Le tasse sono utili?

 
 

L'argomento delle tasse in Italia ha sempre suscitato polemiche facendoci sentire vessati e sfruttati. Senza accorgercene siamo diventati berlusconiani, convinti che le tasse siano il modo in cui “lo Stato mette le mani nelle tasche degli italiani”. Su questo argomento il giornalista Roberto Seghetti ha scritto Le tasse sono utili. Dal sistema fiscale dipendono democrazia e qualità della vita, Roma, Nutrimenti 2024. 

Prima ancora che politico, il suo scopo è di ordine culturale. Solleva il velo delle ipocrisie e dei giochi da illusionisti che vengono utilizzati nel dibattito pubblico sul tema delle tasse.

Se da un lato ammette che: "E' fastidioso privarsi di una parte importante dei propri guadagni per darli allo Stato, è insopportabile che le somme raccolte vengano usate male o addirittura sprecate, chi paga le tasse non solo ne paga troppe, ma vede anche la troppa indulgenza verso i tanti che evadono e fanno pagare agli altri più tasse del dovuto, oltre al peso dei servizi pubblici offerti dallo Stato".

Ciò detto, Seghetti spiega che “le tasse sono utili” perché da esse dipendono democrazia e qualità della vita. Sono anche convenienti  In altre parole, è innegabile il legame tra le tasse che lo Stato raccoglie, e la sua capacità di spesa per la Sanità, per la scuola, per le infrastrutture ecc... Non vedere questo legame significa chiudere gli occhi davanti alle tante esigenze inevitabili come l’invecchiamento della popolazione, la transizione energetica, alla lotta al cambiamento climatico, la sanità pubblica...

Per Seghetti negli ultimi quarant'anni è diventato egemone nel discorso politico e nell’immaginario collettivo che basti abbassare le tasse perché tutto funzioni al meglio, l’economia cresca, la ricchezza si espanda e tutti stiano meglio, compresi i meno abbienti. Sebbene questa convinzione non sia affatto banale, l’uso che ne è stato fatto e se ne fa ancora in politica è di tipo favolistico.

"Quel che non è legittimo in questa visione del mondo", afferma Seghetti, "è continuare a proporre la stessa ricetta dei primi anni Ottanta del Novecento facendo finta che non si voglia arrivare a una organizzazione della società a Welfare ridotto. Ma, soprattutto, pretendere di applicarla in un mondo completamente cambiato, dove i super ricchi e le grandi aziende hanno la possibilità di spostare con un clic sul computer la propria residenza fiscale nelle più disparate parti della terra in modo da versare molto meno del dovuto alla propria comunità; un mondo in cui la concorrenza fiscale tra Stati, resa possibile dall’apertura dei mercati e dalla tecnologia, ha già spinto la riduzione delle imposte fino all’inverosimile". Per dirla in breve siamo di fronte al trionfo della rendita.

Continuare a giustificare il vecchio modello significa non vedere l’effetto distorsivo e potenzialmente devastante per la spesa sociale e per la qualità della vita delle persone. Significa imbrogliare. Quanti italiani non si curano più perché non hanno le risorse per usufruire della sanità privata? Per Seghetti è necessario una battaglia culturale per svelare ciò che viene taciuto.

Per Seghetti c’è bisogno, prima di tutto, di una battaglia culturale perché l’opinione pubblica, soprattutto di coloro che le tasse le pagano, sia più reattiva e attenta, e di un coraggio politico notevole.

Due brevi riflessioni che vanno oltre il libro, ma che sono necessarie per una lettura evangelica. Seghetti vede prioritario un cambiamento culturale. Infatti, sappiamo che l'economia tocca nel profondo la vita delle persone. Come innescare un cambiamento? Le leggi servono ma non sono sufficienti per cambiare la cultura. I controlli pure. Tutto può essere utile, ma la riforma culturale, per essere tale, deve toccare il cuore. Nessuna legge ha il potere di cambiare il cuore umano: una vera riforma culturale e sociale deve necessariamente partire dalla trasformazione del cuore. Seghetti immagina un cambiamento culturale “umanistico” frutto di leggi e provvedimenti illuminati. Domanda: siamo sicuri che il cambiamento culturale, soprattutto in Italia, non abbia bisogno di una riforma più profonda: una riforma spirituale che non è ancora avvenuta, una riforma del cuore secondo l’evangelo?

Le tasse sono imposte dallo stato. Dietro e dentro ogni sistema fiscale c’è una visione dello stato. Seghetti dà per scontato che lo stato come lo conosciamo in Europa sia l’unica forma che esso possa prendere: stato imprenditore (economia), stato maestro e professore (scuola e università), stato medico (sanità), stato provveditore (pensioni). Insomma, uno stato per certi tratti abnorme, ben al di là della sfera di competenza che una visione biblica gli riconoscerebbe. La tassazione è alta anche perché lo stato si è preso molte, troppe prerogative. Le tasse sono utili se lo stato rimane nei limiti della sua sfera di sovranità. Se eccede, anche le tasse diventano oggettivamente eccessive. Su questo tema è sempre utile il saggio di Pietro Bolognesi, “Lo stato in un’ottica evangelica”, Studi di teologia N. 14 (1995).