Paolo a Roma: cosa sappiamo?

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Tutte le strade portano a Roma! La città eterna nella sua lunga storia millenaria ha visto camminare tra le sue vie e vicoli migliaia di uomini e donne illustri e influenti di ogni epoca, antica e recente. Tra i tanti c’è anche Paolo di Tarso, un giudeo fariseo, cittadino romano, con una padronanza della lingua greca. Parliamo di quel Paolo che ha scritto una parte consistente del canone del Nuovo Testamento, alcuni testi redatti proprio nella Roma del I secolo d.C. e una lettera indirizzata proprio alla chiesa cristiana di Roma.

Qual è il suo collegamento con Roma? Perché un cittadino di una colonia lontana ebbe la necessità di andare nella capitale dell’Impero?

Potremmo dire che il suo viaggio e la sua permanenza a Roma non furono dovuti ad una vacanza, né alla visita di parenti o amici, e tantomeno alla fondazione di una chiesa cristiana, visto che prima che Paolo diventasse “l’Apostolo delle genti” e il più grande evangelizzatore di tutti i tempi, esisteva già una comunità di credenti nella città. Niente di tutto questo. Paolo si trovò a Roma per difendersi da accuse che gli erano state mosse contro. Per la sua fede in Gesù Cristo, Paolo venne identificato come un uomo pericoloso e che doveva essere fermato. La sua conversione al cristianesimo dal giudaismo generò contro di lui un atteggiamento ostile in alcuni della sua stessa gente, cultura e nazione. Dopo essere stato condannato dal sinedrio e dopo aver subito un tentativo di attentato, si appellò alla massima autorità, si appellò a Cesare convinto della sua innocenza. Fu perciò condotto a Roma per essere processato qui.

Paolo trascorse il suo soggiorno romano in una casa in affitto, prima di essere imprigionato. Questo tempo fu molto produttivo per lui. Infatti, annunciò l’evangelo e insegnò a tutti quelli che lo visitarono. Ambasciatori giudei a Roma, fratelli e sorelle in Cristo, ospiti, simpatizzanti che ebbero l’opportunità di conoscerlo, tutti in poco tempo conobbero la sua attività di evangelista e lo apprezzarono come abile insegnante e teologo. 

Paolo si trovò nella Roma del I secolo d.C. in un periodo in cui a governare l’Impero c’era Nerone, uomo famoso per aver pensato e attuato l’incendio che fece bruciare Roma per due giorni e per aver accusato i cristiani di aver appiccato il fuoco. Così molti cristiani vennero espulsi dalla città e l’atteggiamento verso i cristiani divenne più ostile. Dalla custodia in regime di semi-libertà, Paolo si trovò incarcerato e condannato alla decapitazione. 

Roma presenta ancora oggi delle tracce dell’apostolo Paolo. Gli è stata dedicata una Basilica, una delle più grandi della città. Le sue epistole hanno dato il nome ad alcune strade . Un quartiere ha il suo nome. A pochi passi dal centro città dove si dice che fu decapitato, gli è stata dedicata un’abazia che sembra contenere ancora la cella dove fu imprigionato.

Ma cosa è rimasto della memoria di Paolo oggi? L’immagine iconografica di Paolo tramandata nei secoli è quella di un uomo con una spada e un libro nelle mani. Il libro rimanda alla sua attività di scrittore, non tanto dell’autorità del suo messaggio. Paolo stesso si affida soltanto alla Parola di Dio, perché dunque è stato ritratto con la spada tra le mani? In realtà, la spada lui l’aveva deposta nel momento in cui aveva incontrato Cristo, abbandonando la tradizione giudaica per dedicarsi all’annuncio dell’Evangelo della grazia. Vero è che Paolo esorta i cristiani ad armarsi spiritualmente della “spada dello Spirito che è la parola di Dio” (Efesini 6,17), ma si tratta di un linguaggio figurato nel contesto della descrizione dell’armatura spirituale. Se Paolo è ritratto col libro in mano (la parola di Dio scritta), l’aggiunta della spada è inappropriata.

Una spada, un libro. Due simboli apparentemente pertinenti, ma che mostrano come Roma abbia ricordato Paolo a suo modo. Con il tentativo di farsi un Paolo a propria immagine, Roma ha inglobato la memoria di Paolo sfigurandola, rovinandone la bellezza della sua semplicità con l’aggiunta di orpelli inutili. 

Parliamo di quel Paolo che ha scritto una parte consistente del canone del Nuovo Testamento, alcuni testi redatti proprio nella Roma del I secolo d.C. e una lettera indirizzata proprioalla chiesa cristiana di Roma.

L’appropriazione della memoria di Paolo è un tentativo discutibile del modo in cui un certo “cristianesimo” si è avvicinato all’Apostolo, in pratica “reinventandolo” a sua immagine e somiglianza. La memoria di Paolo è stata inquinata più che preservata, come un muro bianco imbrattato. Al di là degli stereotipi stratificati, la memoria di Paolo a Roma necessita di una rivisitazione dei luoghi e delle circostanze che portarono l’Apostolo in città per essere fedele alla chiamata che aveva ricevuto. Soprattutto, abbisogna di un ritorno a quella Parola vivente che Paolo udì e di cui diventò araldo tra le genti. 

(continua … Questa serie di articoli su Paolo è in preparazione al lancio della “Passeggiata paolina”, un’iniziativa culturale della chiesa evangelica Breccia di Roma San Paolo, in collaborazione con l’Istituto di Cultura Evangelica e Documentazione, alla scoperta dei luoghi legati alla memoria di Paolo a Roma. Per informazioni: www.iceditalia.org).