Le sfide della teologia (I). Agostino e la necessità della formazione

 
 

Riqualificare l’impegno. Riorientare la spiritualità. Rifondare la trascendenza. Su queste tre direttrici, il prof. Pietro Bolognesi disegnava le responsabilità della teologia all’inizio del Terzo millennio. Nel perimetro di questo compito ci sono la vita (l’impegno), la fede (la spiritualità), il pensiero (la trascendenza). Insomma, c’è tutta l’esistenza umana. 

Per rispondere a tale sfida può essere utile misurarsi con il volume Le sfide della teologia, a cura di A.J.B. Cameron e B.S. Rosner, Firenze, BE Edizioni 2021. Il libro è composto da due sezioni. Nella prima si dà voce ad alcuni eminenti teologi (da Agostino a Bonhoeffer, passando da Lutero, Warfield e Spurgeon) che nel corso della storia del pensiero cristiano si sono confrontati con la responsabilità di fare teologia nella chiesa. Nella seconda sezione, alcuni autori contemporanei riflettono sulla stessa tematica da un punto di vista disciplinare ed attuale. 

Per iniziare, il libro contiene una lettera di Agostino (354-430), vescovo d’Ippona del IV secolo, indirizzata a Valerio, anziano vescovo d’Ippona, che lo aveva incaricato di aiutarlo nella cura pastorale di quella provincia dell’Africa settentrionale. In questa lettera, Agostino esprime tutta la sua debolezza e la necessità della formazione teologica per adempiere al servizio che gli è stato chiesto.  

In questo scritto Agostino confessa tutte le sue paure per un così importante impegno per la chiesa. Le lacrime di Agostino scaturite da questa nomina nacquero da un forte senso di impreparazione nell’adempiere a questo servizio, oltre che dal senso di colpa per aver giudicato le debolezze degli altri ministri. Con il viso bagnato dalle lacrime, fa una richiesta precisa: di avere il tempo per recuperare alle mancanze che Dio gli ha rivelato. 

Nel suo scritto Agostino esprime la necessità di spendere del tempo per poter leggere, studiare, meditare, imparare in modo tale che il suo servizio alla chiesa possa essere appropriato. In altre parole, si rende conto “della pochezza di mezzi che il mio ingegno e la mia forza avevano a disposizione per evitarle o per sostenerne l’impatto” (p.25). 

La richiesta di Agostino, unita alla sua preoccupazione di non essere all’altezza, suggerisce quanto valore può avere l’investimento nella formazione, nello studio e nella crescita nel quadro di una vita vissuta per la gloria di Dio per essere pronti al servizio, qualsiasi esso sia, per la chiesa. 

Convertitosi nel 386, nei suoi primi scritti traspare una conoscenza superficiale della Scrittura e la sua poca preparazione in aggiunta al suo atteggiamento di superiorità nei confronti di altri ministri. In seguito, comprese le sue mancanze, così da riscoprire l’umiltà che deve contraddistinguere ogni uomo o donna di Dio, e la necessità della formazione teologica.  

In un certo senso, ogni credente deve sentirsi un teologo, cioèi coinvolto nella formazione e spinto alla crescita nella conoscenza delle discipline teologiche. La formazione teologica, perciò, non è solo per gli esperti ma è per tutti quelli che sono attratti dall’amore di Dio, impregnati dell’opera di Cristo e, nella potenza dello Spirito Santo, votati a farlo conoscere. 

Agostino si rese conto dell’importanza dello studio della teologia e capì l’importanza di formarsi per essere pronto al servizio. Chi oggi mette priorità alla formazione per rendere un servizio utile alla chiesa in vista dell’espansione del regno di Dio? 

L’impressione è che le chiese evangeliche in Italia siano ancora incerte sul riconoscere il bisogno di formazione diffusa e sull’investire nel cercare di acquisirla. La domanda per la formazione teologica è ancora a sprazzi e in modalità “comoda”, senza un investimento vero e proprio, senza il superamento del rischio di autoreferenzialità che non giova a nessuno. Agostino intendeva formarsi non per ottenere una carica più alta, ma per rispondere ai bisogni della chiesa in vista della gloria di Dio. Non ci resta che metterci in ascolto di questo grande teologo del passato e fare tesoro dell’esperienza che ha vissuto. 

(continua)

[1] P. Bolognesi, “Il campo teologico: quali responsabilità?”, Studi di teologia NS XIII (2001/1) N. 25, pp. 88-98.