Le sfide della teologia (III). Spurgeon e le responsabilità del servizio cristiano

 
 

Charles Haddon Spurgeon (1834-1832), celebre predicatore del Metropolitan Tabernacle di Londra, non ha bisogno di molte presentazioni. Nell’immaginario evangelico, Spurgeon è conosciuto come proficuo predicatore dell’evangelo e una delle figure principali dell’evangelismo ottocentesco. Famosissime furono le Lezioni ai miei studenti, Caltanissetta, Alfa&Omega, vol. 1: 2005; vol. 2: 2008, dalle quali Cameron e Rosner, curatori del volume  Le sfide della teologia, estraggono un capitolo riguardante le sfide che lo studio della teologia e il servizio cristiano comportano. 

Iniziamo con il dire che per Spurgeon, predicatore, studente o altro che sia, ogni credente deve essere è coinvolto nel servizio cristiano. Nell'incoraggiare i suoi studenti, Spurgeon dice chiaramente che la formazione è importante, ma la chiamata al servizio cristiano passa anche e sopratutto per l'umiliazione di sé. Questa è la prova di un carattere plasmato per il servizio. Nella vita cristiana tutti dobbiamo fare i conti, per il fatto di essere figli di Dio, con intimidazioni, calunnie, stanchezza, difficoltà, scherno perché "se siamo in grado di sopportare tutte queste cose, allora abbiamo delle qualifiche che indicano il possesso di rare qualità, che si dovrebbero riscontrare nel vero servitore del Signore Gesù Cristo" (p. 40). 

Ogni credente comprenderà che proprio nella prova scopre la consapevolezza si sé, delle debolezze, delle fragilità, delle mancanze e la necessità della grazia di Dio sempre. Non servirà a nulla riempire gli scaffali di casa di libri se prima e accanto non rafforziamo la fede. Spurgeon incoraggia ad esaminarsi a fondo "e con grande attenzione, per non correre neppure il minimo rischio - dopo aver predicato agli altri - di essere noi stessi reputati da scartare" (p.43). In altre parole, per Spurgeon non è il cristiano perfetto a servire utilmente, ma quel fedele servitore che vive una vita integra, senza rotture profonde e, aggiungerei, senza superficialità. 

Alla limitata disponibilità economica dei suoi studenti, Spurgeon risponde con un incoraggiamento a padroneggiare le risorse a disposizione, a leggere con attenzione ciò che hanno. Per lui la formazione teologica non passa dalla quantità di libri che si leggono, ma dall'assimilazione di quello che si legge. Una buona formazione significa leggere e riflettere. Senza riflessione e assimilazione, è tutto tempo sprecato. Inoltre, la formazione teologia non può mai essere sganciata dalla preghiera; se così fosse, "tutte le nostre biblioteche e la nostra erudizione non sono altro che vuoti suppellettili rispetto alla nostra cameretta" (p.48). 

Dopo aver affrontato la preparazione al servizio cristiano, Spurgeon mette in guardia ogni credente sulle sfide che può incorrere: dalla lotta contro il proprio io al rischio di malessere fisico e mentale. Come affrontare tutto questo? Certamente un modo è quello di evitare una vita sedentaria e monotona, che porta alla creazione di ragnatele nel cervello. Soprattutto, Spurgeon afferma che è necessario evitare l'isolamento. Per Spurgeon gli uomini e le donne di Dio che sperimentano lo scoraggiamento e il peso delle anime, se sono soli, rischiano di essere sopraffatti dal sonno così come i discepoli di Gesù sul Getsemani. 

Leggere il principe dei predicatori e mettersi in ascolto delle sue lezioni è di grande edificazione. In queste poche pagine ci sono tanti stimoli da cui trarre lezioni per la vita del nostro sevizio cristiano. Per valorizzare il servizio cristiano è necessario passare attraverso il fuoco della prova prima dell'approvazione, di comprendere se stessi e le proprie debolezze. Senza il fuoco della prova non si forgiano i veri discepoli. Non basta fare un "corso" di teologia, acquisire un attestato, trovare l'agenzia para-ecclesiale che meglio si confà alle tendenze più in voga della missione ed essere mandati. 

Certamente quando Spurgeon incoraggia ad assimilare, leggere e imparare dai libri che si hanno a disposizione, rappresenta una lezione per oggi. Nel mondo evangelico italiano e oltre, abbiamo molte risorse, libri, e quant’altro. Il punto è: quanti leggono? E quanti assimilano? E quanti promuovono le pratiche scolari? 

Inoltre, ogni ministro è chiamato ad affrontare tante sfide, a portare pesi, ma certamente non lo può fare da solo. La chiesa deve creare circoli in cui uomini e donne di Dio si sentano liberi di confrontarsi e di interloquire. Un pastore isolato e lontano da una rete sana non avrà vita lunga. 

(continua)

Altri articoli della serie:
“Le sfide della teologia (I). Agostino e la necessità della formazione” (24/3/2022)
“Le sfide della teologia (II). Lutero e le tentazioni che fanno il teologo” (28/3/2022)