Natale con Calvino. Con Cristo, un nuovo inizio è possibile
In questi giorni tutti parlano di Natale, ma in molti casi, anche tra i credenti, non si capisce di cosa si stia parlando. Dietro questa parola ci può essere un'emozione, ma spesso c'è il vuoto teologico. Dove trovare una voce che aiuti a mettere a fuoco cosa sia il Natale?
Tra le tante voci, quella del riformatore francese Giovanni Calvino è tra le più autorevoli che vogliamo e possiamo ascoltare. Potremmo soffermarci sugli scritti di Calvino sui testi biblici della natività, ma vale la pena concentrarsi sulla sua opera più rappresentativa.
Nella sua Istituzione della religione cristiana[1], nel secondo libro, dopo aver descritto la relazione tra il Creatore e la creatura, dopo aver parlato della necessità della Scrittura come guida, sufficiente e infallibile, per la vita di ogni credente e dopo aver fatto chiarezza sulla natura di Dio in quanto vero Dio che si contraddistingue dagli idoli, Calvino afferma che è necessario un intervento di Dio affinché l’uomo possa conoscere Dio pienamente.
Per Calvino “essendo l’intero genere umano perito in Adamo” (Ist. II,VI,I), la sua dignità sarebbe priva di valore, anzi una vergogna a causa del peccato che lo caratterizza, se Dio non si fosse manifestato come redentore nella persona del Figlio, cioè Gesù Cristo, il nuovo Adamo, venuto a rinnovare la creazione perduta e a stabilire un regno nuovo.
Attraverso tutti i profeti, da Isaia a Geremia, da Osea a Zaccaria, Dio ha voluto nutrire la speranza del popolo di Israele cosicché “si abituassero a guardare a Gesù Cristo ogni volta che domandavano di essere liberati” (II,VI,IV). In Cristo tutta la legge è compiuta e il nuovo patto con Dio è stabilito. È per questo motivo che Gesù ordina ai suoi discepoli di credere in Lui in modo autentico e pieno, perché è Dio, fattosi uomo in Cristo, che è venuto ad adempiere il piano di redenzione per gli eletti. Anche se “il popolo non ha compreso con necessaria chiarezza l’insegnamento di san Paolo e che Gesù Cristo è il fine della Legge” (II,VI,IV) e che nonostante “gli scribi avessero confuso e oscurato con le false glosse tutto quello che i profeti avevano insegnato”, non c’è altro rimedio contro tale smarrimento se non la venuta del Redentore.
La conoscenza di Dio non può sussistere senza Gesù Cristo! È lui il senso del Natale; è Cristo che viene celebrato, è la sua nascita che viene ricordata. In Cristo, vero Dio e vero uomo, è possibile passare dalla morte alla vita, dal vecchio Adamo al nuovo Adamo, dalle tenebre alla luce. Per questa buona notizia di un redentore, un nuovo inizio è possibile se si crede nel suo nome.
È facile farsi trasportare da superstizioni grossolane ed emozioni passeggere che oggi ci sono e domani svaniscono, in un periodo piacevole da trascorre in famiglia e con gli amici più cari. Senza Cristo, senza la comprensione del suo ruolo di redentore e senza la consapevolezza della sua necessità nella nostra vita, il Natale sarà sempre e solo una celebrazione vuota, passeggera, senza un significato vero, che necessiterà sempre di abbellimenti inutili e sfarzi che coprono quella parte malata dell’essere umano bisognosa di essere guarita. Si passerà da un falso natale al successivo. Solo con Cristo e per Cristo, il Natale è stato e potrà essere l’inizio di una stagione nuova.
[1]Istituzione della religione cristiana (2 voll.), a cura di Giorgio Tourn, Torino, UTET 1971.