L’insostenibile leggerezza di certa teologia cattolica

 
 

Mi capita spesso di sentire da amici evangelici: “sai, ho sentito un prete dire che la Bibbia è la sola Parola di Dio”. Oppure: “ho visto un video in cui un teologo cattolico dice che siamo salvati per sola grazia”. O ancora: “ho letto un articolo in cui un frate dice di pregare a Gesù soltanto”. In genere, queste informazioni sono accompagnate da un certo compiacimento del fatto che anche dentro la chiesa cattolica vi siano voci che suonano come “evangeliche”. 

La mia reazione sorniona a questi veri o presunti “scoop” è duplice: da un lato, di voci cattoliche che dicono tutto e il contrario di tutto si potrebbe riempire un’enciclopedia tanto sono numerose e contraddittorie le cose che si sentono. Basta avere un minimo di dimestichezza con la variopinta composizione del mondo cattolico per rendersi conto della cacofonia esistente al suo interno. I movimenti carismatici mettono enfasi sul “rapporto personale con Gesù”, i gruppi mariani sulla filiale devozione a Maria. I sacramentini legano tutta la vita religiosa ai sacramenti, la Caritas alla fraternità di tutti con tutti. Il cardinale Burke tuona contro la violazione della morale sessuale tradizionale, il cardinal Zuppi dice che chi ama (a prescindere da chi e da come) fa sempre bene. Gli esempi potrebbero moltiplicarsi. Il punto è che il cattolicesimo romano è un mondo che contiene molte cose e non c’è da stupirsi che sia proprio alla natura “cattolica” di voler dire una cosa e l’altra per voler inglobare tutto e tutti. 

La seconda reazione agli “scoop” simil-evangelici è che, da parte dei teologi cattolici che dicono una cosa “evangelica”, è troppo facile dire qualcosa senza trarne le conseguenze. Troppo facile fare i free-lance senza assumersi le responsabilità. Che la Bibbia è l’autorità ultima per la chiesa è qualcosa che Lutero ha detto, venendo scomunicato. Il Concilio di Trento, confermato dal Vaticano II, dice che la Bibbia sta nella Tradizione e quindi non può essere l’autorità ultima. Che siamo salvati per sola grazia è qualcosa che la Riforma ha ribadito, ma Roma ha anatemizzato questo articolo di fede dicendo, al contrario, che siamo salvati per un complesso ordito in cui c’è la grazia di Dio ma anche i sacramenti e le buone opere. Che la preghiera vada rivolta al Dio Trino nel nome di Gesù è qualcosa che gli evangelici di tutti i secoli hanno sempre creduto e praticato, mentre il cattolicesimo ha generato universi di devozione a Maria e ai santi. Insomma, è troppo facile sparare battute “evangeliche” facendo finta di dimenticare che il cattolicesimo professa qualcosa di diverso. Può essere “cool” presentarsi con frasi ad effetto, ma l’onestà intellettuale dovrebbe suggerire di dire tutta la dottrina cattolica e non solo un pezzo, soprattutto se si è preti o religiosi che hanno fatto voto di fedeltà all’istituzione romana.  

L’ultima uscita di questo tipo l’ho letta in un’intervista del teologo cattolico fiorentino Severino Dianich. Parlando di chiesa e architettura ecclesiastica, ad Avvenire (27 luglio) Dianich in sostanza ha detto che la chiesa è l’assemblea dei fedeli e non l’edificio sacro; che Gesù non era sacerdote e che il Nuovo Testamento (Lettera agli Ebrei; 1 Corinzi) ha desacralizzato il culto; che la tradizione cattolica è stata “storicamente annebbiata da processi di risacralizzazione che hanno investito liturgia, ministero dei pastori e infine i luoghi stessi”. Amen! dice il credente evangelico che è in me. “Speriamo che faccia 2+2 e quindi esca dal sistema romano che per secoli e ancora oggi dice il contrario”. E invece no. Dianich apre alla lettura evangelica, ma rimane dentro la sintesi cattolica.

Siamo alle solite. E’ troppo facile per un prete che ha ricevuto il sacramento dell’“ordine sacro” da parte della gerarchia cattolica romana dire questo senza dire anche altro. Nel 1520 Lutero si rivolse Alla nobiltà tedesca in cui disse le stesse cose, traendone però le conseguenze ecclesiologiche del caso e quindi contestando, sulla base dell’autorità della Parola di Dio, l’usurpazione della chiesa di Roma dei titoli di Cristo e l’impianto sacramental-gerarchico della sua istituzione. Col Concilio di Trento, invece, la chiesa di Roma ha sacralizzato ulteriormente il culto, gli edifici, la gerarchia, gli oggetti, ecc. Ha sommamente sacralizzato tutto. Il Vaticano II ha usato formule più morbide, ma in linea con questa linea sacralista, mai sconfessata perché appartenente al DNA del cattolicesimo romano. Quello che Dianich dice sulla chiesa è palesemente sconfessato dalla dottrina e dalla pratica cattolica tradizionale e moderna.

E’ troppo facile dire una cosa “evangelica” e rimanere dentro la teologia cattolica che dice anche il suo contrario. O uno o l’altro. L’insostenibile leggerezza di certa teologia cattolica può servire ad ammiccare a certi settori dell’evangelismo vogliosi di ecumenismo, ma non è un buon servizio alla verità dell’evangelo che ci sprona alla coerenza tra quello che diciamo di credere e quello che viviamo.