Le “ambiguità” della missiologia di Lesslie Newbigin

 
 

“Newbigin appartiene a quella schiera di figure ammirate nel mondo evangelico, ma dalla teologia problematica: si pensi a Bonhoeffer, Cullmann, N.T. Wright. Tutti grandi a loro modo, ma quanto veramente evangelici?”. Così ha esordito Adám Szabados, teologo evangelico ungherese, in un seminario tenuto allo European Leadership Forum sulla teologia di Lesslie Newbigin (1909-1998). 
Dopo aver militato nel Movimento Studentesco Cristiano (SCM) in Gran Bretagna, Newbing è stato missionario presbiteriano in India per quarant’anni. Al suo rientro, è stato pastore a Birmingham e ha iniziato a scrivere una serie di libri che lo hanno fatto diventare un interlocutore imprescindibile della missiologia contemporanea. Geoffrey Wainwright lo ha definito “un padre della chiesa”, ma anche evangelici come John Stott e Tim Keller lo hanno tenuto in altissima considerazione. In Italia è conosciuto per la sua opera L’evangelo in una società pluralistica, Torino, Claudiana 1995.

Come riassumere il pensiero di Newbigin? Szabados ci ha provato così. Ci sono quattro punti da tenere presente.

1. La verità è una storia. Contro la separazione illuminista tra fatti (oggettivi) e valori (soggettivi), Newbigin insiste che la verità interseca la storia fatta di incontri. L’evangelo è la storia di Dio nella storia degli uomini e la chiesa è la forma comunitaria dell’evangelo. 

2. L’evangelo è escatologico. La buona notizia è incentrata sul regno venuto e veniente che richiede a chi lo accoglie di pentirsi e di cambiare vita. In questa “metanoia” non ci sono individui isolati che procedono ognuno per conto proprio, ma c’è sempre una comunità plasmata dall’evangelo.

3. La chiesa è missionale per natura. La missione non è un’azione della chiesa, ma la sua identità primaria. La chiesa è primizia, segno e strumento del regno di Dio. Se non è missionale, non è nemmeno chiesa.

4. La conoscenza è incarnata e personale. Qui Newbigin fa sua la lezione dell’epistemologia di Michael Polany secondo cui la conoscenza agisce all’interno di una cornice fiduciaria. Contro l’ideale illuministico, la ragione non opera in modo autonomo ma sempre dentro un quadro caratterizzato da impegni pistici.

E’ evidente il motivo per cui gli evangelici sono attratti al pensiero di Newbigin. Tuttavia, per Szabados esso è attraversato da elementi critici che entrano in collisione con alcuni presidi della teologia evangelica, in special modo in due aree:

- l’avversione alla verità proposizionale. Mentre è condivisibile l’insistenza di Newbigin sulla natura narrativa dell’evangelo, non lo è il suo rigetto della dimensione proposizionale della verità biblica. Contrariamente a quanto pensa Newbigin, i due aspetti non sono in opposizione. “Dio è amore” è sia una verità proposizionale in quanto comunica uno stato di fatto, sua una verità narrativa in quanto l’amore di Dio si manifesta nella storia della salvezza raccontata nella Bibbia. Per la fede evangelica, la verità esige di essere proposizionale e narrativa allo stesso tempo. Se si toglie il riconoscimento della natura proposizionale della verità, l’evangelo diventa una storia senza nerbo veritativo, un racconto sganciato dalla realtà dei fatti, una vicenda che non ha corrispondenze cosmiche e fattuali.

- la visione “bassa” della Scrittura. Newbigin prende le distanze dal riconoscimento dell’ispirazione plenaria e dell’inerranza della Bibbia. La comprensione narrativa dell’evangelo lo porta a rigettare l’alta concezione della Scrittura (ispirazione-inerranza-autorità) che, invece, è parte integrante della teologia evangelica.  

In conclusione, per Szabados il pensiero di Newbigin contiene degli spunti illuminanti e dei contributi profondi, ma è anche attraversato da criticità che lo rendono ambiguo ed ambivalente, sempre da accogliere con discernimento evangelico. Per la fede evangelica, Newbigin è un alleato nella contestazione dell’epistemologia illuminista e nel recupero della centralità della missione pubblica della vita della chiesa, ma non lo è più quando il suo pensiero è irretito nell’insofferenza per la verità proposizionale e per l’inerranza della Bibbia.