non mi ha riavvicinato alla fede, ma mi è apparsa come un capolavoro letterario". Alla domanda perché ha scritto un libro sulla Bibbia, ha risposto che: "È una grande storia, un formidabile romanzo. È l’autobiografia di Dio. E al pari di ogni grande opera, parla anche di noi. Le pagine della Bibbia sono l’origine della nostra cultura, le radici dell’identità italiana, cristiana, occidentale". Sembra di risentire quello che scriveva Northop Frye nel suo libro Il grande codice. Bibbia e letteratura (1981).

Nella Bibbia Cazzullo ha trovato pagine "terribili dove Dio ordina anche massacri. Ma sono tante le pagine consolatorie, che danno speranza e rivelano un Dio misericordioso, come quelle sulla resurrezione. La Bibbia è un racconto estremamente complesso e ricco".

Rispetto a come gli italiani si pongono davanti alla Bibbia, l’approccio "dei nostri nonni è stata l’ultima generazione convinta di vivere sotto l’occhio di Dio. E di dovere rispondere a Dio delle proprie azioni. Quella di noi cinquantenni è la prima generazione di agnostici. Poi sono venute generazioni che non si sono proprio poste il problema. Anche per questo oggi non si legge più la Bibbia".

Certamente Cazzullo è un giornalista-narratore, non un biblista. Ha raccontato la Divina Commedia, l’Impero Romano, il fascismo, ora la Bibbia. Ma ha messo queste ricerche tutte sullo stesso piano: tutte hanno avuto lo stesso valore. "Tutti i miei libri hanno in comune la ricerca dell’identità". Poiché la Bibbia ha ispirato i più grandi artisti (da Guttuso, a Giotto, da Chagall fino a Raffaello e Michelangelo), per Cazzullo "le nostre radici sono nella Bibbia, che non è solo fondamenta della nostra fede, ma è l’origine della nostra cultura".

Le domande e le sollecitazioni di questo libro sono tante. Mi limito a poche e basilari considerazioni. Se si vuole seriamente affrontare il tema della conoscenza di Dio, la questione inevitabile da affrontare è quella delle fonti. In sostanza, su quale base si può conoscere Dio? "Ogni strada porta a Roma?". Ogni approccio è legittimo e giusto? Le regole e le condizioni di una sana ricerca non le fissa l'uomo, ma Dio. Poiché è Dio che ha preso l'iniziativa di rivelarsi, ogni sano tentativo di conoscerLo deve fare i conti con i modi, i tempi e il motivo per cui Dio ha voluto rivelarsi. Ciò che è limitato non può abbracciare l'infinito. "Poiché il mondo non ha conosciuto Dio mediante la propria sapienza" (1 Corinzi 1,21).

Il fatto che Cazzullo non sia sicuro che la Bibbia sia "stata scritta da Dio", fin dall'inizio, fonda la sua lettura su una base che lo estranea dalle intenzioni di Dio stesso. Purtroppo non mi meraviglia il fatto che per lui la Bibbia "è stata una compagna ideale... non mi ha riavvicinato alla fede, ma mi è apparsa come un capolavoro letterario". Pur apprezzando l’interesse per la Parola di Dio, molto diverso è il vero obiettivo che si pone la Bibbia: "La fede viene dall'udire e l'udire si ha per mezzo della parola di Cristo" (Romani 10,17).

Cazzullo afferma che nella Bibbia "troviamo le radici della nostra fede". Manca però di specificare di quale fede parla. Se la Bibbia è solo "un formidabile romanzo...al pari di ogni grande opera", temo che sia solo una "fede liquida", una creazione personale, ma non la fede biblica. Se la Bibbia è pari a Guerra e pace di Tolstoi o ai Promessi sposi di Manzoni, susciterà grande interesse, curiosità e, nel suo caso, consolazione, ma non lo aiuterà nella ricerca della sua vera identità.  

Infine, a parte il giusto riconoscimento di Cazzullo che senza la Bibbia la musica, l'arte, la letteratura... sarebbero ridotte all'osso, nella sua ricerca manca la dimensione personale che è implicita nella rivelazione di Dio. Non possiamo avvicinarci alla Bibbia senza essere chiamati in causa ed evitare di farci le domande ultime. 

Cazzullo si "estranea" perché non ha dato il giusto posto alla persona centrale di tutta la Bibbia; il Signore Gesù. Poiché Gesù è l'apice e la rivelazione massima di Dio, non si può andare e conoscere Dio senza di Lui. Senza Cristo la Bibbia non avrebbe senso perché i fatti che riguardano Gesù "sono stati scritti, affinché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e, affinché, credendo abbiate vita nel suo nome" (Giovanni 20,31).  

Storicamente e tragicamente, l’analfabetismo biblico in Italia è altissimo. Alla secolare ignoranza si è aggiunto lo scetticismo nei confronti della Scrittura. Mentre sembra avvicinarsi alla Bibbia, un libro come quello di Cazzullo in realtà mantiene le distanze perché la limita a grande codice culturale, senza aprirsi alla rivelazione di Dio in Cristo per la salvezza di chi crede.